Figlio rifiuta il lavoro proposto dai genitori, ha ancora diritto al mantenimento?

Ilena D’Errico

18 Febbraio 2024 - 20:22

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Cosa succede se i genitori propongono un lavoro ma il figlio rifiuta? Ha ancora diritto al mantenimento? Ecco cosa prevede la legge in proposito.

Figlio rifiuta il lavoro proposto dai genitori, ha ancora diritto al mantenimento?

I figli maggiorenni non perdono automaticamente il diritto al mantenimento da parte dei genitori, poiché questo dovere genitoriale resta in vigore finché la prole non è autosufficiente economicamente. Ciò però non significa che i figli debbano essere mantenuti a vita e possano approfittare dell’aiuto della famiglia senza cercare un lavoro per provvedere da soli alle proprie esigenze.

Il mancato raggiungimento dell’indipendenza dopo il compimento dei 18 anni deve infatti essere giustificato e non colpevole. Per esempio, ha diritto al mantenimento il figlio che sta studiando o si sta formando proprio in vista di una realizzazione professionale. I figli hanno diritto a realizzare le proprie aspirazioni e trovare un’occupazione compatibile con le proprie capacità e inclinazioni, ma più aumenta l’età e più ci si aspetta che prevalga un percorso verso l’indipendenza, anche se inaspettato o non particolarmente remunerativo.

I figli che non sono autosufficienti in modo colpevole perdono il diritto al mantenimento. Ciò accade quando non cercano un lavoro, né si stanno preparando per una futura occupazione. Una situazione particolare (che instilla dubbi in molti genitori) si ha quando i genitori stessi propongono un lavoro al figlio, magari diverso dalle intenzioni del figlio o estraneo al suo percorso di studi. In particolare, ci si chiede se il figlio perda il diritto al mantenimento in caso di rifiuto, considerando la possibilità data. Ecco cosa prevede la legge.

Figlio rifiuta il lavoro proposto dai genitori: il mantenimento

Come anticipato, il figlio maggiorenne (in salute) ha diritto al mantenimento finché non raggiunge l’indipendenza economica. Deve cioè essere in grado con i propri guadagni di provvedere alle esigenze principali di vita, a mantenersi almeno potenzialmente, perché ha avviato un’attività lavorativa stabile.

È necessario, tuttavia, che il mancato raggiungimento dell’autosufficienza non derivi da una colpa del figlio o dalla sua mancanza di volontà; altrimenti, i figli potrebbero farsi mantenere dai genitori per buona parte della vita senza diventare autonomi e contribuire alla società.

Per chiarificare il dubbio di molti genitori con attività in proprio, e cioè se il rifiuto del lavoro da loro proposto comporti una perdita del diritto al mantenimento, bisogna capire cosa si intende per atteggiamento colpevole o negligente.

La legge chiede al figlio maggiorenne di cercare attivamente un’occupazione stabile o di concentrarsi sugli studi per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. Il percorso di studi esonera dalla ricerca di lavoro se viene affrontato con dedizione e se è finalizzato all’occupazione, purché avvenga con tempi realistici. Continuare a cambiare percorso di studi o non superare gli esami universitari per anni e anni è indice di poco impegno e dunque si perde il diritto al mantenimento.

Di conseguenza, se i genitori propongono un lavoro e il figlio rifiuta, quest’ultimo ha ancora diritto al mantenimento se si applica con diligenza a un percorso di studi o formativo oppure se sta attivamente cercando un’occupazione più attinente a sé, ma sempre compatibilmente con la sua età. Per ipotesi, il figlio di 30 anni che non ha ancora trovato un’occupazione stabile non può certo permettersi di rifiutare delle offerte di lavoro dai genitori, indipendentemente dalle proprie preferenze.

Al contrario, non perde il diritto al mantenimento il figlio che rifiuta il lavoro proposto dai genitori ma:

  • è minorenne;
  • sta studiando in modo proficuo;
  • non può accettare per motivi di salute;
  • sta cercando attivamente altre opportunità ed è molto giovane (in questo caso una seconda proposta a distanza di qualche mese sarebbe decisiva);
  • il lavoro proposto dai genitori non rappresenta un’opportunità concreta verso l’indipendenza (in base a remunerazione, esperienza che può maturare e ore di lavoro).

Attenzione, comunque, al percorso di studi o di formazione: quest’ultimo non è necessariamente incompatibile con il lavoro o perlomeno non con tutte le occupazioni. Bisogna quindi valutare il caso specifico, soprattutto se c’è un ritardo rispetto ai tempi standard di formazione o di studio. Si ricorda, comunque, che la riduzione o la revoca del mantenimento nel caso di assegno periodico deciso dal giudice deve essere stabilita dal tribunale.

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