Startup Act

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di Cristina Crupi

ChatGPT, AI e Garante della Privacy, disciplinare non significa arrestare il progresso

Cristina Crupi

3 aprile 2023

ChatGPT, AI e Garante della Privacy, disciplinare non significa arrestare il progresso

Il provvedimento del Garante per la Privacy su AI e ChatGPT fa discutere ma le regole sono necessarie. Disciplinare non significa essere contrari al progresso. 

E ci risiamo, un’altra alzata di scudi da parte del mondo dell’innovazione, un’altra polemica che impazza e un’altra divisione netta tra gli organi deputati alla regolamentazione e l’ecosistema innovazione.

Questa volta l’argomento scatenante è la decisione del Garante per la Privacy di limitare nel nostro Paese il trattamento dei dati personali così come effettuato da ChatGPT, ritenuto non corretto e non regolamentato. Per gli operatori dell’innovazione la decisione del Garante è assurda, priva di ogni logica, oscurantista e soprattutto anti progresso e anti business.

C’è chi dice che blocca il progresso, che lascerà l’Italia ancora una volta indietro rispetto al resto del mondo, c’è chi constata che come al solito in Italia non si possa fare business.

Ma io, ancora una volta, come già è capitato in passato in relazione alla tematica della costituzione online delle startup, resto basita da tutto questo clamore confuso.

E soprattutto resto sorpresa dalla superficialità con la quale il mondo dell’innovazione affronti questi argomenti. Una superficialità inadeguata, talvolta anche inaccettabile che rischia, come un boomerang, di dare a questo ecosistema un ritorno negativo e una immagina di immaturità. 

Comprendo benissimo che fare innovazione significhi essere visionari, folli, andare oltre quello che già è. Comprendo che per fare innovazione ci sia bisogno di spingere mente e cuore al massimo, molto oltre l’ostacolo. Comprendo anche che per gli innovatori parlare di leggi, norme e regole sia come per i tori vedere rosso. Comprendo che per gli investitori il punto d’interesse primario siano i parametri e i numeri utili per fare business. Comprendo bene tutto ciò. 

Ma non si può, neppure in nome del progresso, sottovalutare questioni giuridiche di estrema importanza. E già perché, il più delle volte, queste questioni giuridiche hanno riflessi diretti sulla vita di tutti noi. 

Oggi con la privacy, qualche mese fa con la costituzione per atto pubblico, tempo addietro con la questione dello statuto societario, si affrontano problemi che non solo solamente dettagli formali ma sono sostanziali e - purtroppo vi è scarsa coscienza di questo - hanno riflessi pratici sull’agire dei singoli.

Il Garante - che appunto è tenuto a “garantire” a ciascuno di noi la tutela della propria privacy - non ha bloccato nulla (anche perché non ne avrebbe il potere), ma ha soltanto limitato il trattamento dei dati così come praticato da Open AI, rilevandone l’uso improprio e non corretto. Paradossalmente se Open AI fosse in grado di svolgere il servizio senza l’utilizzo improprio dei dati potrebbe farlo. 

E il provvedimento di limitazione non è per sempre, ma è efficace in attesa che Open AI fornisca spiegazioni circa la raccolta, l’implementazione, l’utilizzo dei dati e la conservazione allo scopo di ’addestrare’ gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma. 

Le informazioni fornite da ChatGPT, infatti, non sempre corrispondono al dato reale, determinando quindi un trattamento e un utilizzo di dati personali inesatto e quindi pericoloso. Inoltre, l’Autorità ha sottolineato che il servizio, nonostante sia rivolto ai maggiori di 13 anni, non prevede alcun filtro che verifichi l’età degli utenti esponendo i minori a risposte assolutamente non idonee rispetto al loro grado di sviluppo e auto consapevolezza. 

Sarebbe bene guardare al mondo dello sport che – come al solito - ha sempre tanto da insegnare. 

Non c’è sport che non si giochi con regole precise e chiare. E per quale motivo l’intelligenza artificiale non dovrebbe avere un quadro normativo e regolatorio corretto e completo? 

Giochiamo pure la partita del futuro, ovvero lo sviluppo della tecnologia più rivoluzionaria della nostra epoca, ma giochiamola dentro un perimetro di regole chiare, definite, conosciute e che garantiscano a tutti i giocatori la massima sicurezza possibile.

Questo significa voler arrestare il progresso ed essere contro l’innovazione?

Significa allora che l’Italia è destinata a essere sempre fanalino di coda, sempre arretrata, sempre ostruzionista, capace solo di bloccare? Non scherziamo! No, da innovatore, non mi appassiona questa narrazione sempre disfattista del mio Paese.

Mi appassiona molto di più pensare che il Garante della Privacy Italiano, con questa decisione, possa aver aperto un dialogo costruttivo e possa contribuire fattivamente con Open AI e con altre società, a regolamentare, una volta per tutte e al meglio possibile, il tema privacy per l’intelligenza artificiale.

Siamo il primo Paese a farlo? Nessun altro ha limitato l’utilizzo dei dati di ChatGPT? Benissimo, se serve a regolare e a tutelare. E concludo dicendo che è triste vedere l’escamotage che in molti hanno prontamente proposto per eludere la limitazione del servizio durante questa fase di istruttoria. 

Parliamo della privacy di ciascuno di noi. Non di sciocchezze. Un tema molto sottovalutato ma del quale si comprende bene la delicatezza e l’importanza solo quando ne subiamo il danno da violazione.

Attenzione dunque, ricordiamoci sempre che siamo intelligenze umane e, per fortuna, non intelligenze artificiali. Non perdiamo l’occasione di fare valere la differenza!

Cristina Crupi

Avvocato specializzata in diritto societario, esperta di startup, PMI e innovazione. È autrice del “Codice delle Startup” e del “Codice delle PMI”.

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