La sostenibilità è un asset strategico per la crescita e lo sviluppo aziendale. Ne parliamo con Paolo Taticchi, vincitore del premio Stefan A. Riesenfeld Memorial dell’Università di Berkeley.
In un contesto economico globale in cui l’attenzione ai temi ambientali e sociali è in forte aumento, adottare pratiche sostenibili non è più solo una scelta etica, ma una leva competitiva che genera valore.
Attenzione, però a non parlare di greenwashing ma di seri investimenti verso pratiche virtuose a vantaggio dell’ambiente che restituiscano valore alle imprese e agli investitori e aprano nuove opportunità di mercato.
Tale atteggiamento è valido sia per le grandi aziende che per le piccole e medie imprese. Proprio a proposito di queste ultime, secondo Unioncamere, le piccole e medie imprese che hanno fatto della sostenibilità un asset strategico, registrano migliori performance economiche e sono più resilienti nei momenti di crisi. Oltre a rafforzare la loro competitività su territorio nazionale e internazionale e ad accrescere la capacità di attrarre talenti.
Di questo e molto altro abbiamo parlato con il Professor Paolo Taticchi, professionista di lungo corso e insignito di recente del prestigiosissimo premio Stefan A. Riesenfeld Memorial dell’Università di Berkeley.
D: Professor Taticchi, Lei ha iniziato a lavorare nell’ambito della sostenibilità nel lontano 2007, in tempi decisamente non sospetti. Com’è nata questa passione? Ci vuole raccontare il suo percorso?
R: La mia passione per la sostenibilità è nata nel 2007, in un periodo in cui questo tema non era ancora al centro delle agende aziendali e governative come lo è oggi. Nel 2007 mi trovavo alla Business School della New York University, ed ebbi l’occasione di incontrare il Managing Director della Global Reporting Initiative (che poi è diventata lo standard globale per la reportistica di sostenibilità). Sono sempre stato affascinato dall’intersezione tra business e impatto sociale, e a valle di quell’incontro diventai convinto che la sostenibilità sarebbe diventata una leva fondamentale per la creazione di valore a lungo termine, non solo per le aziende, ma anche per la società nel suo complesso. Ho deciso quindi di focalizzare la mia ricerca e i miei progetti su questo tema. Il mio percorso è iniziato con una profonda convinzione che il futuro del business risieda nella capacità di innovare in modo sostenibile.
Indubbiamente, fu una scelta lungimirante. Mi sono ritrovato a essere il primo professore con la parola “sustainability” nel “job title” sia a Imperial College London che University College London, due atenei nella top 10 mondiale.
Negli ultimi dieci anni ho avuto la fortuna di lavorare con grandi aziende internazionali che hanno compreso questa visione e con loro ho sviluppato strategie che integrano la sostenibilità nel cuore delle operazioni aziendali. Da quel momento, ho continuato a contribuire come consulente, accademico e speaker, promuovendo modelli di business che bilanciano crescita economica e impatti positivi per l’ambiente e la società.
D: In che modo le aziende possono integrare e trasformare la sostenibilità da una voce di costo a un driver effettivo di crescita? Ovviamente non parliamo di greenwashing.
R: Le aziende devono vedere la sostenibilità non come un costo, ma come un’opportunità per innovare e creare valore aggiunto. Nella mia esperienza, le organizzazioni che adottano strategie sostenibili in modo autentico possono ottenere vantaggi competitivi significativi. L’innovazione è spesso il primo risultato di questo approccio: adottando pratiche più sostenibili, le aziende possono scoprire nuovi modi per migliorare l’efficienza operativa, ridurre gli sprechi e sviluppare prodotti e servizi che rispondano meglio alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti all’impatto ambientale.
Inoltre, la sostenibilità costruisce fiducia. I consumatori e gli investitori oggi richiedono trasparenza e responsabilità. Le aziende che dimostrano un impegno concreto in questo ambito non solo migliorano la loro reputazione, ma si differenziano nei mercati con concreti risultati finanziari. Non parliamo di greenwashing, ma di un cambiamento reale, misurabile e integrato nelle strategie di crescita di lungo termine.
D: Nel quinquennio 2016-2021 è stato insignito di molteplici riconoscimenti e onorificenze tra cui la citazione nella classifica mondiale top 40 di Poets & Qants nella categoria professori di business nel 2016, quella di Cavaliere della Repubblica Italiana nel 2018 e menzionato come il quarantenne italiano più influente al mondo negli ultimi anni. Tutto questo lavoro l’ha portata a essere, tra le varie attività che porta avanti, Co-Direttore del UCL Centre for Sustainable Business, centro che fa ricerca per la trasformazione sostenibile delle aziende e a dirigere l’Osservatorio sulle PMI italiane nell’alveo della sostenibilità. In che modo quest’ultime stanno affrontando tale transizione?
R: Le piccole e medie imprese italiane stanno affrontando la transizione verso la sostenibilità con dinamiche molto interessanti. Se inizialmente molte di queste aziende vedevano la sostenibilità come un onere regolamentare o una semplice questione di compliance, oggi stanno iniziando a comprendere il valore strategico di questo cambiamento. Attraverso il lavoro svolto come Co-Direttore del UCL Centre for Sustainable Business e con l’Osservatorio sulle PMI italiane, ho potuto osservare come le PMI che investono in sostenibilità vedano miglioramenti in termini di efficienza e reputazione, nonché opportunità commerciali nelle filiere in cui operano.
Le PMI italiane hanno un potenziale enorme in questo senso: molte sono leader mondiali in settori come la manifattura, l’agroalimentare e la moda. Integrando la sostenibilità nei loro modelli di business queste aziende possono rafforzare il loro posizionamento a livello globale e rispondere alla crescente domanda di prodotti e servizi sostenibili. Tuttavia, il percorso non è semplice e richiede un supporto adeguato in termini di competenze, tecnologie e accesso al capitale.
D: Per tutto l’operato che ha portato avanti finora, nel 2024 ha ricevuto il prestigiosissimo premio Stefan A. Riesenfeld Memorial dell’Università di Berkeley, riconoscimento mondiale che viene conferito a chi ha apportato significativi contributi in vari campi producendo un impatto positivo sulla società su scala globale. Che significato ha avuto per lei questo premio, e quali sono i suoi prossimi obiettivi?
R: Ricevere il premio Stefan A. Riesenfeld Memorial è stato senza dubbio un grande onore, ma sono convinto che il mio viaggio sia ancora agli inizi. Il mio obiettivo futuro è continuare a influenzare positivamente il mondo del business, accelerando il cambiamento verso modelli di crescita sostenibili su scala globale. Voglio ampliare il mio impatto, lavorando ancora più strettamente con aziende e governi per definire politiche e strategie che siano sostenibili, giuste e profittevoli per le aziende e per la competitività dei paesi.
Inoltre, intendo ampliare il mio ruolo di educatore, consulente e speaker, portando avanti il mio impegno nel formare le nuove generazioni di leader aziendali. Oggi, la maggior parte del mio lavoro e con i Board e i Senior Management Teams delle aziende, che devono capire come sviluppare strategie intelligenti sulla sostenibilità. Di recente ho lavorato con aziende del calibro di HSBC, Panasonic, Saudi Aramco, CMA CGM, British Airways e Bain – aziende leader nei loro settori – ed è notevole vedere come la sostenibilità sia centrale nell’agenda strategica di queste società.
La mia ambizione è contribuire a costruire un mondo in cui la sostenibilità sia alla base di tutte le decisioni aziendali e politiche.
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