Cartelle esattoriali, si può fare ricorso dopo il pagamento?

Patrizia Del Pidio

13 Settembre 2023 - 10:11

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Il pagamento di una cartella esattoriale costituisce una ammissione del debito o dopo averlo effettuato è ancora possibile fare ricorso? Vediamo cosa dice la Cassazione al riguardo.

Cartelle esattoriali, si può fare ricorso dopo il pagamento?

Dopo aver pagato una cartella esattoriale è ancora possibile procedere con il ricorso? Oppure il solo aver pagato significa ammettere di aver contratto il debito? In molti casi, erroneamente, si pensa proprio questa seconda ipotesi, se si paga significa che si sta ammettendo il debito e quindi il ricorso successivo va escluso. Non è proprio così e a chiarire la cosa è una sentenza della Corte di Cassazione del 2020.

La sentenza 20962 del 1° ottobre 2020 della Corte di Cassazione chiarisce proprio che è possibile presentare ricorso per una cartella esattoriale anche dopo aver provveduto al pagamento. Vediamo perchè.

La sentenza della Cassazione

Secondo la Cassazione, il pagamento di una cartella da parte di un contribuente per evitare un pignoramento, un’ipoteca o il blocco del conto corrente non costituisce ammissione del debito, ma solo un azione per evitare un procedimento esecutivo.

Di conseguenza, il contribuente può decidere di fare ricorso al giudice anche dopo aver pagato la cartella esattoriale.

Cartelle esattoriali e ricorso dopo il pagamento

Buone notizie per i contribuenti: si può fare ricorso al giudice anche dopo aver pagato una cartella esattoriale e a stabilirlo sono gli Ermellini, che con la sentenza n. 20962 del 1° ottobre 2020 affermano il seguente principio: l’aver pagato in modo non spontaneo non significa ammettere il debito. Si legge nella sentenza:

“Il ricorso è fondato. È principio comunemente affermato quello secondo cui la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongono conclusioni conformi in tal senso al giudice (Cass., Sez. U., 26 luglio 2004, n. 13969). Principio, questo, applicabile, anche nel processo tributario, occorrendo che la parte che ha agito in giudizio per la tutela dei propri interessi ne abbia conseguito l’integrale soddisfacimento direttamente ad opera della controparte [...] e che, ove il fatto sopravvenuto sia assunto da una sola parte in assenza di conclusioni conformi, il giudice ha il compito di valutare l’avvenuto soddisfacimento.”

Dal momento in cui inizia la causa, infatti, potrebbero anche passare anni prima che arrivi la decisione del giudice: il contribuente che paga subito la cartella quindi spesso vuole evitare un’esecuzione forzata a proprio danno, come un pignoramento, un fermo auto, un’ipoteca, il blocco del conto corrente o del quinto dello stipendio.

Cartelle esattoriali, il pagamento non è ammissione di debito: la sentenza della Cassazione

La ragione della sentenza della Cassazione in oggetto sta nel principio per cui il pagamento della cartella esattoriale potrebbe non derivare dall’acquiescenza del debitore nei confronti del Fisco, quanto dalla prudenza del contribuente stesso che vuole evitare le conseguenze come il pignoramento.

Si legge nella sentenza:

“Il principio della inidoneità del pagamento non spontaneo (bensì coatto) a provocare la cessazione della materia del contendere è, del resto, speculare al principio, anch’esso affermato da questa Corte, della sussistenza dell’interesse dell’Ufficio alla controversia in caso di sgravio di una cartella di pagamento in seguito a una sentenza favorevole al contribuente, in quanto trattasi di comportamento che può fondarsi anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese del procedimento espropriativo.”

In sostanza quindi anche se si paga una cartella esattoriale, non viene preclusa la possibilità di contestare l’atto di accertamento e riscossione, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione.

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