Coronavirus: sperimentare vaccino in Africa? Il colonialismo duro a morire

Violetta Silvestri

07/04/2020

03/06/2021 - 17:00

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Sperimentare il vaccino contro il coronavirus in Africa? La provocazione avanzata da un medico e un ricercatore francesi ha suscitato sdegno. Nella lotta alla COVID-19 sembra che razzismo e approccio colonialista persistano.

Coronavirus: sperimentare vaccino in Africa? Il colonialismo duro a morire

Ha suscitato - e a ragione - forti polemiche e indignazione il dialogo tra due medici francesi sulla sperimentazione del vaccino contro il coronavirus in Africa.

Appena pochi giorni fa, infatti, un ricercatore e un primario parigini hanno accolto l’ipotesi di utilizzare proprio gli africani, così vulnerabili e purtroppo esposti alla COVID-19, come “cavie” per provare gli effetti di nuovi vaccini.

Dichiarazioni chiare, per le quali i protagonisti hanno già fatto un passo indietro chiedendo scusa per eventuali equivoci interpretativi. Il legame con un approccio colonialista e razzista, però, è subito emerso, mettendo in evidenza quanto ancora oggi, nel pieno di un’emergenza globale, ci siano forti disuguaglianze. E, soprattutto, quanto ancora sia viva una mentalità legata alla superiorità occidentale.

Le voci di protesta si sono levate da diverse parti del mondo, con l’OMS in primo piano a denunciare tali parole inaccettabili nel ventunesimo secolo, che conservano ancora il sapore del colonialismo.

Sperimentare il vaccino in Africa: la provocazione “razzista”

Nel disperato tentativo di accelerare i tempi sul vaccino contro il coronavirus accade anche questo: considerare alcuni popoli delle cavie da laboratorio.

Un ragionamento ai limiti dell’assurdità, che però si è palesato durante una trasmissione televisiva francese. Protagonisti un ricercatore dell’Istituto Inserm di Lille, Camille Locht, e il capo del reparto di rianimazione all’ospedale Cochin di Parigi, Jean-Paul Mira.

Il medico ha suggerito: “Se posso essere provocatorio, non si potrebbe fare questo studio - sul vaccino - in Africa, dove non ci sono mascherine, dove non ci sono trattamenti, dove non c’è rianimazione, un po’ come si è fatto, del resto, per alcuni studi riguardanti l’Aids?”.

Il ricercatore ha subito accolto la discutibile proposta: “Ha ragione, del resto, si sta riflettendo in parallelo a uno studio in Africa con uno stesso approccio, il che non impedisce di riflettere ugualmente a uno studio in Europa e in Australia.”

Le affermazioni hanno fatto il giro del mondo, suscitando dure polemiche contro quello che è stato letto come un rigurgito colonialista e razzista.

Il Governo francese ha preso le distanze e l’istituto di ricerca Inserm ha diffuso una nota per ricordare l’importanza delle ricerche contro il coronavirus anche in Africa.

L’indignazione del mondo sul test vaccino in Africa

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha usato parole molto dure e di condanna netta contro le esternazioni francesi:

“Questa mentalità colonialista deve finire. È stato orribile sentire affermazioni del genere da scienziati nel ventunesimo secolo. L’OMS condanna con forza e assicura che questo non succederà mai.”

Voci di dissenso contro l’approccio razzista sono arrivate da più parti, come il mondo dell’associazionismo e quello politico.

Anche lo sport si è mobilitato. I calciatori africani Didier Drogba, Samuel Eto’o, Demba Ba e Christian Atsu hanno fatto sentire il loro sdegno sui social, parlando di vergogna per aver considerato un continente e un popolo come un laboratorio con le sue cavie.

Come ribadito dall’OMS, si spera che un vaccino contro la COVID-19, che il mondo intero auspica sia pronto a breve, possa essere utilizzato su tutti indistintamente, con regole uguali per ogni parte del mondo.

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