Società in house: come i Comuni gestiscono i servizi pubblici attraverso società controllate, con requisiti, vantaggi e regole da rispettare.
Le società in house sono ovunque, anche se spesso non ce ne accorgiamo. La raccolta dei rifiuti, il bus che passa ogni mattina, la manutenzione delle strade o dei parcheggi: molti dei servizi che consideriamo “del Comune” sono in realtà gestiti da società in house che operano come estensione dell’amministrazione, svolgendo funzioni pubbliche con gli strumenti di una società di capitali.
Questa architettura, nata dal diritto europeo e recepita nel nostro ordinamento, ha assunto negli ultimi anni un ruolo ancora più centrale. L’attuazione del PNRR lo ha dimostrato chiaramente, in tanti Comuni, soprattutto nei territori piccoli o con personale ridotto, le società in house sono il mezzo per accelerare progettazione, esecuzione e gestione degli interventi finanziati.
Società in house: definizione giuridica e significato pratico
Sul piano giuridico le società in house sono considerate il “braccio operativo” dell’ente pubblico. Non sono semplicemente imprese private chiamate per un servizio, ma assomigliano molto più a un reparto interno dell’amministrazione, pur mantenendo la veste di una società. In pratica, se un Comune ha bisogno di gestire il servizio di pulizia delle strade, invece di chiamare una ditta esterna, può creare una propria società che funziona come un ufficio comunale, ma con maggiore flessibilità organizzativa.
Nelle società in house la P.A. mantiene un controllo quasi totale, simile a quello che avrebbe con un proprio ufficio interno, questa è la ragione per cui possono ricevere affidamenti diretti senza gara. Infatti, la Corte di giustizia con le sentenze Teckal (C-107/98) e Stadt Halle (C-26/03) ha chiarito che:
“Un’amministrazione può affidare un servizio a una propria società senza passare dal mercato, solo quando esercita su quella società, un controllo analogo a quello che eserciterebbe su un proprio dipartimento”.
Questo principio è stato codificato nell’art. 12 della direttiva 2014/24/UE e recepito in Italia sia nel Testo unico sulle società partecipate (TUSP, d.lgs. 175/2016) sia nel Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), che considera l’in house providing una delle forme legittime di esercizio dell’autorganizzazione amministrativa.
I requisiti dell’in house si fondano su tre pilastri:
- un potere incisivo dell’ente sulla società (controllo analogo): non basta essere socio al 100%, occorre poter impartire direttive strategiche, approvare gli atti più rilevanti e verificare la gestione;
- l’attività prevalente: almeno l’80% del fatturato deve provenire dall’ente o dagli enti soci, così da garantire che la società lavori quasi esclusivamente per loro;
- l’assenza di capitale privato, salvo alcune eccezioni molto limitate previste dal diritto UE, perché la presenza di soggetti privati renderebbe incompatibile l’affidamento diretto senza gara.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle società in house?
| Vantaggi | Svantaggi |
|---|---|
| Controllo diretto sul servizio e maggiore capacità di intervento operativo | Rischio economico: eventuali perdite possono ricadere sul bilancio comunale |
| Continuità e rapidità nella gestione dei servizi essenziali | Costi più elevati rispetto al mercato se la società non è efficiente |
| Coordinamento immediato con le politiche pubbliche | Maggiore vigilanza e trasparenza richiesta |
Come distinguere le società in house dalle partecipate ordinarie?
A prima vista possono sembrare simili: entrambe sono società di capitali con un consiglio di amministrazione e bilanci redatti secondo le regole del diritto societario, ma si differenziano per il loro rapporto con il mercato. Una partecipata ordinaria è una società che opera sul mercato, competendo con altri privati e muovendosi secondo logiche economiche proprie. Invece:
“L’in house è uno strumento dell’amministrazione e non può agire come un’impresa libera”.
La quasi totalità del suo lavoro deve rimanere all’interno del perimetro pubblico. Ciò cambia radicalmente le dinamiche della gestione, perché la società non può costruire piani industriali orientati all’espansione commerciale, ma deve seguire gli obiettivi del Comune o degli enti soci.
Società in house e FOIA : le regole da seguire
Le società in house, pur essendo soggetti di diritto privato, sono equiparate agli enti pubblici ai fini della trasparenza. Dunque, sono tenute ad applicare integralmente il FOIA (accesso civico generalizzato) sotto vigilanza dell’ANAC.
Devono pubblicare bilanci, compensi degli amministratori, selezioni del personale, dati sui contratti e documenti di gestione, con lo stesso rigore previsto per amministrazioni e enti strumentali. Invece. le partecipate ordinarie rispondono solo agli obblighi previsti dal TUSP e dalla normativa societaria, con un livello di disclosure molto più ridotto.
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Cos’è l’accesso civico generalizzato (FOIA)?
Come vengono assunti i dipendenti nelle società in house?
Nelle società in house le assunzioni devono passare attraverso procedure selettive pubbliche, trasparenti, basate su criteri oggettivi di merito. Non è un concorso pubblico in senso classico, ma la logica è analoga: pubblicità degli avvisi, parità di accesso e controlli sul corretto svolgimento.
Nelle partecipate ordinarie, invece, le selezioni sono più flessibili e seguono le regole del diritto societario, pertanto, rimane l’obbligo di trasparenza del TUSP, ma senza l’apparato rafforzato richiesto per l’in house.
Quando un Comune può affidare un servizio in house?
