Blocco dei licenziamenti: cosa potrebbe succedere dopo il 31 marzo 2021

Teresa Maddonni

10 Dicembre 2020 - 13:47

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Il blocco dei licenziamenti dovrebbe terminare il 31 marzo 2021 e per calmierarne gli effetti dopo quella data si cerca di potenziare il contratto di espansione rinnovato con la Legge di Bilancio 2021. Novità con un emendamento al testo.

Blocco dei licenziamenti: cosa potrebbe succedere dopo il 31 marzo 2021

Il blocco dei licenziamenti come sappiamo sarà in vigore fino al prossimo 31 marzo 2021, ma cosa potrebbe accadere dopo quella data?

In aiuto potrebbe arrivare il contratto di espansione già previsto e che con la Legge di Bilancio 2021 verrebbe rafforzato.

Per capire cosa potrebbe accadere dopo il 31 marzo 2020, quando il blocco dei licenziamenti dovrebbe vedere la fine sempre secondo la Legge di Bilancio 2021, occorre guardare all’ultimo emendamento presentato al testo in discussione in Parlamento e che dovrà essere approvato entro la fine del mese corrente.

L’emendamento è a firma di Carla Cantone e della presidente della commissione Lavoro della Camera, Debora Serracchiani, entrambe PD, e che prevederebbe l’obbligo di assunzione e il prolungamento del periodo per il quale l’incentivo all’esodo a carico dell’azienda diventa esentasse. Sarebbe questo quindi il piano del governo.

Il contratto di espansione non solo serve a riorganizzare l’azienda, ma funge anche da scivolo verso la pensione.

L’emendamento che determina una modifica al testo della Legge di Bilancio 2021 vedrebbe nel contratto di espansione una parziale soluzione alla fine del blocco dei licenziamenti previsto per il 31 marzo e che potrebbe avere effetti disastrosi per l’occupazione.

Nella Legge di Bilancio 2021 non a caso sono presenti una serie di incentivi alle assunzioni, con un intervento specifico per il Sud.

Blocco dei licenziamenti: cosa succede dopo il 31 marzo

Per il blocco dei licenziamenti una norma prevederebbe dopo il 31 marzo un’assunzione ogni tre uscite per le aziende che accedono allo strumento del contratto di espansione introdotto in via sperimentale nel 2019 e che rinnovato con la Legge di Bilancio 2021 verrebbe esteso anche alle imprese con oltre 500 dipendenti (a oggi solo per le imprese al di sopra dei 1.000 dipendenti).

L’emendamento a firma Cantone-Serracchiani prevederebbe l’accesso, per le imprese con oltre 1.000 dipendenti al contratto di espansione con 12 mesi ulteriori di riduzione dei versamenti di cui abbiamo detto, a patto che, proprio per andare in contro a quelle che saranno le conseguenze della fine del blocco dei licenziamenti, per ogni tre uscite si determini un’assunzione.

Come riporta Il Sole 24 Ore Serracchiani ha dichiarato in merito:

“Rendiamo utilizzabile un importante strumento di politica attiva che consente di rinnovare le competenze, quando non ci sono all’interno dell’azienda, facilitando la staffetta generazionale. Alle grandi aziende che lo utilizzeranno presentando piani di rilevanza strategica in linea con i programmi europei, chiediamo di assumere.”

La misura per contrastare la fine del blocco dei licenziamenti è finanziata con 36,1 milioni di euro per il 2021. Un altro emendamento è stato presentato dalla Lega per abbassare il numero dei lavoratori a 150 unità.

Dopo il blocco dei licenziamenti il contratto di espansione: come funziona

Se da un lato il blocco dei licenziamenti potrebbe portare a seri problemi per le aziende e dipendenti dal 31 marzo, l’emendamento sul contratto di espansione alla Legge di Bilancio 2021 cerca di incentivare le assunzioni.

Ma come funziona il contratto di espansione? La misura è rivolta alle aziende con più di 1.000 dipendenti (anche 500 con la nuova Legge di Bilancio) che tramite accordi sindacali creino uno scivolo verso la pensione per quei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi da quella di vecchiaia con un requisito minimo contributivo maturato e anche per quella anticipata. Il datore di lavoro riconosce l’indennità mensile al lavoratore che ha aderito al contratto di espansione fino alla pensione.

Per gli altri lavoratori, al fine di riorganizzare l’azienda, il datore di lavoro può accedere alla cassa integrazione straordinaria per un periodo non superiore a 18 mesi e con una riduzione dell’orario di lavoro che non può superare il 30% in media.

Il datore di lavoro accede allo strumento perché vi è un progetto di formazione e riqualificazione dei lavoratori. Per lo stesso obiettivo è stato introdotto con il decreto Rilancio il Fondo Nuove Competenze da poco operativo.

Per dettagli e conferme occorre attendere l’approvazione definitiva della Legge di Bilancio 2021.

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