Il dibattito scientifico ai tempi del coronavirus: l’importanza del dubbio e dell’errore

Erasmo Venosi

20/04/2020

13/04/2021 - 11:13

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Nel pieno dell’emergenza coronavirus, il dibattito sulle questioni scientifiche è diventato sempre più importante

Il dibattito scientifico ai tempi del coronavirus: l’importanza del dubbio e dell’errore

In questo tempo di radicali contrapposizioni su questioni scientifiche è utile ricordare quello che diceva il grande fisico premio Nobel Richard Feynman, che il dubbio non deve incutere timore, ma deve essere accolto come una preziosa opportunità.

L’importanza dei dubbi in ambito scientifico

I dubbi, anche verso apparenti tesi solide, rappresentano il motore delle scoperte. Se Einstein non avesse avuto dubbi verso la relatività galileana che ha imperato per secoli non avremmo la teoria della relatività. Fu Fermi ad affermare che la scienza valorizza il dubbio e non si vergogna dell’errore. Fu proprio Fermi ad aggiungere una correzione alla lectio magistralis che diede in occasione del premio Nobel.

Dubbio ed errore sono le componenti fondamentali del metodo scientifico e gli elementi propulsivi grazie ai quali nella scienza moderna procede il processo di conoscenza. La capacità di dubitare e gestire gli errori, solo i dogmatici e i creduloni possono considerarla un limite e non una garanzia di credibilità. È questo il discrimine tra scienza e falsa scienza, che poggia sul credo del principio di autorità, sul sentito dire.

Il metodo scientifico è stato una rivoluzione introdotta da Galilei proprio perché la conoscenza è stata fondata sul dubbio. Nulla di scontato come possiamo vedere in questi giorni. Ipotesi plausibili contrapposte ma senza riscontro alcuno. Dubitare, sviluppare se stessi nella conoscenza, nell’interpretazione autonoma, sono momenti alti di libertà da difendere con grande determinazione.

Il dibattito, il confronto è parte integrante dei lavori, delle tesi scientifiche come si legge su un editoriale “Controversy and debate: the nature of science” pubblicato su Nature Cell Biology.

Un editoriale che molti dovrebbero leggere nel nostro Paese, a iniziare da chi liberamente dovrebbe fare informazione soprattutto quando riguarda l’ambito scientifico. La verità nasce dal confronto/scontro tra teorie opposte e nulla è definitivo. Inutile che cito Galilei, Darwin, Harvey.

Il criterio di base che dovrebbe aiutare nella ricerca è, come ci ha insegnato Popper, il criterio di falsificabilità. Della verità non avremo mai certezza, ma possiamo giungere ad avere la certezza delle falsità. Il dubbio ragionevole è quello che considera diverse ipotesi e comprende se le tesi sostenute abbiano fondamento ragionevole e relazione causale o siano ispirate da interessi.

Il dibattito sul coronavirus

Recentemente abbiamo assistito a tesi discordanti riguardanti l’origine naturale o artificiale del coronavirus. Premesso che il nostro genoma è composto da un minimo a un massimo del 40% da virus e che le tre grandi tappe dell’evoluzione che conducono all’uomo, cioè dalla comparsa dei vertebrati, dei placentari e infine dei primati è dovuta ai genomi colonizzati da virus.

Premesso altresì che abbiamo sulla Terra più virus di qualsiasi altro elemento vitale (non casualmente si parla di virosfera) e che talmente è importante nel mondo scientifico che il maggior numero di Nobel è andato a virologi e microbiologi e oggi usiamo i virus non come elemento virulento ma come veicoli per vaccini e terapie geniche.

Le malattie emergenti riconducibili a nuovi virus come sars, mers, ebola, nipa, sono legati prevalentemente ai mammiferi e i più diffusi sono gli uccelli e i pipistrelli. Le nuove potenti tecnologie consentono di identificare il genoma e la biologia sintetica di ridurre i tempi per alcuni vaccini.

Detto questo abbiamo una metodologia denominata analisi filogenetica che consente la comparazione dei genomi dei virus, le cui sequenze si trovano depositate nelle banche dati e che dovrebbero essere pubblicamente accessibili. Basta secondo me verificare, come qualcuno afferma, se nella sequenza dell’acido nucleico del coronavirus c’è o non c’è un segmento del RNA dell’HIV e tutta la vicenda - su basi scientifiche - potrà essere chiarita.

Anche perché sull’ospite intermedio del coronavirus non è che si sia pervenuto a qualcosa di fondato. Dal pipistrello al pangolino e ora siamo al cane randagio.

Infine esistono attività di ricerca che utilizzano tecniche come il sistema Crispr/Cas9, una specie di “forbice molecolare” capace di tagliare e rimuovere un Dna bersaglio. Il metodo permette infatti di eliminare, sostituire o correggere sequenze di Dna.

Vogliamo citare il virologo Evans che tre anni fa annunciò la sintesi del virus equino simile al virus del vaiolo umano scomparso 4 decenni fa? D’altro canto non si spiega se tutto scorre liscio del perché si è avvertita l’esigenza di sottoscrivere quasi mezzo secolo fa la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione, e lo stoccaggio di armi batteriologiche (biologiche) e tossine e sulla loro distruzione” (BTWC), in vigore dal 26 marzo 1975, con 183 Stati parte.

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