Congedo di maternità lavoratrici dipendenti: durata, importi e invio della domanda

Redazione Lavoro

14 Febbraio 2022 - 15:51

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Congedo di maternità INPS, le regole per le lavoratrici dipendenti: tutto quello che c’è da sapere su durata, importi e invio della domanda.

Congedo di maternità lavoratrici dipendenti: durata, importi e invio della domanda

Quando si parla di congedo di maternità si fa riferimento a quel periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che viene riconosciuto nei casi di nascita del figlio, oppure per adozioni e preaffidamenti.

Il congedo di maternità rientra in un insieme più vasto di tutele per la maternità, spettanti - ad esempio - anche alle lavoratrici autonome e per quelle iscritte alla Gestione Separata. Per queste, però, non vi è l’obbligo di astenersi dall’attività lavorativa nei giorni coperti dal congedo, differentemente da quanto invece previsto per le loro “colleghe” subordinate.

Il congedo di maternità viene istituito sulla base di quanto stabilito dall’articolo 16 del Testo unico sulla maternità e paternità (dlg.s. 151/2001), dove si legge che è vietato adibire al lavoro le donne “durante i due mesi precedenti la data presunta del parto”, così come pure “durante i tre mesi dopo il parto”. Lo stesso articolo tutela anche il periodo che va dalla data presunta alla data effettiva del parto.

Vi è però un successivo articolo 20 che invece riconosce alla lavoratrice la possibilità di godere del congedo di maternità in forma flessibile, ritardandone - con parere positivo del medico - la data di inizio (e di conseguenza anche quella di fine).

Di seguito faremo chiarezza su come funziona oggi il congedo di maternità, con tutte le regole aggiornate al 2022 (anche se va detto che non ci sono state novità nell’ultimo anno). In particolare, ci soffermeremo sulla durata del congedo di maternità, così come sulle diverse modalità di fruizione e sugli importi della relativa indennità riconosciuta nel periodo tutelato.

Congedo di maternità: cos’è

Il congedo di maternità è conosciuto anche come astensione obbligatoria per maternità oppure come aspettativa per maternità, quindi occorre non fare confusione perché si tratta di sinonimi.

Per la maternità è obbligatorio rispettare il periodo di astensione dal lavoro, poiché si tratta di un diritto al quale nessuna lavoratrice può rinunciare.

Durante la maternità la lavoratrice percepisce un’indennità economica pagata dall’INPS in sostituzione della retribuzione.

Tuttavia per le lavoratrici dipendenti l’assegno di maternità può essere integrato anche dal datore di lavoro, secondo i parametri previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di riferimento.

Congedo di maternità: a chi spetta

Ma a chi spetta il congedo di maternità? Ne hanno diritto tutte le lavoratrici (e non solo). Possono beneficiare infatti del congedo di maternità le:

  • lavoratrici dipendenti del settore privato (operaie, apprendiste, impiegate, dirigenti);
  • le lavoratrici autonome;
  • le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’INPS;
  • in alcuni casi, anche le madri cessate o sospese dall’attività lavorativa (clicca qui per ulteriori chiarimenti).

Qualora dovessero riscontrarsi cause d’impedimento all’astensione lavorativa della madre, a beneficiare del diritto di congedo sarà il padre. Per quanto riguarda il congedo di paternità obbligatorio ricordiamo che questo è ormai salito a 10 giorni.

Se da una parte il congedo di maternità è obbligatorio, dopo i 5 mesi c’è la possibilità di fruire di quello facoltativo. Più che di congedo di maternità facoltativo occorre parlare di congedo parentale perché utilizzabile da entrambi i genitori entro i 12 anni del figlio e retribuito al 30%.

Congedo di maternità per lavoratrici dipendenti

Il congedo di maternità spetta nel dettaglio:

  • alle lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS anche per la maternità (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
  • alle disoccupate o sospese, ma solo se ricorrono alcune condizioni previste dall’art. 24 T.U;
  • alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.);
  • alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno 26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.);
  • alle lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.);
  • alle lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.);

  • alle lavoratrici assicurate ex IPSEMA.

Quanto dura il congedo di maternità?

