Coppie di fatto, diritti e doveri del convivente more uxorio

Isabella Policarpio

07/11/2019

07/11/2019 - 16:52

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Cosa sono le coppie di fatto e quali diritti hanno: guida completa ai diritti e doveri dei conviventi more uxorio dopo la stipulazione del contratto di convivenza.

Coppie di fatto, diritti e doveri del convivente more uxorio

Quali sono i diritti e i doveri delle coppie di fatto?
Prima di vedere esattamente quali siano i doveri della convivenza e i diritti che nascono dal patto stipulato dobbiamo spigare che cosa di intende per coppia di fatto, cos’è e chi può costituirla.

La legge n. 76 del 20 maggio 2016, famosa come legge Cirinnà, dà alle coppie di fatto la possibilità di rendere giuridicamente rilevante il legame affettivo anche in assenza di un vincolo legale. Per diventare una coppia di fatto occorre perfezionare una specifica dichiarazione all’anagrafe del comune di residenza, dalla quale discendono precisi diritti.

Precisiamo che “coppia di fatto” è il termine con il quale si suole indicare la coppia costituita da due soggetti legati sentimentalmente, dello stesso sesso o meno, ma che hanno scelto di non formalizzare il loro rapporto con un matrimonio o un’unione civile.

Vediamo insieme quali sono i diritti della coppia di fatto.

Coppie di fatto: cosa sono e come si formalizzano

Secondo la legge Cirinnà, possono costituire una coppia di fatto (detta anche convivenza more uxorio) due persone che hanno compiuto la maggiore età, dello stesso o sesso ma anche di sesso diverso, unite da un legame affettivo stabile e di reciproca assistenza morale e materiale, non legate da vincoli di parentela.

La legge specifica anche che non sono considerate coppie di fatto quelle in cui uno dei conviventi sia separato dal precedente coniuge ma non divorziato.

Per istituzionalizzare la convivenza, la coppia deve recarsi all’anagrafe del comune di residenza e dichiarare il legame affettivo e la coabitazione in modo da ottenere il certificato di stato di famiglia. Tale dichiarazione può essere sottoscritta sia di persona di fronte all’ufficiale dell’anagrafe sia tramite fax o per via telematica.

Dalla costituzione della coppia di fatto discendono molteplici diritti. Nel dettaglio:

  • la possibilità di visitare il partner in carcere;
  • la possibilità di visita, assistenza, accesso alle informazioni personali del partner in caso di malattia o ricovero;
  • la possibilità per ciascun componente della coppia di designare l’altro come legittimo rappresentante con poteri pieni in caso di malattia o morte;
  • il diritto del convivente superstite di continuare ad abitare nella nella casa per un periodo non superiore a 5 anni anche dopo la morte del partner che era il proprietario dell’immobile;
  • la possibilità di nominare il convivente come tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora il partner venga dichiarato interdetto, inabilitato o beneficiario dell’amministrazione di sostegno;
  • il diritto al risarcimento del danno in caso di decesso del convivente di fatto derivante da una condotta illecita di un terzo;
  • il diritto di partecipare alla gestione e agli utili dell’impresa familiare del partner;
  • il diritto del convivente – stabilito dal giudice in caso di cessazione della convivenza di fatto – di ricevere gli alimenti, se si trova in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. L’importo dell’assegno viene stabilito in misura proporzionale alla durata della convivenza.

Sicuramente con la legge Cirinnà è stato fatto un grande passo in avanti nella tutela delle coppie di fatto. Tuttavia restano delle disparità di trattamento rispetto alle coppie che scelgono il matrimonio o l’unione civile. Vediamole.

Coppie di fatto: i diritti negati

Ai conviventi more uxorio, anche dopo la formalizzazione del legame presso l’anagrafe, sono comunque negati alcuni importanti diritti.

Innanzitutto i conviventi di fatto non hanno il dovere di fedeltà verso il partner (come accade anche nelle unioni civili) quindi il convivente tradito non può chiedere addebiti e risarcimenti di alcun tipo.

Ma le lacune più evidenti riguardano i rapporti ereditari: infatti il convivente non è considerato un erede legittimo del partner e non gode di diritti ereditari. Di conseguenza il convivente superstite non ha il pieno diritto ad abitare nelle casa di proprietà del defunto. La legge però concede un periodo in cui può continuare a vivere nell’immobile, precisamente:
non meno di due anni e non più di cinque anni se non ci sono figli;
non meno di tre anni in presenza di figli minori o disabili.

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Il superstite può solamente sperare in una specifica disposizione testamentaria ma anche in questo caso ha diritto solo alla quota disponibile, ovvero quella piccola parte del patrimonio non destinata ai famigliari. Inoltre tra i conviventi di fatto non si instaura la comunione dei beni. In questo caso però si può ricorrere ad un normale contratto di vendita o di donazione, con cui il partner trasferisce beni o diritti all’altro.

A questo va aggiunto che il superstite non ha diritto alla pensione di reversibilità in caso di morte del partner, diversamente da quanto stabilito dall’Inps per le unioni civili.

I contratti di convivenza

Le coppie di fatto possono scegliere di disciplinare alcuni aspetti della loro vita in comune attraverso la stipulazione di un contratto di convivenza.

Questo contratto deve essere redatto in forma scritta, con atto pubblico o scrittura privata autenticata dal notaio o dall’avvocato e consente di concordare diversi aspetti della vita di coppia, ad esempio il luogo di residenza, il regime patrimoniale (comunione o separazione dei beni) e l’ammontare della contribuzione di ognuno.

I contratti di convivenza non possono essere sottoposti a termini e condizioni. Invece per quanto riguarda la sua risoluzione questa può avvenire per accordo delle parti, per recesso unilaterale, in caso di matrimonio o unione civile tra i conviventi o con un’altra persona e infine per morte di uno dei due.

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