Si può comprare casa senza vendere i propri Bitcoin? In America potrebbe avverarsi presto, ma non Italia. Ecco come funzioneranno i mutui in Bitcoin.
Negli Stati Uniti si fa strada l’idea dei mutui garantiti in Bitcoin: un modo per comprare casa senza dover vendere le proprie criptovalute. La Federal Housing Finance Agency ha chiesto a Fannie Mae e Freddie Mac, i due colossi americani dei mutui, di valutare Bitcoin e altre crypto come garanzia patrimoniale valida per ottenere un prestito.
Se la proposta andasse in porto, sarebbe una svolta epocale e milioni di americani potrebbero accedere a un mutuo senza convertire i propri asset digitali in dollari. Il tutto mentre Bitcoin vola sopra i 118.000 dollari, riportando l’interesse globale su questo mercato.
È un cambiamento che potrebbe fare scuola anche altrove, ma l’Europa è pronta? E l’Italia?
Possiamo davvero immaginare uno scenario in cui le banche accettano Bitcoin come garanzia per l’acquisto di un immobile? E quali rischi porterebbe con sé questa innovazione?
Proviamo a capire come funzionano i mutui garantiti da criptovalute, dove sono già realtà e perché in Italia, per ora, restano un’ipotesi remota.
Come funzionano i mutui in Bitcoin
Chiamarli “mutui in Bitcoin” è fuorviante, perché non stiamo parlando di prestiti erogati in criptovaluta, ma di mutui tradizionali in euro o dollari che usano BTC (o altri asset digitali) come garanzia al posto di reddito, immobili o risparmi.
Il meccanismo dovrebbe essere semplice. Chi possiede un certo patrimonio in criptovalute può bloccarlo in un conto fiduciario (escrow) e ottenere in cambio liquidità fiat da destinare all’acquisto della casa. Si tratta di un modello già sperimentato con oro, azioni o altri asset: il prestatore custodisce la garanzia e, se il mutuatario non rimborsa, la liquida automaticamente per recuperare l’esposizione.
Il mutuo in Bitcoin si dovrebbe basare su 3 principi:
- Garanzia in Bitcoin: il mutuatario deposita i suoi BTC (o Ethereum) in un conto vincolato. L’asset resta suo, ma non è disponibile finché il prestito non viene rimborsato per intero.
- Prestito in valuta fiat: i fondi erogati sono sempre in moneta a corso legale, utilizzabile direttamente per acquistare l’immobile. Quindi niente Bitcoin al venditore.
- Loan-to-Value (LTV) prudente: chi eroga il prestito applica un rapporto LTV piuttosto conservativo, solitamente tra il 50% e il 70%, per proteggersi dalla volatilità. In pratica, se possiedi 300.000 dollari in BTC, potresti ottenere un mutuo tra 150.000 e 210.000 dollari, a seconda delle condizioni e del rischio.
Le rate mensili si rimborsano in valuta fiat (euro o dollari), anche se alcune piattaforme più innovative iniziano a offrire anche il pagamento in criptovalute. A fine piano, se tutto è stato saldato correttamente, la garanzia in Bitcoin viene restituita al proprietario.
Un sistema che attira sempre più chi vuole ottenere liquidità senza dover vendere i propri asset digitali. Ma serve capire bene le regole del gioco, perché in un mercato tanto volatile, basta poco per dover integrare altra garanzia o perdere parte del proprio patrimonio in caso di margin call.
I rischi di un mutuo in Bitcoin
L’idea di “comprare casa senza vendere i propri Bitcoin” può sembrare geniale in un mercato rialzista. Ma cosa succede quando il valore della criptovaluta crolla del 30–40% in poche settimane, come già accaduto nel 2022 o nel 2024?
Il rischio più evidente è la margin call. In altre parole, se il valore del collaterale scende sotto una certa soglia, il prestatore può chiedere all’utente di versare ulteriori fondi o liquidare parte dei Bitcoin per coprire il rischio. In scenari di volatilità estrema, il mutuatario può perdere parte del suo patrimonio senza nemmeno essere in ritardo con le rate.
C’è poi il tema della sovra-collateralizzazione. Mentre per i mutui tradizionali spesso basta un anticipo del 20%, nei mutui crypto serve bloccare più valore di quello ottenuto. Questo limita l’accessibilità dello strumento a pochi ultra milionari di Bitcoin.
Infine, non va trascurato il rischio normativo. In molti Paesi, non esiste ancora una norma di riferimento. Cosa succede in caso di default? Qual è il trattamento fiscale del Bitcoin messo a garanzia? Le risposte non sono sempre chiare.
Mutui con Bitcoin in Italia: a che punto siamo?
Oggi nessuna banca italiana concede mutui con garanzia in Bitcoin. Nemmeno le più innovative (Banca Sella, Banca Generali, Fineco) hanno introdotto un prodotto simile. La ragione è che la normativa nazionale non lo consente.
In Italia, per ottenere un mutuo servono garanzie chiare, facili da valutare e da convertire in liquidità. E qui le criptovalute fanno ancora fatica: la loro volatilità e il fatto che non siano pienamente regolamentate rappresentano, al momento, un ostacolo troppo grande da superare.
Al massimo, è possibile acquistare un immobile direttamente in Bitcoin, ma solo se il venditore accetta. Si tratta però di una compravendita, non di un mutuo. Sul fronte fintech, alcune realtà come CheckSig hanno lanciato soluzioni di prestiti tra privati garantiti da crypto, ma si tratta di strumenti peer-to-peer, non assimilabili a mutui immobiliari.
Qualcosa potrebbe cambiare con il MiCA? Il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) dell’Unione Europea ha l’obiettivo di creare un quadro normativo comune per l’emissione, la custodia e l’utilizzo degli asset digitali.
L’Italia dovrà recepire queste norme tramite Banca d’Italia e Consob. Questo potrebbe aprire (almeno in teoria) a nuove forme di garanzie digitali nel sistema bancario. Tuttavia, il sistema bancario italiano è strutturalmente prudente ed è improbabile che, nel breve periodo, si assista a un’apertura così radicale da consentire mutui in Bitcoin su larga scala.
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