Crisi economica: le città muoiono. Allarme da Confcommercio

Violetta Silvestri

22 Febbraio 2021 - 11:18

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La crisi economica da pandemia sta accelerando un trend già in corso da anni: la chiusura dei negozi nei centri delle città. Perché la situazione è allarmante? I dati Confcommercio.

Crisi economica: le città muoiono. Allarme da Confcommercio

L’ultimo report di Confcommercio suona con un allarme sul sistema economico italiano: le città vanno verso la desertificazione.

Cosa significa? La crisi innescata dalla pandemia non farà che aggravare una situazione preoccupante per il commercio nazionale: sempre più imprese di vendita al dettaglio spariscono dalle vie dei centri storici.

La tendenza è allarmante negli ultimi 8 anni: ben 77.000 negozi sono letteralmente spariti. I dati e le prospettive.

Confcommercio: sempre meno negozi in città

I numeri sono eloquenti nel mostrare cosa sta succedendo al tessuto sociale ed economico dell’Italia: dal 2012 al 2020 il nostro Paese ha perso per sempre 77.000 negozi (con un crollo del 14%) e 14.000 imprese ambulanti (-14,85). Il tutto nelle città, svuotando piazze e vie dei centri storici così vitali per la società italiana.

Il centro studi dell’associazione, pubblicando il report “Demografia d’impresa nelle città italiane” ha presentato un quadro desolante per l’economia territoriale, purtroppo destinato ad aggravarsi con gli effetti della pandemia.

In questo 2021, infatti, la previsione è che i centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e di altre 10 città di media ampiezza, vedranno un calo del commercio al dettaglio del 17,1% e una chiusura di ben un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione. Il loro tonfo sarà del 24,9%, con numeri mai visti da almeno 20 anni.

In conclusione, avanza la desertificazione delle città e dei centri urbani, con gravi perdite a livello economico e di benessere sociale.

Il monito è stato chiaro:

“Il rischio di non riavere i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è, dunque, molto concreto e questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico”

In un futuro ancora troppo incerto sulla ripresa, soprattutto di vendita al dettaglio, attività turistica e settore servizi, Confcommercio ha avvisato:

“Le direttrici sono tre: un progetto di rigenerazione urbana, l’innovazione delle piccole superfici di vendita e una giusta ed equa web tax per ripristinare parità di regole di mercato tra tutte le imprese”

Le attività in crisi nei centri urbani

L’analisi svolta nel periodo di 8 anni ha svelato che ci sono alcune categorie di negozi particolarmente colpite dalle chiusure.

Nello specifico, mentre sono riusciti a sopravvivere esercizi di beni alimentari, tabaccherie, farmacie, negozi di tecnologia ed elettronica, altri settori merceologici hanno mostrato particolare debolezza, diminuendo drasticamente la loro presenza nei centri storici.

Si tratta di negozi di:

  • abbigliamento (-17%);
  • libri e giocattoli (-25,3%);
  • mobili e ferramenta (-27,1%);
  • pompe di benzina (-33%)

Quest’ultime categorie si sono spostate per lo più nei grandi centri commerciali, svuotando il cuore cittadino.

In generale, tra il 2012 e il 2020 a crescere sono stati alberghi e pubblici esercizi come i bar, rispettivamente del 46,9% e del 10%. Ma la pandemia ha spazzato via questi andamenti positivi, bloccando gli affari di tutto il comparto ristorazione e alloggi.

Il futuro economico dell’Italia resta critico, con città sempre più vuote e in crisi.

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