Il congedo di maternità obbligatorio ha una durata di 5 mesi, e la lavoratrice può scegliere di fruirne distribuendo le mensilità in modo flessibile sulla base di tre diversi schemi:

  • 2 mesi prima della data presunta del parto e 3 mesi successivi alla nascita del figlio.
  • 1 mese precedente al parto e 4 successivi. In questo caso quindi la donna incinta dovrà lavorare fino all’ottavo mese di gravidanza, e per farlo è necessario il certificato medico rilasciato dal medico aziendale o dal ginecologo che attesta che questa scelta non provocherà alcun danno alla salute né della mamma e né del bambino;
  • 5 mesi dopo il parto. Questa è la novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 con la quale è stato concesso alle lavoratrici di utilizzare tutto il periodo del congedo dopo il parto, così da poter dedicare più tempo al figlio. Questo, al pari di quanto previsto per l’opzione precedente, è possibile solo quando il medico specialista del SSN e quello competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che questa opzione “non comporta pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro”. La circolare INPS n.148 del 12 dicembre 2019 - che trovate in allegato - dà disposizioni in merito per tutte le tipologie di lavoratrici che volessero usufruire dell’opzione.
Circolare INPS n.148 del 12 dicembre 2019
Circolare INPS n.148 del 12 dicembre 2019 che ha per oggetto istruzioni operative sul periodo indennizzabile di maternità. Facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso.

Posticipare l’inizio del periodo di congedo

La legge 151/2001 - precisamente con l’articolo 20 - riconosce alla lavoratrice una sorta di flessibilità per l’astensione obbligatoria, ovvero la possibilità posticipare il congedo di maternità utilizzando anziché la formula 2+3 quella 1+4 o 0+5 dal 2019.

Di conseguenza la lavoratrice andrà in maternità 1 mese prima dalla data presunta del parto e potrà restare a casa per i 4 mesi successivi, o anche potrà decidere di godere dell’intero periodo di astensione successivamente al parto.

Come abbiamo visto in precedenza però, c’è una condizione fondamentale per accedere a questa flessibilità e posticipare così il congedo parentale dopo il parto e vale a dire il medico deve accertare che non vi sia pericolo per la salute della madre e del bambino.

A tal proposito, si può posticipare la maternità quando si verificano i seguenti presupposti (indicati dal Ministero del Lavoro nella circolare 43/2000):

  • assenza di condizioni patologiche che configurino un rischio per mamma e nascituro;
  • assenza di un provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro da parte della competente Direzione provinciale del lavoro
  • assenza di un pregiudizio alla salute di mamma e nascituro a causa di mansioni svolte, ambiente di lavoro o orario di servizio;
  • assenza di controindicazioni allo stato di gestazione riguardo alle modalità per il raggiungimento del posto di lavoro.

Qualora sussistano queste condizioni, quindi, la futura mamma sarà comunque obbligata a smettere di lavorare per 5 mesi, ma potrà posticipare il congedo a 1 mese prima della data presunta parto o direttamente dopo la nascita del figlio.

In ogni caso è importante ricordare che indipendentemente dalla modalità di fruizione la domanda per il congedo di maternità va presentata comunque entro i due mesi precedenti al parto.

Casi eccezionali

In linea generale il periodo del congedo di maternità è di 5 mesi, ma ci sono anche dei casi eccezionali in cui la durata può subire delle variazioni. Ecco quali sono:

  • parto prematuro: in questo caso la lavoratrice può fruire non solo dei 3 mesi regolari previsti dall’attuale normativa, ma anche dei giorni precedenti al parto non goduti. Nel caso in cui la lavoratrice abbia fatto richiesta per godere del congedo di maternità interamente nei 5 mesi dopo il parto, la circolare INPS che abbiamo riportato chiarisce che per il parto fortemente prematuro, e quindi avvenuto prima dell’ottavo mese di gravidanza, la lavoratrice può godere di un congedo che comprenda i giorni goduti dopo il parto e anche il periodo calcolato a partire dalla data presunta del parto;
  • interruzione di gravidanza: nel caso in cui una gravidanza si interrompa dopo i 180 giorni dall’inizio della gestazione, alla lavoratrice spettano comunque 5 mesi di maternità. Questo perché la legge italiana considera le interruzioni post 180 giorni dalla gestazione come delle vere e proprio gravidanze. In questo caso comunque la donna può decidere di tornare a lavoro anche prima dei 5 mesi;
  • adozioni e affidi: per le adozioni e gli affidi, anche se internazionali, il congedo di maternità spetta per i 5 mesi successivi all’ingresso del minore nella famiglia. Sono compresi nel congedo di maternità anche i periodi di permanenza all’estero utili per espletare tutte le pratiche per l’adozione.

Nessuna agevolazione, invece, per i parti gemellari. In questo caso quindi il congedo di maternità è sempre di 5 mesi.

Quanto spetta per il congedo di maternità?

Con il congedo di maternità spetta un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga scaduto immediatamente precedente l’inizio del congedo di maternità quindi, di regola, sulla base dell’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (art. 22 e seguenti del T.U.).

