Se l’operatore telefonico cambia il prezzo dell’offerta puoi difenderti. Ecco come, a seconda dei casi.
Negli ultimi mesi sono stati annunciati aumenti da diverse compagnie telefoniche, proprio mentre si discute (spesso erroneamente) delle modifiche che potrebbe introdurre il ddl Concorrenza. Confusione e preoccupazione si mescolano tra i consumatori, che vogliono giustamente capire come difendersi da questi rincari e soprattutto evitare i sovrapprezzi senza subire ripercussioni. I clienti degli operatori di telefonia mobile si chiedono in particolare come funzioni il recesso e se ci sia la possibilità di esercitarlo in caso di cambiamenti del prezzo. Vediamo quindi tutto quello che c’è da sapere.
Recesso dal contratto se l’operatore telefonico aumenta il prezzo
Non importa quanto e come molti tentino di convincere i consumatori del contrario. Recedere dal contratto con l’operatore di telefonia mobile se il prezzo viene aumentato è un diritto del consumatore, come in qualsiasi ipotesi di variazione delle condizioni contrattuali. Tanto è previsto dalla legge e viene anche confermato dalla delibera n. 307/23/CONS dell’Agcom, che introduce il nuovo Regolamento sulle disposizioni a tutela degli utenti finali, in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche.
Quest’ultimo prevede la possibilità di recedere dal contratto telefonico senza sostenere costi di disattivazione e senza pagare penali quando vengono comunicate variazioni contrattuali con preavviso inferiore a 30 giorni. Il diritto di recesso può essere esercitato entro 60 giorni dall’avvenuta comunicazione di modifica delle condizioni contrattuali.
Quando il recesso viene esercitato cambiando operatore, come accade quasi sempre, è doveroso darne comunicazione chiara all’operatore cedente per accertarsi che non vengano applicati costi. Ciò riguarda tutte le modifiche contrattuali imposte dall’operatore telefonico, nelle quali rientrano perfettamente gli aumenti di prezzo (anche quando vengono associati a servizi maggiori) come pure la riduzione dei servizi a fronte del mantenimento del costo pattuito.
Come funziona il recesso e cosa può cambiare
Condizione essenziale per il recesso è però che la comunicazione avvenga con un preavviso non superiore a 30 giorni. In caso contrario, cioè quando l’utente viene avvisato delle modifiche più di 30 giorni prima rispetto all’entrata in vigore, sarà comunque possibile esercitare il recesso ma non in modo completamente gratuito. Anche se non è legale imporre delle penali per il recesso dal contratto telefonico, grazie al cosiddetto decreto Bersani, gli operatori sono comunque legittimati ad applicare delle spese di disattivazione.
Sono anche valide le clausole visionate e sottoscritte dall’utente che prevedono spese di recesso in caso di disdetta entro un certo periodo temporale, spesso di 24 mesi e legato alla fruizione di sconti e benefici vantaggiosi. Questi costi devono essere comunque ragionevoli e soprattutto attinenti a quanto sostenuto dall’operatore per dismettere l’offerta telefonica. Bisognerebbe controllare ogni volta che capita che i costi richiesti dall’operatore siano debitamente giustificati e in primo luogo di aver effettivamente conosciuto la clausola, ma ciò è spesso complesso per gli utenti.
Ovviamente, bisognerebbe difendere meglio i propri diritti e quindi controllare anche questi aspetti, ma è ancora più importante sapere che in caso di comunicazione delle variazioni contrattuali con preavviso inferiore a 30 giorni il recesso deve essere totalmente gratuito. L’importante è esercitarlo entro 60 giorni dalla notizia. Questo è quanto prevede la legge e non cambierà nemmeno con l’eventuale entrata in vigore dell’attuale ddl Concorrenza in discussione al Senato.
Il ddl Concorrenza, come previsto per il momento, permetterebbe infatti agli operatori di aumentare automaticamente i costi per adeguarli alle variazioni dell’inflazione. L’indicizzazione dei costi comporterebbe a tutti gli effetti degli aumenti indesiderati che non permettono di esercitare il recesso gratuito, ma non rientrerebbero nell’ipotesi di variazioni contrattuali che lo riguardano. Contrattualizzare gli aumenti dovuti all’inflazione potrebbe comunque ledere la trasparenza dei costi richiesta dall’Agcom, ma è ancora da vedere, ma senza influire direttamente sul diritto di recesso che gli utenti potranno continuare a esercitare per le modifiche contrattuali.
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