L’inflazione è stata sicuramente il principale tema, almeno per l’inizio dell’anno. Ma ora questa preoccupazione potrebbe lasciare il posto alla recessione.
Per tutto il primo semestre, la principale paura di operatori, analisti e Banche Centrali è stata senza dubbio l’inflazione. I prezzi sono saliti a dei tassi che non si vedevano da decenni e ormai si parla anche del rischio che, senza un’azione forte e decisa delle Banche Centrali, vadano fuori controllo come negli anni ’70.
La Fed prima e la Bce poi, solo per restare agli Istituti Centrali più grandi, hanno quindi ritirato progressivamente gli stimoli monetari e alzato i tassi. La Fed su questa strada è più avanti della Bce, ma anche a Francoforte sono tornati a volare i «falchi».
Non solo, ma anche gli annunci non lasciano spazio a fraintendimenti. L’obiettivo è riportare l’inflazione su binari più usuali. Tuttavia, ora in molti iniziano a parlare di recessione come prossimo problema. E si tratterebbe di una questione la cui soluzione richiederebbe strumenti esattamente contrari rispetto a quelli con cui si combatte l’inflazione.
Dall’inflazione alla recessione
Vediamo come si può passare dall’inflazione alla recessione. I prezzi in questo semestre sono saliti per vari motivi. In primis, però, il motivo è stato l’aumento dei prezzi delle commodity agricole, industriali e soprattutto energetiche.
Le ragioni di questi aumenti sono diverse. La guerra, certo, ma in campo energetico anche la carenza di investimenti in petrolio e gas degli ultimi anni.
Fatto sta che l’aumento del prezzo delle commodity è il primo problema per le imprese. L’energia e le materie prime più care rischiano di spiazzare le industrie «energivore», che vedono peggiorare drasticamente la loro struttura di costo. Alcune riescono a «passare gli aumenti» ai propri clienti, altre molto meno.
In ogni caso, i clienti che si trovano di fronte a prezzi più elevati possono reagire comprando meno. Ciò genera la prima contrazione della produzione rispetto al periodo precedente.
La questione tassi
A questo punto c’è un secondo tema da considerare. Poiché le Banche Centrali debbono alzare i tassi per fronteggiare l’inflazione, tutto il sistema finanziario aumenterà progressivamente il costo del denaro. Le imprese, quindi, si troveranno a pagare di più per i prestiti.
Questo peggiorerà ulteriormente la struttura dei costi di cui parlavamo prima. Alcuni progetti di investimento non saranno intrapresi, altri già in essere potrebbero fallire o non essere completati. Il tutto si tradurrà in un ulteriore rallentamento dell’economia.
Recessione all’orizzonte?
Mettendo tutto insieme ecco che arriviamo a una recessione molto probabile. Gli analisti la ritengono alquanto scontata in Europa, ma anche negli Usa. Anche altre economie come il Giappone o l’Australia potrebbero sperimentarla.
Al momento la salvezza è rappresentata dalla forte ripresa della domanda post-Covid. Ma con i prezzi in forte crescita non è detto che questa domanda continuerà a essere alta ancora per molto. L’autunno sarà sicuramente un banco di prova molto importante per tutte le principali economie.
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