Il presidente USA con il suo attacco è convinto di aver spazzato via il programma nucleare iraniano: ma sarà davvero così?
Dopo alcuni giorni di conflitto tra Israele e Iran, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha deciso di intervenire direttamente, autorizzando un attacco contro quelle che vengono ritenute basi nucleari del governo di Teheran, ovvero siti dove si starebbe lavorando attivamente all’arricchimento dell’uranio con l’obiettivo, secondo Washington, di costruire una bomba atomica.
Secondo il presidente americano e la propaganda statunitense, gli attacchi sono stati un successo e avrebbero messo fuori gioco le ambizioni dell’Iran di dotarsi di un’arma nucleare. Le basi nucleari sarebbero state duramente colpite e neutralizzate. In particolare, l’impianto di Fordow, costruito sotto una montagna, sarebbe stato pesantemente danneggiato grazie all’impiego di bombe speciali, capaci di penetrare nel sottosuolo per decine di metri prima di esplodere. Ma è davvero così? L’Iran ha davvero dovuto abbandonare il programma nucleare dopo gli attacchi statunitensi? Alcune immagini satellitari e conversazioni intercettate tra funzionari iraniani sembrano raccontare una storia ben diversa rispetto a quella presentata da Trump e dalle fonti ufficiali statunitensi.
Davvero l’Iran ha detto addio al nucleare?
Va detto che, nei giorni precedenti agli attacchi USA, presso la base di Fordow erano stati segnalati strani movimenti, come se l’Iran stesse trasferendo l’uranio arricchito in un luogo segreto e sicuro, probabilmente per proteggerlo da un imminente attacco americano di cui si aveva già qualche avvisaglia. Secondo alcune fonti, gli Stati Uniti avevano informalmente fatto trapelare l’intenzione di colpire gli impianti nucleari, dando così modo all’Iran di organizzarsi per tempo.
Gli attacchi ci sono stati, e Trump li ha subito definiti un successo, dichiarando chiusa la questione del nucleare iraniano. Tuttavia, da alcune conversazioni intercettate tra funzionari iraniani emerge un quadro diverso: gli attacchi sarebbero stati meno estesi e meno devastanti di quanto dichiarato, e l’impianto di Fordow non sarebbe stato completamente distrutto, contrariamente a quanto affermato dal presidente americano.
A supporto di questa tesi ci sono immagini satellitari scattate poco dopo l’attacco, che mostrano attività insolite nei pressi dell’impianto. Le immagini del 29 giugno rivelano la presenza di un escavatore e numerose persone attorno al pozzo settentrionale situato sul crinale, oltre a diversi veicoli parcheggiati alla base della montagna. Non è chiaro cosa stesse accadendo, ma di certo non sembravano operazioni di semplice rimozione di macerie. È plausibile ipotizzare che i lavori siano legati alla ripresa di alcune attività, forse in aree rimaste operative o non completamente compromesse dai bombardamenti.
Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha confermato che a Fordow ci sono stati danni significativi, ma non tali da aver cancellato il programma nucleare iraniano, smentendo di fatto le dichiarazioni trionfalistiche di Trump.
Resta inoltre l’ipotesi che l’Iran possa disporre di altri impianti segreti, sotterranei e sconosciuti. Il quotidiano tedesco Der Spiegel ha intervistato l’esperto nucleare Jeffrey Lewis, il quale ha spiegato che esistono altre strutture sotterranee note, come quelle di Natanz e Isfahan, che non sono state colpite, probabilmente perché situate a profondità tali da renderne estremamente difficile la distruzione. Lewis ha inoltre sottolineato la concreta possibilità che l’Iran disponga di ulteriori siti nucleari ancora sconosciuti alla comunità internazionale e, di conseguenza, non monitorati.
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