Arriva una nuova crisi del petrolio in Russia. Ecco cosa sta succedendo

Alessandro Nuzzo

21 Agosto 2025 - 14:23

In tre settimane le compagnie petrolifere nazionali hanno perso 44,3 milioni di tonnellate di capacità di raffinazione.

Arriva una nuova crisi del petrolio in Russia. Ecco cosa sta succedendo

Se vuoi colpire il cuore dell’economia russa devi puntare al settore energetico. Gas e petrolio rappresentano la fortuna della Russia e, colpendo quel comparto, si infligge un danno gravissimo all’economia di Mosca. Lo ha fatto l’Europa boicottando le forniture di gas e greggio, avviando una diversificazione degli approvvigionamenti. Ora lo sta facendo l’Ucraina, che con i droni prende di mira proprio gli impianti di raffinazione del petrolio, veri e propri snodi vitali della macchina economica del Cremlino.

Nelle ultime settimane diversi stabilimenti sono stati colpiti e hanno riportato danni tali da costringere alla chiusura. Ciò sta determinando un calo significativo della capacità di raffinazione, riducendo al tempo stesso la disponibilità di carburanti e pesando sull’intera catena produttiva.

Gli attacchi con i droni, intensificati nel mese di agosto, hanno portato alla chiusura di quattro importanti oleodotti e privato l’economia russa di circa un settimo della sua capacità di raffinazione del greggio, con conseguenze che si ripercuotono anche sulle esportazioni.

L’Ucraina colpisce le raffinerie russe

Il 2 agosto la raffineria Rosneft di Novokuybyshevsk, con una capacità di 8,3 milioni di tonnellate l’anno, è stata fermata dopo un attacco con droni. L’11 agosto è toccato all’impianto di Saratov, da 5,8 milioni di tonnellate annue, che ha smesso di ricevere greggio. In totale, oltre un ottavo della capacità di raffinazione della Russia risulta già compromessa.

Il 15 agosto è stata chiusa anche la raffineria Lukoil di Volgograd, la più grande della Russia meridionale con 14,8 milioni di tonnellate l’anno, mentre lo stesso giorno l’impianto Rosneft di Samara (8,5 milioni di tonnellate annue) ha interrotto le lavorazioni dopo un nuovo attacco. Sempre il 2 agosto, inoltre, era stata sospesa circa metà della capacità della raffineria di Ryazan - la maggiore di Rosneft, con 13,8 milioni di tonnellate annue - che fornisce carburante anche all’area di Mosca e ad altri centri industriali.

In sole tre settimane, dunque, le compagnie petrolifere hanno perso 44,3 milioni di tonnellate di capacità annua di raffinazione, pari al 13,5% della capacità totale nazionale, stimata in 328 milioni di tonnellate l’anno.

La riparazione degli impianti richiederà tempo, almeno un mese. Interventi che, secondo il ministro dell’Energia Sergei Tsivilov, risultano più complessi a causa delle sanzioni imposte alla Russia. La maggior parte dei pezzi di ricambio non è di fabbricazione russa e quindi non può essere acquistata. Trovare attrezzature equivalenti prodotte internamente è difficile, con forniture lente e costose. Questo rende ogni ripartenza non solo incerta ma anche onerosa, aggravando ulteriormente le difficoltà del settore energetico russo.

Di conseguenza, come accaduto lo scorso anno, anche nel 2025 la produzione di petrolio raffinato sarà rivista al ribasso. Nel 2024 le raffinerie russe hanno trattato 267 milioni di tonnellate di greggio, il volume più basso degli ultimi dodici anni. Per il 2025 si prevede un’ulteriore carenza di petrolio. Meno greggio equivale a meno benzina e, di conseguenza, il prezzo sta aumentando. Dall’inizio dell’anno la benzina AI-92 (non disponibile in Italia e con piombo) è salita del 40%, mentre la verde senza piombo è aumentata del 50%, raggiungendo livelli record e mettendo in difficoltà milioni di automobilisti russi.

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