Cosa paga una partita Iva?

Paolo Ballanti

11 Maggio 2022 - 17:31

condividi

Quali tributi paga una partita Iva? Ci sono differenze tra regime ordinario e forfettario? Guida completa per capire costi e adempimenti richiesti dalla legge

Cosa paga una partita Iva?

Cosa si paga quando si apre una partita Iva? Tra denunce fiscali, costi per pratiche in Camera di commercio e consulenze professionali, la decisione di compiere il «grande passo» e lanciarsi nel mondo delle partite Iva può spaventare e scoraggiare molte persone.

Prima di intraprendere questa strada è importante analizzare in modo completo e accurato quali sono i costi di gestione e di apertura di una partita Iva; è bene valutare le spese quotidiane, se ce ne sono, e non dimenticare gli appuntamenti fissi con le dichiarazioni dei redditi e i versamenti con modello F24.

Senza contare che è importante valutare tutte le differenze tra regime ordinario e forfettario, una scelta che quanti abbracciano il mondo del lavoro autonomo sono tenuti a fare. Ecco quanto costa la gestione e l’apertura di una partita Iva.

Quanto costa e come aprire una partita Iva

Aprire una partita Iva è una pratica che, se svolta personalmente, non ha alcun costo. Discorso diverso se ci si affida a professionisti del settore. In tal caso, oltre a una valutazione preliminare sull’opportunità di aprire o meno la partita Iva si aggiungono i costi legati alle pratiche amministrative.

I contribuenti persone fisiche che non sono tenuti a iscriversi nel Registro imprese o nel REA (Registro delle notizie economiche e amministrative), per aprire la partita Iva devono trasmettere all’Agenzia Entrate il modello AA9/12, entro 30 giorni dalla data di inizio attività. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche il modello da utilizzare è l’AA7/10.

Modello AA9/12
clicca qui per scaricare il documento

Il documento (AA9/12 o AA7/10) può essere inviato all’Agenzia delle Entrate, in alternativa:

  • in duplice copia presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia;
  • in un’unica copia a mezzo raccomandata (diretta a qualsiasi ufficio AE), allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante;
  • in via telematica direttamente dal contribuente o tramite un intermediario abilitato.

Come sopra anticipato, per le imprese l’apertura della partita Iva avviene con il canale telematico «Comunicazione Unica».

Grazie al software gratuito «ComUnica Impresa» è possibile infatti:

  • chiedere l’attribuzione del codice fiscale e della partita Iva;
  • assolvere gli adempimenti Inps ai fini previdenziali;
  • assolvere gli adempimenti Inail ai fini assicurativi;
  • iscrivere l’impresa nel Registro Imprese e nel R.E.A.

Cosa paga una partita Iva forfettaria

Gli operatori economici di piccole dimensioni che rientrano nel regime forfettario agevolato non addebitano l’Iva in fattura ai clienti e non detraggono l’imposta dovuta sugli acquisti.

Si segnala inoltre, nell’ambito delle semplificazioni burocratiche, l’esonero dall’obbligo di liquidazione e versamento dell’Iva, eccezion fatta per l’imposta calcolata sulle fatture di acquisto intra Ue che eccedono la soglia annua di 10 mila euro, nonché per le operazioni in cui il contribuente è debitore in base al meccanismo del reverse charge. A livello di tassazione sui redditi, il regime forfettario sconta un’imposta sostitutiva di Irpef, addizionali regionali e comunali ed Irap pari al 5%.

L’aliquota in questione, da applicare sul reddito imponibile, è elevata dopo i primi cinque anni di attività al 15%, al pari delle attività già esistenti che aderiscono al regime forfettario.

All’imposta sostitutiva si aggiungono poi:

  • i costi legati ai contributi previdenziali da versare al’Inps o ad un’altra cassa/ente previdenziale;
  • le spese per la consulenza e l’assistenza dei professionisti (commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro, ad esempio) per assolvere gli adempimenti burocratici;
  • le eventuali spese di iscrizione alla Camera di Commercio (se ne ricorre l’obbligo) e il diritto camerale da versare ogni anno;
  • il costo per l’apertura della Posta Elettronica Certificata (PEC) e il rilascio della firma digitale.

Cosa paga una partita Iva in regime ordinario

Nel regime ordinario l’Iva dovuta varia in base a:

  • valore dell’operazione soggetta all’imposta (cosiddetta «base imponibile») pari all’ammontare dei corrispettivi dovuti al fornitore;
  • aliquota percentuale da applicare sulla base imponibile (cosiddetta «aliquota Iva»).

Grazie al calcolo della percentuale (aliquota) sulla base imponibile si ottiene l’Iva dovuta.

In generale, le operazioni scontano un’aliquota ordinaria del 22%, eccezion fatta per una serie tassativa di ipotesi in cui si applicano le percentuali ridotte del 4, 5 e 10% (elencate nella tabella A allegata al d.p.r. n. 633/1972).

