Chi può ospitare il titolare del diritto di abitazione? Il coniuge superstite o il genitore collocatario possono convivere con un nuovo partner? Ecco cosa prevede la legge.
Il titolare del diritto di abitazione può ospitare altre persone in casa? Alcuni ritengono di no, che non rientri nei presupposti di questo diritto. Altri, i beneficiari, lamentano che una restrizione eccessiva impedisca loro di godere del diritto stesso. Come spesso accade, la risposta è «dipende».
Il diritto di abitazione è quello che consente al titolare di vivere in un immobile di cui non è proprietario né affittuario. Per esempio, può essere concesso con un testamento per consentire a un proprio caro di vivere nell’appartamento la cui proprietà spetta ad altri. Il diritto di abitazione può anche essere donato o venduto, previsto da un contratto, usucapito oppure stabilito dal giudice a determinate circostanze. In alcuni casi il diritto di abitazione viene concesso ai lavoratori dipendenti, ma oggi si tratta di un’ipotesi sempre più rara. Nella stragrande maggioranza dei casi il diritto di abitazione viene previsto in favore del coniuge superstite o del genitore collocatario, rispettivamente per continuare a vivere nell’abitazione familiare o per consentirlo ai figli dopo lo scioglimento della coppia.
In ogni caso, si tratta di un diritto molto circoscritto: non si acquistano i poteri del proprietario, bensì bisogna utilizzare l’immobile entro certi limiti. Una questione piuttosto spinosa è quella dell’ospitalità. Molti si interrogano sulla possibilità di ospitare altre persone nella casa in cui si vive con il diritto di abitazione. Sono soprattutto i proprietari a porsi la questione, di solito perché non sono contenti della compagnia del titolare del diritto di abitazione. Il caso più tipico è quello dell’ex moglie (o ex marito) che vive con il nuovo partner all’interno dell’abitazione familiare. Ecco cosa prevede la legge al riguardo.
Chi si può ospitare con il diritto di abitazione
Il diritto di abitazione si esprime in modo esaustivo nella definizione stessa: consente al titolare di abitare nella casa altrui e nient’altro. Chi ha il diritto di abitazione non può fare ciò che compete al proprietario, come cambiare la destinazione d’uso dell’immobile o affittarlo, e nemmeno cedere il proprio diritto ad altre persone. Ciò significa che il titolare del diritto di abitazione non può trasferirsi altrove e lasciare che sia qualcun altro a vivere nell’appartamento. Questa persona non ha alcun titolo per abitare nell’immobile e il titolare perde il proprio diritto, come in tutti i casi di abuso. Per esempio, perde il diritto di abitazione anche chi non conserva l’immobile in buono stato ma anzi lo rovina. In ogni caso, è evidente che il diritto di abitazione configura una situazione unica nel suo genere, diversa anche rispetto alla locazione.
Resta però una differenza sostanziale tra trasferire il diritto di abitazione ad altri, che è impossibile, e ospitare altre persone. Quest’ultimo comportamento è lecito, perché compreso nella funzionalità intrinseca di questo diritto. L’immobile può infatti essere abitato dal titolare del diritto di abitazione e dai propri congiunti. La legge prevede infatti che la casa debba servire ai bisogni del beneficiario e della propria famiglia. È quindi possibile ospitare:
- il coniuge non separato o l’unito civilmente;
- i figli tutti (anche maggiorenni, adottivi, non riconoscibili e così via);
- conviventi per esigenze di cura, assistenza o compagnia (collaboratori domestici conviventi per esempio);
- genitori, fratelli e affini in linea retta a cui si devono gli alimenti;
- persone conviventi con il titolare del diritto, come la parte della coppia di fatto e uniti da un vincolo affettivo.
Il beneficiario può ospitare chi vuole all’interno di questi criteri, in tutela dei propri bisogni e della libertà d’espressione e autodeterminazione. Non è invece possibile vivere con degli estranei, circostanza che spesso nasconde un affitto illecito peraltro, o lasciare l’immobile ai familiari stabilendosi da un’altra parte.
Coniuge superstite e genitore collocatario
La possibilità di ospitare altre persone, compreso un nuovo partner, si estende anche al coniuge superstite e al genitore collocatario. Per quanto la presenza di una nuova figura affettiva possa turbare gli eredi o l’ex coniuge proprietario, infatti, si rientra pacificamente nell’esercizio del diritto di abitazione. Il genitore non collocatario può opporsi alla presenza del nuovo partner nella casa in cui vivono i figli soltanto se pregiudizievole per la prole e comunque indipendentemente dal diritto di abitazione. Queste circostanze, ovviamente, devono essere oggettive e debitamente comprovate.
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