Nel nuovo Codice dei contratti pubblici la motivazione rafforzata è l’elemento decisivo che consente al Comune di scegliere l’in house. L’amministrazione è chiamata a dimostrare, (documentando) perché l’in house sia una soluzione adeguata o migliore rispetto al mercato.
“L’ente deve confrontare la proposta della società in house con ciò che offre il mercato”.
La valutazione deve essere concreta, con un confronto in termini di prezzi, condizioni operative e presenza di operatori qualificati. Inoltre, deve verificare anche le opportunità messe a disposizione da Consip o dagli aggregatori regionali, spiegando perché non garantiscono condizioni più vantaggiose. Solo dopo questo passaggio comparativo l’in house può essere ritenuta la scelta corretta.
Su questa scelta vigila l’ANAC, che dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice non gestisce più l’elenco delle società in house previsto dal vecchio art. 192 del d.lgs. 50/2016, ma interviene attraverso pareri, vademecum che aiutano le amministrazioni a motivare correttamente gli affidamenti diretti. Il controllo non si esaurisce al momento dell’affidamento, ma la società deve continuare a rispettare nel tempo i requisiti di controllo analogo e attività prevalente, mentre l’ente è tenuto a vigilare sulla sostenibilità economica del servizio e a correggere eventuali criticità.
Come segnalare irregolarità nelle società in house?
Quando una società in house non rispetta gli obblighi di trasparenza, presenta inefficienze evidenti o sembra sfuggire ai controlli dell’ente, il cittadino non è spettatore passivo. Proprio perché queste società operano come estensione dell’amministrazione, la legge mette a disposizione una serie di strumenti che permettono al cittadino di intervenire e segnalare irregolarità in modo efficace:
- FOIA per ottenere documenti e dati sulla gestione, in caso di risposta incompleta o ingiustificata, il cittadino può chiedere il riesame o rivolgersi al difensore civico o al TAR;
- segnalazione ad ANAC per irregolarità negli affidamenti o nella trasparenza;
- esposto alla Corte dei conti per criticità economiche o danno erariale.
- accesso civico semplice e verifica degli atti pubblicati dal Comune.
Cosa succede se una società in house entra in crisi?
Se una società in house entra in crisi, l’impatto ricade quasi sempre sull’ente socio, perché quella società gestisce servizi essenziali e non può essere lasciata fallire senza conseguenze sulla collettività. L’ente deve intervenire con piani di riequilibrio, ricapitalizzazioni o riorganizzazioni, sotto il controllo della Corte dei conti e del CCII. A differenza di una partecipata ordinaria che può essere liquidata o lasciata alla disciplina fallimentare senza obbligo di mantenere il servizio, perché non è strutturalmente integrata con la funzione pubblica. In altre parole:
“La crisi della società in house diventa subito crisi del servizio pubblico”.
La mancanza di confronto competitivo continuo, tipica degli affidamenti diretti, può favorire inefficienze o ritardi nell’innovazione. È qui che si concentra buona parte dei rilievi delle Sezioni regionali della Corte dei conti, che nei loro referti segnalano spesso disequilibri finanziari, piani industriali poco realistici o scarsa capacità di copertura dei costi, elementi che possono mettere in difficoltà i bilanci comunali.
Chi paga se una società in house fallisce?
La società risponde con il proprio patrimonio, come qualsiasi società di capitali. Tuttavia, poiché il socio è il Comune, eventuali perdite possono riflettersi sul bilancio pubblico attraverso ripiani, ricapitalizzazioni o tagli ai servizi. Non esiste un automatismo che trasferisce i debiti sui contribuenti, ma se l’ente decide di sostenere la propria società, l’impatto si traduce comunque su risorse pubbliche.
Lavorare in una società in house: che contratto hai e quanto è “sicuro” il posto?
In una società in house il rapporto di lavoro non è di pubblico impiego, ma è privato regolato da CCNL di settore (multiservizi, servizi ambientali, gas-acqua, trasporto pubblico, ecc.). La stabilità del posto dipende quindi dal contratto collettivo e dalla solidità della società, ma anche dal fatto che queste società gestiscono servizi essenziali che raramente possono essere interrotti o esternalizzati senza una decisione politica strutturata.
“L’in house offre un rapporto di lavoro privato ma stabile, perché legato a servizi essenziali; tuttavia non garantisce le stesse tutele e rigidità del pubblico impiego”.
I dipendenti comunali possono essere trasferiti da un ufficio all’altro, partecipare a progressioni verticali e orizzontali interne, rientrare nel comparto unico di contrattazione. Per gli in house non vale nulla di tutto questo. Inoltre le società in house possono assumere a tempo determinato con maggiore agilità rispetto ai Comuni.
Come funziona il licenziamento nelle società in house?
In primo luogo, per i lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 23/2015 (Jobs Act), vale il regime del contratto a tutele crescenti, ovvero, in caso di licenziamento illegittimo, l’indennizzo è predeterminato in base all’anzianità di servizio, con rarissime ipotesi di reintegrazione. Per chi è stato assunto prima, continuano ad applicarsi (in base alla qualificazione e alla dimensione dell’azienda) le tutele dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, più favorevoli sotto il profilo della stabilità.
Il percorso di licenziamento è quello del lavoro privato, con preavviso, contestazione e possibilità di impugnazione davanti al giudice. Non trovano applicazione le garanzie proprie del pubblico impiego, come la particolare rigidità disciplinare o i limiti stringenti alle riorganizzazioni interne.
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