Carenze di chip e alluminio, dazi e pressioni politiche: l’automotive deve garantire prezzi accessibili e alti standard di sicurezza nazionale senza sacrificare redditività e occupazione.
Nel mondo automobilistico, la “nuova normalità” è fatta di instabilità. Il settore si ritrova di nuovo nel mirino delle tensioni globali: non bastava la crisi dei chip della pandemia, ora si sommano la disputa sull’alluminio e una crescente guerra commerciale. Nel mezzo resta un’industria che deve conciliare sostenibilità economica, sicurezza nazionale e posti di lavoro.
L’ultimo punto critico è Nexperia, produttore olandese controllato dalla Cina, specializzato in chip “legacy”: componenti fondamentali che costituiscono fino al 95% dell’elettronica montata su ogni auto. Il rallentamento delle sue forniture ha già colpito giganti come Honda e ZF, mentre Ford ha avvertito possibili tagli alla produzione se non arriverà una soluzione diplomatica a breve.
Colpisce la fragilità del sistema nonostante le lezioni della pandemia. Ma l’equilibrio è precario da sempre: un’industria matura, competitiva, vincolata da costi fissi altissimi e da consumatori che mettono il prezzo al primo posto. A tutto questo si aggiunge la pressione politica: le fabbriche non possono chiudere, pena costi sociali elevati e scontri con i governi. [...]
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