In questa indennità, sono compresi anche:

  • rateo giornaliero;
  • tredicesima;
  • quattordicesima (nei casi in cui è prevista dal contratto);
  • premi e trattamenti accessori (se previsti dal contratto).

Inoltre, come abbiamo detto, alcuni contratti collettivi possono stabilire che il datore di lavoro debba integrare l’importo previsto per la maternità, fino a raggiungere il 100% dell’ordinaria retribuzione. Inoltre sono a carico del datore di lavoro anche le festività cadenti durante il periodo del congedo.

Congedo di maternità parto prematuro

Cosa succede se il parto è prematuro? In questo caso, come chiarito dall’INPS con la circolare n. 69 del 29 aprile 2016, il congedo può essere prolungato, ma solo se il parto è anticipato di oltre due mesi.

Come noto infatti il D.Lgs. 151 del 2001, Testo Unico delle norme a sostegno della maternità e della paternità, è stato modificato nel 2015 quando sono state introdotte una serie di novità in via sperimentale che oggi sono ancora operative.

Le nuove disposizioni si applicano a tutti i casi coincidenti o successivi al 25 giugno 2015, mentre per gli eventi antecedenti l’INPS precisa che sarà riconosciuta l’indennità di maternità anche per gli ulteriori giorni di congedo purché la lavoratrice si sia effettivamente astenuta dal lavoro nei giorni indennizzabili.

Come chiarito dall’INPS, i casi di parto fortemente prematuro sono quelli che si verificano prima dei 2 mesi antecedenti la data presunta del parto, vale a dire prima dell’inizio del congedo ordinario.

In caso di parto fortemente prematuro, come ha previsto la riforma, la durata del congedo di maternità delle lavoratrici dipendenti e iscritte alla Gestione separata sarà maggiore, aggiungendo ai 3 mesi post partum tutti i giorni compresi tra la data del parto fortemente prematuro e la data presunta del parto, risultando così una durata superiore rispetto al precedente periodo di 5 mesi.

Lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e part-time

In questo caso il beneficio spetta a: lavoratrici a progetto, associate in partecipazione, libere professioniste senza cassa, venditori porta a porta, percettori di assegni di ricerca, ecc.), assicurate esclusivamente all’Inps per la maternità.

Condizione necessaria per ottenere l’indennità è che vi sia l’effettivo accreditamento di almeno tre mensilità della contribuzione maggiorata nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile per maternità.

Le libere professioniste iscritte alla gestione separata INPS non hanno tale obbligo di astensione; tuttavia la permanenza al lavoro comporta la perdita del diritto all’indennità di maternità.

La durata del congedo di maternità è la stessa indicata nel caso delle lavoratrici dipendenti: 2 mesi, salvo flessibilità, per i mesi precedenti la data presunta del parto più il periodo di interdizione anticipata prevista in casi particolari; 3 mesi, salvo flessibilità e interdizione prorogata per i mesi successivi al parto.

La circolare INPS n.148 chiarisce che le lavoratrici iscritte alla gestione separata che vogliano usufruire di tutta la maternità nei 5 mesi dopo il parto devono darne comunicazione all’Istituto entro l’ottavo mese di gravidanza.

Lo stesso vale per il padre iscritto alla gestione separata che nel caso di infermità, morte, abbandono della madre o affidamento esclusivo, ha diritto ai 5 mesi di congedo dopo il parto, nonché alla parte residua di indennità.

Nel caso invece delle lavoratrici con contratto di lavoro part-time nella circolare l’INPS precisa che, nel caso di part-time verticale o misto, anche per la scelta di usufruire del congedo di maternità interamente nei 5 mesi dopo il parto, l’Istituto eroga il contributo per il periodo di pausa lavorativa, sempre in proporzione allo stipendio della lavoratrice e alle ore stabilite dal contratto.

Se la lavoratrice ha più di un contratto di lavoro part-time la decisione di avvalersi del congedo di maternità interamente dopo il parto vale per entrambi i lavori; anche in caso di interdizione dal lavoro per una delle due occupazioni, la lavoratrice non può per l’altro avvalersi del congedo di maternità interamente post partum.

Lavoratrici autonome

[Il congedo di maternità spetta anche alle lavoratrici autonome. Fanno parte di questa categoria professionale e hanno diritto al congedo di maternità:

  • commercianti;
  • artigiane;
  • coltivatrici dirette;
  • colone e mezzadre;
  • imprenditrici agricole professionali.

Fondamentale è l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale per verificare il possesso della qualifica di lavoratrice autonoma ed essere in regola con il versamento dei contributi anche per i mesi compresi nel periodo di maternità.

