Ecco i mercati e i settori più promettenti per le imprese del Made in Italy

Giorgia Paccione

28 Ottobre 2025 - 12:22

Le imprese italiane esportano beni per oltre €170 miliardi con un potenziale inespresso di quasi €30 miliardi, ma quali sono i Paesi e i settori che trainano la crescita del Made in Italy nel mondo?

Ecco i mercati e i settori più promettenti per le imprese del Made in Italy

Il Made in Italy non è soltanto sinonimo di qualità, ma un vero e proprio brand globale capace di generare valore economico e reputazionale. E anche se le imprese italiane esportano oggi beni per oltre 170 miliardi di euro solo nella categoria del cosiddetto “Bello e Ben Fatto” (BBF), il potenziale di crescita resta enorme.

Secondo il Rapporto Esportare la Dolce Vita 2025 elaborato dal Centro Studi Confindustria, ci sarebbero altri 27,6 miliardi di euro di export potenziale ancora da cogliere. L’Italia, dunque, pur essendo già leader mondiale nella manifattura di qualità, ha davanti a sé mercati dinamici e fasce di consumatori sempre più disposti a pagare un premium price per prodotti che rappresentano stile, gusto e autenticità.

Ma dove si trovano le opportunità più interessanti per le imprese italiane? E in quali settori il Made in Italy continua a mostrare la sua forza?

Export Made in Italy: i mercati dal potenziale più alto

A livello globale, i mercati più promettenti per l’export italiano restano quelli tradizionalmente legati all’economia occidentale, ma con una novità importante: cresce il peso delle economie emergenti ad alto reddito e forte dinamismo demografico.

In testa ci sono gli Stati Uniti, che offrono un potenziale aggiuntivo di 3,1 miliardi di euro oltre ai 20 miliardi già realizzati nel 2024. Seguono Germania con 2 miliardi e Francia con 1,9 miliardi, entrambi partner storici e consolidati del commercio italiano. Anche il Regno Unito, nonostante la Brexit, resta una piazza fondamentale per le imprese del “Bello e Ben Fatto”, con un potenziale stimato di 1,3 miliardi di euro.

Sul fronte dei paesi emergenti, la Cina si conferma la destinazione con le prospettive più ampie (quasi 1 miliardo di euro di potenziale aggiuntivo), seguita da Emirati Arabi Uniti (800 milioni) e Turchia (600 milioni). Mercati come Russia e Kazakistan, pur mostrando margini teorici di crescita, restano penalizzati dall’instabilità geopolitica e dalle sanzioni internazionali.

L’area dell’America Latina e Caraibi è invece una frontiera da tenere d’occhio: il nuovo accordo UE-Mercosur apre un mercato di 300 milioni di consumatori e potrebbe diventare un trampolino per le imprese italiane. Brasile e Messico, già primi partner dell’Italia nella regione, assorbono oggi oltre il 60% dell’export verso il continente. L’eliminazione dei dazi e la tutela delle denominazioni d’origine italiane potranno rafforzare ulteriormente questa tendenza.

I settori che trainano la crescita del Made in Italy

Se i mercati sono importanti, lo sono ancora di più i settori in cui il Made in Italy riesce a distinguersi. Secondo il Rapporto, la forza dell’Italia sta nella sua capacità di unire design, qualità e innovazione in una varietà di comparti produttivi.

Le tradizionali “3F” (Fashion, Food e Furniture) continuano a rappresentare il cuore pulsante del Made in Italy. L’abbigliamento e il comparto tessile-casa restano i settori più competitivi, seguiti da alimentari e bevande, arredamento e legno, pelletteria e calzature. In queste filiere, il “premio di prezzo” medio rispetto ai concorrenti (Francia, Germania, Spagna) supera il +25%, a dimostrazione del valore riconosciuto ai nostri prodotti sui mercati globali.

Non mancano tuttavia sorprese. Negli ultimi anni, comparti come la gioielleria e oreficeria, la cosmetica, la nautica di lusso e perfino alcune nicchie della meccanica di precisione e dell’elettronica stanno registrando tassi di crescita superiori alla media.

L’Italia è oggi prima al mondo per vantaggio comparato nei beni ad alto contenuto estetico e qualitativo, superando perfino Francia e Giappone. La chiave del successo, osserva Confindustria, è nella capacità di offrire valore simbolico oltre che funzionale: non si vende solo un prodotto, ma un’esperienza, uno stile di vita. È questa combinazione di qualità percepita, artigianalità e narrazione che rende il Made in Italy un marchio unico nel panorama globale.

Dove puntare: le aree urbane e le nuove classi medie globali

Se si guarda ai consumatori, il pubblico potenziale per i prodotti del “Bello e Ben Fatto” è in continua espansione. Oggi più di 1,2 miliardi di persone nel mondo hanno un reddito superiore ai 25.000 euro annui e rappresentano il core target del Made in Italy. A questi si aggiunge un altro miliardo di individui nella fascia “aspirazionale” (12.000-25.000 euro), che pur acquistando occasionalmente prodotti italiani, generano volumi di vendita significativi.

La maggior parte delle classi medie e alte, con un forte interesse per i prodotti del BBF si concentra soprattutto nei grandi centri urbani: città come New York, Los Angeles, Shanghai, Dubai, Pechino, San Paolo e Mumbai sono i veri hub del consumo di alta gamma.

Le imprese italiane dovranno quindi imparare a “localizzare” la loro offerta, adattando il racconto e i canali distributivi ai diversi mercati. In questo senso, la digitalizzazione e l’e-commerce offrono una leva strategica per raggiungere questi consumatori direttamente, senza passare dai canali tradizionali.

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