Dall’Iva calcolata per le operazioni effettuate in favore dei clienti (cosiddetta Iva «a valle») dev’essere poi sottratta la stessa imposta versata sugli acquisti e le importazioni (cosiddetta Iva «a monte»). La differenza Iva «a valle» - Iva «a monte» determina l’imposta dovuta o il credito spettante, da indicare nelle denunce periodiche.

Ulteriori costi sono rappresentati, oltre che dall’Iva, da Irpef, contributi Inps, oneri dovuti alle Camere di commercio (iscrizione e diritti camerali) e consulenze dei professionisti, al pari dei contribuenti forfettari.

Quali e quanti contributi si pagano su una Partita Iva


Le partite Iva devono farsi carico, a seconda dei casi, dei contributi dovuti alle rispettive Casse di previdenza dei liberi professionisti (calcolati secondo i singoli statuti e regolamenti) ovvero all’Inps - Gestione Separata.

Quest’ultima opera nei confronti dei lavoratori autonomi non iscritti ad altri enti né pensionati, secondo aliquote aggiornate annualmente con apposita circolare. Per l’anno 2022 si fa riferimento alla Circolare dell’11 febbraio 2022 numero 25, con cui l’Istituto ha comunicato l’aliquota del 26,23%, da applicare sui compensi imponibili.

Ogni quanto si pagano le tasse con una partita Iva?

La liquidazione dell’Iva a debito avviene di regola con cadenza mensile. Questo significa che entro il giorno 16 di ogni mese, il contribuente è tenuto a determinare la differenza tra Iva sulle vendite effettuate nel mese precedente ed Iva su beni e servizi acquistati da portare in detrazione, con riferimento allo stesso periodo.

Al contrario, possono optare per la liquidazione trimestrale:

  • i contribuenti «minori», con un volume d’affari inferiore a 400 mila euro, realizzato l’anno precedente, se esercenti arti e professioni o imprese che effettuano prestazioni di servizi (limite elevato a 700 mila euro per tutte le altre realtà d’impresa);
  • i contribuenti cosiddetti «trimestrali speciali» di cui all’articolo 74 comma 4 del D.P.R. n. 633/1972).

In tal caso i versamenti sono effettuati entro il giorno 16 del secondo mese successivo il trimestre di riferimento: 16 maggio, 16 agosto, 16 novembre. Nelle ipotesi di coincidenza del giorno 16 con il sabato o un giorno festivo, il versamento (da effettuarsi con modello F24 telematico) si considera tempestivo se eseguito entro il giorno lavorativo immediatamente successivo.

La liquidazione definitiva dell’Iva, riguardante l’intero anno solare, avviene in sede di presentazione della dichiarazione annuale. In questa occasione la differenza positiva tra Iva a debito e Iva a credito (acquisti e importazioni), relativa al periodo d’imposta precedente, è versata (sempre con modello F24) entro il 16 marzo di ciascun anno.

Acconti partita Iva: cosa sono?


Entro il giorno 27 del mese di dicembre di ogni anno, è previsto il versamento, con modello F24 telematico, di un acconto Iva calcolato, in alternativa:
- *con il metodo storico, in cui l’acconto è pari all’88% di quanto versato per il mese di dicembre (per chi paga l’IVA mensilmente) o per il quarto trimestre (Iva trimestrale) dell’anno precedente;

  • con il metodo previsionale, assumendo come acconto l’88% della minor Iva che si presume di totalizzare rispetto a quanto versato per il mese di dicembre o il quarto trimestre dell’anno precedente;
  • con il metodo effettivo, in cui l’acconto corrisponde (al 100%) all’Iva dovuta sulle operazioni realmente effettuate al 20 dicembre (in caso di affidamento a terzi della contabilità, il contribuente mensile determina l’acconto al 66% dell’imposta dovuta per il mese di dicembre).

Oltre all’esonero dal versamento dell’acconto, previsto se l’importo calcolato è inferiore a 103,29 euro, lo stesso non è dovuto (indipendentemente dalla somma) dai soggetti che:

  • hanno interrotto l’attività entro il 30 novembre dell’anno in corso (se soggetti ad Iva mensile) ovvero entro il 30 settembre (con Iva trimestrale);
  • hanno iniziato l’attività nell’anno in corso;
  • hanno realizzato l’anno precedente un credito d’imposta o un debito di importo inferiore ad euro 117,38;
  • valutano di concludere l’anno in corso con un credito o un debito inferiore ad euro 117,38;
  • fanno ricorso al regime Iva forfettario;
  • possiedono i requisiti per fruire del regime di esonero garantito agli agricoltori (con rinuncia al regime ordinario) ed hanno esercitato l’opzione per essere dispensati dagli adempimenti Iva;
  • applicano il regime forfettario per le attività dello spettacolo e dell’intrattenimento.

Iscriviti a Money.it