Questo datore di lavoro ha chiesto a una dipendente incinta di ridurre il congedo maternità. “Ci costa troppo”

Giorgia Paccione

7 Luglio 2025 - 17:21

A una lavoratrice australiana è stato chiesto di ridurre il periodo di congedo maternità previsto dalla legge. La chat con il capo è stata resa pubblica e il caso ha causato indignazione su TikTok.

Questo datore di lavoro ha chiesto a una dipendente incinta di ridurre il congedo maternità. “Ci costa troppo”

La vicenda che ha acceso il dibattito arriva dall’Australia e ha avuto un’eco internazionale grazie alla diffusione sui social network. Una dipendente incinta, dopo aver inviato la richiesta formale di congedo di maternità, si è trovata di fronte a una risposta inaspettata da parte del proprio datore di lavoro. L’uomo, titolare di una piccola azienda, le ha chiesto se fosse possibile ridurre il periodo di assenza previsto, esprimendo preoccupazione per i costi che l’azienda avrebbe dovuto sostenere per coprire il suo ruolo durante la maternità.

La lavoratrice ha ribadito la volontà di usufruire dell’intero periodo di congedo, sottolineando l’importanza di potersi dedicare al primo figlio e la necessità di adattarsi al nuovo ruolo di genitore, specialmente vivendo lontano dalla famiglia d’origine. Nonostante la disponibilità a collaborare nella selezione di una sostituta e a lasciare tutto in ordine, il capo ha insistito, affermando che “pagare sia il congedo sia la copertura durante la tua assenza rappresenta un peso notevole”.

La conversazione, resa pubblica dal creator britannico Ben Askins su TikTok, ha rapidamente raccolto centinaia di migliaia di visualizzazioni e commenti indignati. Askins, noto per aver denunciato sui social media moltissimi comportamenti tossici sul posto di lavoro, ha difeso la lavoratrice, sottolineando come la richiesta del datore fosse del tutto fuori luogo e lodando la fermezza con cui la dipendente ha fatto valere i propri diritti.

Quali sono i diritti delle lavoratrici in Australia

L’Australia prevede un sistema articolato di tutela per i neo-genitori. Secondo il Fair Work Act, i dipendenti che abbiano maturato almeno 12 mesi di servizio continuativo presso lo stesso datore di lavoro hanno diritto fino a 12 mesi di congedo parentale non retribuito, con la possibilità di richiedere un’estensione fino a 24 mesi in totale, se approvata dal datore di lavoro. Questo diritto si applica sia alle madri sia ai padri.

Oltre al congedo non retribuito, esiste anche il Paid Parental Leave Scheme, un programma governativo che garantisce un periodo di congedo retribuito al salario minimo nazionale. Dal 2024, la durata del congedo retribuito è in progressivo aumento: dalle 22 settimane si passa a 24 settimane nel 2025 e a 26 settimane nel 2026, con la retribuzione fissata a circa 882,75 dollari australiani a settimana. Dal luglio 2025, inoltre, i genitori riceveranno anche il versamento della superannuation (contributi pensionistici) sul congedo parentale retribuito.

Le lavoratrici in stato di gravidanza sono inoltre protette da qualsiasi forma di discriminazione. Il datore di lavoro non può esercitare pressioni per ridurre il periodo di congedo, né adottare comportamenti che possano penalizzare la dipendente a causa della gravidanza. Alla fine del congedo, la lavoratrice ha diritto a tornare al proprio posto di lavoro o, se non disponibile, a un ruolo equivalente per condizioni e retribuzione.

Il caso australiano riporta quindi al centro il tema della conciliazione tra esigenze aziendali e diritti dei lavoratori. Da un lato, le piccole imprese lamentano le difficoltà di gestione e i costi legati alle assenze prolungate; dall’altro, le lavoratrici rivendicano il diritto a vivere la maternità senza pressioni indebite o timori per la propria posizione lavorativa.

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