L’iconico marchio di patatine a un passo dalla chiusura: produzione ferma, stipendi e cassa integrazione non pagati e oltre 90 famiglie senza reddito.
Il celebre marchio di patatine Crik Crok, noto per il suo iconico sacchetto rosso e per aver accompagnato generazioni di italiani, rischia oggi la chiusura definitiva. Da mesi, infatti, la produzione è praticamente ferma e le linee lavorative sono ridotte al minimo. Ma ciò che rende la situazione ancora più allarmante è la condizione dei dipendenti. Oltre 90 lavoratori, insieme alle loro famiglie, sono ormai privi di reddito da mesi, senza aver ricevuto né gli stipendi né la cassa integrazione straordinaria promessa.
I sindacati di categoria Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil parlano apertamente di “emergenza sociale” e denunciano una situazione insostenibile, chiedendo interventi immediati da parte delle istituzioni e dell’azienda. La proprietà ha recentemente presentato al Tribunale di Velletri una nuova istanza di concordato preventivo (la seconda in meno di dieci anni) nel tentativo di evitare la liquidazione e trovare un investitore capace di garantire la continuità produttiva.
Tuttavia, al momento non sono emerse trattative concrete e il rischio che il marchio Crik Crok scompaia dagli scaffali italiani è più reale che mai.
Dalla gloria al declino di Crik Crok: storia di un marchio simbolo
Crik Crok non è solo un’azienda, ma un pezzo di cultura popolare italiana. Fondata nel 1949 a Pomezia da Carlo Finestauri nel secondo dopoguerra, la società, nata come Ica Foods, fu tra le prime in Italia a produrre patatine ispirandosi al modello americano introdotto dai militari statunitensi sbarcati ad Anzio. Negli anni ’80 e ’90, il marchio ha dominato il mercato nazionale degli snack, lanciando prodotti diventati cult come le Puff e le patatine a forma di cuore, conquistando la memoria collettiva con spot pubblicitari rimasti iconici.
Dopo un periodo sotto il controllo della multinazionale United Biscuits, Crik Crok era tornata alla famiglia fondatrice, ma già dagli anni 2000 aveva iniziato a scontare la crisi dei consumi e le difficoltà della distribuzione tradizionale. Nel 2015 era stato avviato un primo concordato preventivo, seguito nel 2018 dall’acquisizione da parte dell’imprenditrice Francesca Ossani, che aveva tentato un rilancio puntando su innovazione e nuovi mercati.
L’azienda era arrivata a contare oltre 150 dipendenti e a esportare in 25 Paesi, introducendo prodotti senza glutine, gusti esotici e confezioni moderne. Tuttavia, la concorrenza internazionale, l’aumento dei costi e una governance discontinua hanno progressivamente eroso margini e competitività, portando la crisi a un punto di non ritorno.
Lavoratori senza stipendio e cassa integrazione
Oggi la situazione è drammatica soprattutto per chi lavora nello stabilimento di Pomezia. I sindacati denunciano la mancata erogazione della cassa integrazione straordinaria e il mancato pagamento degli stipendi, con molte famiglie allo stremo e senza alcun sostegno economico.
“Non si tratta più soltanto di salvare posti di lavoro, ma di impedire la scomparsa di una realtà produttiva con un forte valore industriale e sociale per il territorio”, sottolineano le organizzazioni dei lavoratori, che chiedono il pagamento immediato delle spettanze arretrate e un piano industriale credibile.
Il Tribunale di Velletri è ora chiamato a decidere sull’ammissibilità del nuovo concordato preventivo, che potrebbe rappresentare l’ultima chance per salvare il marchio. Secondo indiscrezioni, ci sarebbe l’interesse di un importante gruppo alimentare per l’acquisizione dello stabilimento, ma al momento non esistono conferme ufficiali. Senza un intervento tempestivo, il rischio è che Crik Crok diventi l’ennesima eccellenza italiana travolta da una crisi finanziaria non risolta.
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