L’indennità può essere richiesta anche in caso di iscrizione successiva, rispetto al periodo indennizzabile, alla propria gestione previdenziale (se l’iscrizione è avvenuta entro i termini di legge, ossia 30 giorni dall’inizio dell’attività per artigiani e commercianti e 90 giorni dall’inizio dell’attività; negli altri casi, l’indennità viene concessa per intero se l’inizio dell’attività è precedente alla gravidanza, invece spetta solo per il periodo successivo se l’attività è cominciata dopo.

Se l’iscrizione è avvenuta dopo i termini di legge l’indennità di maternità spetta a partire dalla domanda di iscrizione alla gestione previdenziale).

In caso di parto, la lavoratrice ha diritto ad un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda del tipo di lavoro autonomo svolto.

Lavoratrici disoccupate

In alcuni casi l’assegno di maternità spetta anche alle lavoratrici disoccupate, ma solo se soddisfano i seguenti requisiti:

  • disoccupate o sospese da meno di 60 giorni;
  • disoccupate o sospese da più di 60 giorni ma con diritto all’indennità di disoccupazione Naspi o all’indennità di mobilità;
  • disoccupate da oltre 60 giorni e meno di 180, non assicurate contro la disoccupazione, in possesso del requisito di 26 contributi settimanali nel biennio precedente l’inizio della maternità;
  • sospese da oltre 60 giorni con diritto alla cassa integrazione guadagni;
  • lavoratrici agricole a tempo determinato (Otd) con almeno 51 giornate di lavoro prestato nell’anno precedente ovvero nell’anno in corso prima dell’inizio della maternità.

La circolare dell’INPS di recente pubblicazione chiarisce che le lavoratrici che sono disoccupate all’inizio del congedo di maternità non possono richiedere la maternità solo per i 5 mesi successivi al parto.

Come presentare la domanda per il congedo di maternità 2022

La domanda di congedo di maternità deve essere presentata all’INPS telematicamente 2 mesi prima dell’inizio del congedo (le lavoratrici autonome trasmettono la domanda telematica a parto avvenuto) e non oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile. Entro 30 giorni devono comunicare la data del parto e le generalità del figlio.

È inoltre necessario presentare in forma cartacea il certificato medico e ogni altra certificazione medico-sanitaria richiesta.

Nella circolare n.148 l’INPS chiarisce che la predetta documentazione sanitaria deve essere acquisita dalla lavoratrice nel corso del settimo mese di gravidanza e deve attestare l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto o fino all’evento del parto qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta.

Per inoltrare la richiesta si devono utilizzare i seguenti canali:

  • Web – Servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN rilasciato dall’INPS prima del 1° ottobre 2020, o anche con SPID, CIE o CNS, attraverso il portale dell’Istituto (clicca qui);
  • Contact Center integrato – n. 803.164 gratuito da rete fissa o n. 06.164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico;
  • Patronati, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

Nella circolare n.148 l’INPS precisa che per coloro che decidano di usufruire dell’opzione del congedo di maternità interamente dopo il parto valgono le stesse disposizioni sopra descritte.

Nella comunicazione l’INPS chiarisce anche altri punti relativi alla presentazione della documentazione sanitaria richiesta, alle domande delle lavoratrici con flessibilità e ai casi di sopraggiunta malattia.

Nel caso di lavoratrici che abbiano scelto la flessibilità, e che quindi lavorino anche durante l’ottavo mese, l’INPS chiarisce che possono decidere, qualora sussistano le condizioni di salute ottimali, di continuare l’attività lavorativa facendo richiesta di usufruire del congedo di maternità interamente nei 5 mesi dopo il parto.

Nel caso di interdizione dal lavoro la gestante può usufruire del congedo di maternità interamente post partum solo se l’interdizione lavorativa cessi prima della data presunta del parto.

Nel caso di malattia sopraggiunta dopo aver fatto richiesta dell’indennità per i 5 mesi successivi al parto, la lavoratrice godrà del congedo prima del parto, cui si somma quello successivo.

Nel caso in cui la lavoratrice che ha presentato domanda per avvalersi del congedo di maternità esclusivamente nei 5 mesi successivi al parto decida, non per sopraggiunta malattia o interdizione dal lavoro, di non voler più usufruire di questa modalità deve farne richiesta all’INPS entro l’ottavo mese di gravidanza.

Se si sceglie l’opzione dei 5 mesi di congedo dopo il parto l’Istituto chiarisce che non si può prolungare il periodo di indennità per malattia o ricovero del minore.

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