Tutte le grandi potenze corrono a riarmarsi, con il rischio di vedere il debito esplodere. L’allarme è duplice per i Paesi Nato, Italia compresa: insicurezza e conti pubblici in profondo rosso.
Una nuova era di riarmo globale è iniziata, con i Paesi Nato sempre più pressati affinché arricchiscano il loro bilancio destinato alla difesa.
Qualsiasi cambiamento, al rialzo, delle spese nazionali destinate al settore della sicurezza militare comporterà costi ingenti e alcune decisioni difficili per i governi occidentali già alle prese con finanze pubbliche poco in ordine. Per questo, l’ipotesi estrema di un aumento al 4% del Pil destinato alla difesa da parte dei membri dell’organizzazione ha fatto scattare l’allarme: la sfrenata corsa al riarmo farà esplodere il già troppo gonfio debito dei Paesi sviluppati e, in generale, del mondo?
La possibilità non è esclusa e getta ombre sul percorso di crescita piuttosto accidentato a livello globale. Se, infatti, da una parte aumentano i motivi di insicurezza con le due guerre in corso e con la tensione Usa-Cina ai massimi livelli, dall’altra un mondo polarizzato dedito ad accrescere la forza militare piuttosto che le vie diplomatiche spaventa. Non solo a livello politico e sociale, ma anche nell’ambito economico e finanziario.
La bolla del debito può davvero esplodere se innescata dalla miccia di una spesa militare crescente. I membri Nato, Italia compresa, rischiano grosso. Ecco perché.
$10.000 miliardi di spesa militare faranno esplodere il debito?
Nonostante la spesa mondiale per la difesa abbia raggiunto la cifra record di 2.200 miliardi di dollari l’anno scorso, le nazioni dell’Unione Europea hanno appena iniziato a valutare ulteriori spese.
La necessità di garantire la sicurezza nel 21° secolo con una Russia aggressiva che si agita ai loro confini orientali, un Medio Oriente instabile e l’espansione delle forze armate cinesi verso il Pacifico crea tensione per i Paesi Nato e suggerisce di agire con maggiore determinazione. Tradotto: sborsare più risorse per difendere i propri confini sta diventando una scelta politica obbligatoria.
I funzionari concentrati sulla sicurezza affermano che i bilanci militari potrebbero dover emulare la spesa della Guerra Fredda fino al 4% per realizzare i piani dell’alleanza.
Se gli Stati Uniti e i loro alleati del G7 dovessero raggiungere tali livelli, ciò equivarrebbe a più di 10mila miliardi di dollari di impegni aggiuntivi nel prossimo decennio, secondo i calcoli di Bloomberg Economics.
Le minacce che arrivano da Russia e Cina stanno quindi spingendo i leader occidentali ad affrontare i problemi relativi a tasse, welfare e indebitamento pubblico in concomitanza con il ritorno della competizione tra grandi potenze.
L’analisi di Bloomberg Economics mostra come il crescente onere della preparazione alla guerra creerà un nuovo paradigma fiscale per la maggior parte dei membri della Nato. Anche solo il raggiungimento del minimo del 2% del Pil annuo previsto dall’Alleanza per le spese militari bloccherebbe gran parte del consolidamento del debito post-pandemia dell’Ue. Arrivare al 4% spingerebbe i Paesi più deboli del blocco a fare scelte dolorose tra livelli ancora più profondi di indebitamento, tagli significativi in altre parti del bilancio, oppure aumenti delle tasse.
Francia, Italia e Spagna sarebbero particolarmente esposte se la spesa aggiuntiva fosse finanziata attraverso i mercati obbligazionari, con il debito pubblico italiano che salirebbe al 179% della produzione entro il 2034 dal 144% di quest’anno.
Anche gli Stati Uniti, che stanno già stanziando il 3,3% del loro Pil annuo per la difesa, vedrebbero aumentare i prestiti dal 99% al 131% nei prossimi dieci anni se spingessero il budget militare al 4%.
Le dolorose implicazioni potrebbero emergere quando il FMI pubblicherà le previsioni aggiornate sul debito la prossima settimana durante le sue riunioni primaverili. I suoi funzionari hanno già detto ai Paesi di iniziare gradualmente a ricostruire i buffer fiscali in un contesto di crescita che probabilmente sarà più debole nei prossimi cinque anni rispetto a prima della pandemia.
Nonostante lo scenario preoccupante, è comunque improbabile che i membri della Nato accettino un fermo impegno a spendere fino al 4% del Pil per la difesa in tempi brevi. Lo scorso anno avevano concordato almeno il 2%, ma anche questo ha suscitato un intenso dibattito. Tuttavia, i venti di guerra e la corsa al riarmo sono reali e rappresentano concrete minacce alla già debole situazione finanziaria occidentale.
Tutti contro tutti, più armi meno soldi?
Mentre le guerre in Ucraina e Gaza hanno focalizzato l’attenzione sull’Europa e sul Medio Oriente, l’aumento dei budget militari è un fenomeno globale.
La spesa per la difesa della Cina crescerà del 7,2% nel 2024, il massimo in cinque anni. Secondo l’analisi della società di intelligence della difesa Janes, la Malesia supera le proiezioni di crescita anno su anno per 22 nazioni dell’Asia-Pacifico con un aumento del 10,2% e una spesa totale di 4,2 miliardi di dollari quest’anno. Segue una crescita dell’8,5% per le Filippine con 6,6 miliardi di dollari.
Negli Stati Uniti, l’amministrazione del presidente Joe Biden richiederà un aumento dell’1% per un budget militare che già fa impallidire quello di qualsiasi altra nazione e Matthew Kroenig del Consiglio Atlantico afferma che potrebbe essere necessario raddoppiarlo in percentuale del Pil.
Come un mondo militarizzato possa conciliarsi con entrate fiscali limitate e bisogni sempre maggiori di risorse per welfare e salute è destinata a diventare una scottante questione politica negli anni a venire. Con implicazioni economiche, sociali, politiche e morali.
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