Il FMI analizza come la Corea abbia trasformato la politica industriale in crescita sostenibile, mentre il Brasile ha fallito. Oggi gli USA rischiano di ripetere gli stessi errori.
Non c’è alcun dubbio che una combinazione di sussidi governativi e tariffe o altre restrizioni alle importazioni possa favorire un’industria domestica specifica e mirata. Ma quando si parla di politica industriale, la questione è se i costi di tale politica producano benefici per l’intera economia, concentrandosi su un settore che favorisca futuri aumenti di produttività grazie all’apprendimento tecnologico continuo e alle economie di scala, oppure se la politica industriale avvantaggi solo alcune imprese nazionali ben collegate, imponendo costi — sia di bilancio sia dovuti a risorse mal allocate — al resto dell’economia interna.
Il rapporto di ottobre 2025 del World Economic Outlook pubblicato dal FMI dedica un capitolo a “Politica industriale: gestire i compromessi per promuovere la crescita e la resilienza.” Il rapporto del FMI considera una combinazione di modelli teorici e studi empirici. Qui mi concentrerò sulla discussione del rapporto riguardo alle lezioni tratte da due economie: la Corea, spesso considerata un successo della politica industriale, e il Brasile, che invece non lo è.
Per il confronto tra Corea e Brasile, il rapporto afferma (note omesse): [...]
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