Il petrolio torna a salire spinto da ipotetiche minacce di un altro conflitto in Medio Oriente. Cosa potrebbe accadere?
I prezzi del petrolio sono in aumento di oltre l’1% dopo indiscrezioni piuttosto allarmanti secondo le quali Israele starebbe preparando un attacco agli impianti nucleari iraniani.
Una notizia preoccupante quest’ultima, trapelata dalla CNN che ha citato fonti quali alcuni funzionari statunitensi a conoscenza della questione. In un Medio Oriente già provato dalla drammatica incursione israeliana su Gaza, un’escalation con l’Iran alimenta il timore di un conflitto ancora più ampio, in grado di compromettere la disponibilità di approvvigionamento nella principale regione produttrice del Medio Oriente.
Al momento in cui si scrive, il greggio Brent è scambiato a oltre 66 dollari al barile, con un balzo dell’1,04% e i futures WTI sono in aumento dell’1,11% a 62,72 dollari al barile.
I prezzi del petrolio sono instabili dalla scorsa settimana, a causa di notizie contrastanti sul destino dei colloqui Iran-Stati Uniti, che potrebbero aprire la strada al ritorno di più barili su un mercato che si prevede sarà in eccesso di offerta più avanti nel corso dell’anno. Un attacco da parte di Israele ostacolerebbe, invece, qualsiasi progresso in tali negoziati e aumenterebbe la volatilità in Medio Oriente, che fornisce circa un terzo del petrolio mondiale.
I prezzi del petrolio salgono sulla minaccia di un attacco di Israele all’Iran
Secondo quanto riferito dalla CNN, l’intelligence statunitense suggerisce che Israele si sta preparando a colpire un possibile impianto nucleare iraniano.
La notizia arriva nel bel mezzo dei negoziati per un nuovo accordo nucleare tra Washington e Teheran, che il presidente Trump sembra ansioso di siglare e a cui l’Iran non si oppone.
“La possibilità di un attacco israeliano contro un impianto nucleare iraniano è aumentata significativamente negli ultimi mesi”, ha sottolineato la CNN, citando un funzionario anonimo, che ha anche aggiunto: “E la prospettiva di un accordo tra Stati Uniti e Iran negoziato da Trump che non rimuova tutto l’uranio iraniano rende più probabile la possibilità di un attacco”.
Quest’anno gli Stati Uniti e l’Iran hanno tenuto diversi cicli di colloqui sul programma nucleare iraniano, con Trump che ha rilanciato una campagna di sanzioni più severe sulle esportazioni di greggio iraniano per costringere il Paese a rinunciare alle proprie aspirazioni nucleari.
Nonostante le discussioni, martedì alcuni funzionari statunitensi e la guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, hanno rilasciato dichiarazioni secondo cui entrambe le parti sono ancora lontane da una soluzione.
“Sono in corso colloqui indiretti sul nucleare tra Stati Uniti e Iran, che, se andassero a buon fine, potrebbero dare ulteriore impulso al mercato. Tuttavia, questi colloqui sembrano ormai esaurirsi”, hanno affermato gli analisti di ING. C’è anche il timore che l’Iran possa reagire come contromisura bloccando il flusso di petroliere attraverso lo Stretto di Hormuz, un punto critico nel Golfo, attraverso il quale Arabia Saudita, Kuwait, Iraq ed Emirati Arabi Uniti esportano petrolio greggio e carburante.
Di certo, Israele da sempre dichiara di sentirsi minacciato da qualsiasi tentativo di sviluppo nucleare iraniano.
Cosa aspettarsi sul prezzo del petrolio?
Il clima è teso e incerto e l’impatto si nota sul prezzo del petrolio.
La minaccia di un’escalation tra Israele e Iran ha infatti compensato le notizie ribassiste per il greggio, come il rapporto settimanale sulle scorte dell’American Petroleum Institute, che ha mostrato un aumento di 2,5 milioni di barili e la notizia che il Kazakistan ha nuovamente prodotto di più nonostante la sua quota OPEC+.
Finora, infatti, le previsioni stimavano un eccesso di offerta e una domanda piuttosto debole anche a causa della guerra dei dazi. Tuttavia, l’accendersi di minacce sull’Iran può infuocare di nuovo le quotazioni.
“Una simile escalation metterebbe a rischio non solo l’approvvigionamento iraniano, ma anche quello di gran parte della regione più ampia”, hanno affermato mercoledì gli strateghi delle materie prime di ING.
L’Iran è il terzo produttore tra i membri dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e un attacco israeliano potrebbe compromettere i flussi provenienti dal Paese.
Al contrario, i prezzi del WTI potrebbero crollare fino a 40 dollari al barile se le sanzioni sulle esportazioni di petrolio della Repubblica Islamica venissero revocate, secondo Bloomberg Intelligence.
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