L’Agenzia delle Entrate pretende il pagamento di 90.000 euro da una donna senza reddito, ma grazie all’applicazione di una norma il debito viene cancellato.
L’Agenzia delle Entrate chiede 90.000 euro a una donna che gestiva un’agenzia di scommesse per una tassa non pagata sulle vincite 10 anni fa. Grazie a una procedura speciale, la donna, ora, non deve versare più nulla.
La vicenda in questione mostra l’importanza di conoscere bene le norme per poterne fruire completamente e nello specifico quelle introdotte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza che sono entrate in vigore negli ultimi anni. Prima che fossero previste queste norme, erano moltissime le persone che non riuscivano a sostenere il peso dei debiti e, al tempo stesso, non avevano la possibilità di uscire dalla situazione in cui si trovavano.
Grazie a una via legale, oggi è possibile ripartire e avere una nuova possibilità, cancellando interamente i debiti contratti senza pagarli. La procedura, però, ha una regolamentazione molto rigida per evitare eventuali abusi. Vediamo la vicenda e come si è conclusa.
L’Agenzia delle Entrate le chiede 90.000 euro
La vicenda riguarda una donna che gestiva un’agenzia di scommesse e nel biennio 2013/2015 secondo l’Agenzia delle Entrate non ha versato una tassa. Tra sanzioni e interessi maturati negli anni, la donna si è vista chiedere dall’amministrazione finanziaria quasi 90.000 euro. Nel 2015, tra l’altro, l’agenzia di scommesse era stata chiusa a causa di calo del fatturato e perdite e la donna era rimasta senza nessun reddito, riuscendo ad andare avanti solo grazie all’aiuto economico dei familiari.
L’Agenzia delle Entrate imputava alla donna il mancato pagamento del Prelievo erariale unico (PREU) e della tassazione delle vincite maturate nel biennio 2013/2015, gestendo l’agenzia di scommesse. Inizialmente sulla questione era nato un contenzioso lungo e difficile poiché la PREU è dovuta soltanto ai titolari di concessione statale, ma la donna non ne era titolare.
Nel corso degli anni, inoltre, l’importo dovuto era lievitato a causa di interessi e sanzioni arrivando a 88.735 euro.
Non essendo in grado di onorare il debito imputato, la donna si è rivolta a un legale ed è riuscita a ottenere la cancellazione totale del debito tramite la procedura dell’esdebitazione del debitore incapiente prevista dal Codice della crisi di impresa.
La via di uscita
La donna, non avendo le risorse necessarie per saldare il debito o per accedere a una definizione agevolata dello stesso, si è trovata in una condizione di sovraindebitamento irreversibile e proprio per questo, tramite i suoi legali, è ricorsa all’esdebitazione del debitore incapiente.
Si tratta di una pratica a cui si può ricorrere una sola volta nella vita e può essere attivata solo da una persona meritevole che non riesce a pagare i debiti e che non potrà farlo neanche in futuro.
L’applicazione di norme complesse come quella del sovraindebitamento e dell’esdebitazione fa comprendere come la protezione dei soggetti più vulnerabili in Italia sia oggetto di particolare attenzione.
Il caso appena descritto diventa un esempio pratico di come il Codice della crisi di impresa sia una legge che offre un reale sollievo a chi ha subito una pretesa fiscale ingiustificata e si trova nella condizione di non poter saldare le somme richieste.
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