Cosa provare per ottenere l’assegno divorzile?

Ilena D’Errico

28 Dicembre 2024 - 23:41

Ecco cosa bisogna provare in tribunale per ottenere il riconoscimento dell’assegno divorzile.

Cosa provare per ottenere l’assegno divorzile?

L’assegno di divorzio non è automaticamente riconosciuto all’ex coniuge più debole economicamente. Questo beneficio economico spetta soltanto a determinate condizioni e non dipende, come un tempo, dal criterio del tenore di vita. La Corte di Cassazione ha attualizzato la normativa in più occasioni, senza cambiare le regole ma indirizzando l’orientamento dei tribunali, superando ormai il concetto del tenore di vita. In altre parole, l’ex coniuge che guadagna di più non è tenuto a garantire all’altro il mantenimento della stessa ricchezza goduta durante il matrimonio.

Dovere che rimane, ovviamente, nei confronti dei figli. L’assegno divorzile assume così la funzione principale di garantire il sostentamento, ma non solo. Deve comunque avere una funzione compensativa, rispetto ai sacrifici professionali dell’ex coniuge. In particolare, si tratta delle scelte prese in comune accordo dalla coppia che hanno conseguenze a lungo termine sul futuro professionale ed economico del soggetto più fragile. Ecco perché assume particolare rilevanza anche la durata del matrimonio, insieme all’età degli ex coniugi.

In ogni caso, spetta all’ex coniuge che richiede l’assegno di divorzio provare le circostanze a favore del proprio diritto. In caso contrario, il giudice non potrà riconoscere questo beneficio. Molte persone commettono questo errore, trovandosi quindi sprovviste dell’assegno, almeno fino a una futura revisione. L’importanza dell’onere della prova è stata ricordata di recente dal tribunale di Piacenza, che ha appunto negato l’assegno al richiedente che non ha fornito prove in merito alle condizioni.

Come provare il diritto all’assegno divorzile

Come anticipato, l’assegno divorzile ha una funzione assistenziale e perequativo-compensativa. La funzione assistenziale serve appunto a garantire il sostentamento all’ex coniuge che non è autosufficiente dal punto di vista economico e non ha mezzi per raggiungere l’indipendenza. In tal proposito, sarà necessario documentare la propria situazione economica, l’assenza di rendite e le spese necessarie per vivere.

Da questo punto di vista l’onere è piuttosto facile da assolvere, visto che sarà sufficiente portare prova dei propri redditi. Sarà tuttavia necessario anche motivare il motivo per cui non è possibile raggiungere l’autosufficienza economica, che è ovviamente strettamente personale. Di solito, tuttavia, dipende dai seguenti fattori:

  • particolari condizioni di salute o disabilità:
  • età avanzata;
  • poca o nulla esperienza lavorativa in età molto adulta;
  • assenza di formazione o titoli di studio, sempre in età adulta.

Insomma, sarà necessario dimostrare che la mancata indipendenza non dipende da una colpa o dalla negligenza nella ricerca di lavoro, bensì dalla propria situazione personale. Ecco perché, fatta eccezione per i motivi gravi di salute, sarà utile cercare lavoro attivamente e provare così i propri sforzi.

L’assegno divorzile può però essere aumentato (o perfino riconosciuto anche all’ex coniuge autosufficiente dal punto di vista economico) per assolvere alla citata funzione perequativo-compensativa. Si tratta, in particolare, di un riconoscimento per l’impegno messo nella vita familiare, specialmente se si è trasformato in una maggiore ricchezza per l’altro ex coniuge. L’esempio più classico e ricorrente è quello della moglie che rinuncia alla carriera per occuparsi dei figli e della gestione domestica e/o per aiutare il marito nelle proprie aspirazioni professionali.

Non si tratta di circostanze particolarmente difficili da provare, bensì la parte più complicata riguarda un altro elemento essenziale ai fini dell’assegno divorzile: l’accordo tra i coniugi nella scelta. Il sacrificio professionale deve infatti essere frutto di un comune accordo tra i coniugi, altrimenti non è rilevante. Se l’ex coniuge nega questa ipotesi è ovviamente complicato, ma la Cassazione ha riconosciuto di poter assolvere questo obbligo documentando le occasioni perse e l’arricchimento familiare. L’accettazione dell’altro coniuge, inoltre, è di norma sufficiente a provare il consenso.

Come tradurre questi principi nella pratica? Continuando l’esempio di prima, l’ex moglie potrebbe dimostrare di aver smesso di lavorare o rinunciato a offerte di lavoro, mostrando parimenti che il marito ha potuto così dedicare più tempo e denaro alla propria professione. In questo modo, l’onere della prova contraria si sposterà sull’altro coniuge, se dovesse negare il comune accordo nella scelta. Dichiarazioni testimoniali e sms, inoltre, sono sempre un valido supporto in proposito.

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