Dipendente a tempo determinato incinta, il rinnovo di contratto è obbligatorio?

Ilena D’Errico

16 Agosto 2025 - 15:00

Ecco cosa prevede la legge sui contratti a tempo determinato per le lavoratrici incinte. Esiste un obbligo di rinnovo? Quali tutele per le dipendenti?

Dipendente a tempo determinato incinta, il rinnovo di contratto è obbligatorio?

Il diritto del lavoro prevede specifiche disposizioni in tutela della maternità, volte a evitare discriminazioni e a salvaguardare l’occupazione femminile. Anche se la strada verso la piena parità è ancora lunga, sono stati compiuti passi da gigante rispetto al passato, con limiti rigorosi per i datori di lavoro. Uno degli strumenti più importanti è il divieto di licenziamento delle donne in gravidanza, fatta eccezione per la giusta causa, che si estende per tutto il primo anno di vita del nuovo nato. La legge vuole così evitare che le lavoratrici madri vengano penalizzate ingiustamente, ad esempio perché il datore di lavoro non vuole farsi carico delle assenze per maternità, rischiare che la dipendente usi più permessi rispetto a colleghe senza figli e così via.

Ci si chiede quindi come si applichi questa tutela ai contratti a termine e nello specifico quando la scadenza del contratto avviene nel periodo protetto, quindi durante la gravidanza o nel primo anno dal parto. Un recente scandalo ha risollevato la questione, facendo sorgere dubbi ai cittadini riguardo alle previsioni di legge al riguardo. Vediamo quindi cosa succede se il contratto a tempo determinato scade e la dipendente è incinta, come funziona il rinnovo e quali obblighi ha l’azienda.

Il divieto di licenziamento della lavoratrice madre

Come anticipato, la legge prevede il divieto di licenziare la lavoratrice madre durante la gravidanza e nel primo anno di vita del figlio, a meno che ricorrano particolari motivi di giusta causa. Quest’ultima, come generalmente intesa ed eventualmente disciplinata dal Ccnl di riferimento, non è infatti sufficiente a giustificare il licenziamento della lavoratrice madre. Serve invece che la dipendente abbia commesso una colpa grave, specifica, intenzionale e tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro per la rottura del vincolo fiduciario.

L’esempio più classico è quello del furto aziendale, che aiuta senza dubbio a capire il livello di gravità richiesto dalla legge per ammettere il licenziamento. Deve trattarsi di una violazione dal carattere eccezionale e soprattutto comprovata, da contestare tempestivamente consentendo alla lavoratrice di difendersi dall’accusa. Queste analoghe previsioni si applicano durante tutto il primo anno di vita del bambino, nella fruizione della maternità ed entro certi limiti anche per il lavoratore padre.

Scadenza del contratto e dipendente incinta

Chiarito come funziona il divieto di licenziamento della lavoratrice madre veniamo ora alla disciplina dei contratti a termine. Bisogna sapere in proposito che la legge non prevede l’obbligo di rinnovare il contratto scaduto durante la gravidanza, la maternità o comunque il primo anno dal parto. Una simile imposizione sarebbe infatti eccessivamente gravosa per il datore di lavoro, oltre che contrastante con la definizione stessa dei contratti a termine.

Di conseguenza, è legale non rinnovare il contratto a una lavoratrice incinta, entro certi limiti. Seppur non ci siano obblighi di rinnovo, infatti, il datore di lavoro è sempre tenuto ad agire con correttezza e senza discriminazioni. In caso contrario, l’ex dipendente può agire in giudizio contro l’azienda e ottenere un’indennità risarcitoria per la discriminazione subita. Ciò soltanto se il mancato rinnovo dipende proprio dalla maternità stessa, una circostanza che non è affatto difficile da provare come si potrebbe pensare.

La Corte di Cassazione, sulla base della normativa europea, ritiene infatti che in caso di contestazioni di questo genere l’onere della prova ricade sul datore di lavoro. Il mancato rinnovo della lavoratrice incinta o a poco tempo dal parto è per sua natura un comportamento potenzialmente discriminatorio, pertanto se la lavoratrice lo contesta è l’azienda a dover dimostrare che la decisione dipende da fattori oggettivi ed equi, altrimenti dovrà pagare un risarcimento. Il datore dovrà spiegare e provare che il mancato rinnovo del contratto non è dipeso dalla gravidanza o dalla maternità e che di fatto sarebbe avvenuto per qualsiasi altro lavoratore a termine.

Iscriviti a Money.it