Tempi duri per le birre artigianali: il 2025 è stato un anno nero con diversi fallimenti.
Il settore della birra artigianale è in difficoltà. Dopo un periodo di crescita rapida, il 2025 è stato di assestamento con alcuni birrifici in difficoltà e altri che si sono consolidati, grazie all’innovazione e alla capacità di adattarsi. Il comparto sembra infatti stia entrando in una fase di maturità, con una maggiore selettività da parte dei consumatori. I birrifici che riescono a innovare e differenziarsi hanno maggiori possibilità di prosperare. Chi non riesce a stare al passo della concorrenza rischia il fallimento. E purtroppo in questo 2025 sono già diversi i birrifici costretti a dichiarare bancarotta e ad avviare una procedura di fallimento al Tribunale, soprattutto negli Stati Uniti. Un trend che sembra destinato a proseguire anche nel 2026.
I birrifici che hanno richiesto il fallimento secondo il Capitolo 11, nel tentativo di ristrutturare debiti e riorganizzare le loro attività, si trovano ora a dover combattere per restare sul mercato. La procedura offre una possibilità di ripartenza, ma la sopravvivenza resta tutt’altro che scontata in un settore sempre più affollato e competitivo.
Ci sono poi i birrifici messi così in difficoltà economica da non avere alternative: devono ricorrere al Capitolo 7 e avviare la liquidazione. In questi casi non c’è margine di salvataggio: l’azienda viene smantellata e i beni venduti per coprire i debiti.
Da agosto in poi sono stati diversi i produttori di birre artigianali costretti a ricorrere al Capitolo 7 chiudendo quindi i battenti.
Questi birrifici hanno dichiarato bancarotta
Il 17 agosto il birrificio Dissent Craft Brewing, con sede a St. Petersburg (Florida), non ha resistito alla crisi finanziaria e ha chiuso. Due mesi dopo la Iron Hill Brewery LLC, con sede a Exton, Pennsylvania, ha chiuso 16 birrifici e ristoranti presentando istanza di fallimento ai sensi del Capitolo 7 per liquidare i propri beni.
Stesso destino per il birrificio artigianale e distilleria Rogue Ales & Spirits, che ha improvvisamente chiuso tutte le attività il 14 novembre, comprese le sue sei sedi di birrifici artigianali in Oregon.
E infine a dichiarare fallimento ai sensi del Capitolo 7 è stato anche il pluripremiato birrificio artigianale Strike Brewing Company, che lo scorso 31 ottobre ha cessato ogni attività. Il 24 novembre l’azienda ha presentato istanza di fallimento. Addio quindi alla pluripremiata realtà fondata nel 2011: il motivo non è stato reso noto, ma si parla di debiti molto elevati.
Sul sito ufficiale, nella homepage, ora campeggia una grande scritta rossa: «Strike Brewing Co. è ora chiusa definitivamente». E ancora si legge: «Dopo 11 incredibili anni di produzione di birra qui a San Jose, siamo addolorati nell’annunciare che Strike Brewing Co. chiuderà i battenti. Il nostro ultimo giorno di attività sarà venerdì 31 ottobre 2025. Questa decisione non è stata presa alla leggera. Pur essendo profondamente addolorati nel dover dire addio, siamo immensamente orgogliosi di ciò che abbiamo costruito e per sempre grati alla comunità, alle amicizie e ai ricordi che hanno reso la Strike Brewing Co. così speciale».
I marchi di Strike Brewing Company, dalla Screaming Hand Imperial Amber alla Colossus of Clout Irish-Style Red Ale, fino alla Big Wall Imperial Stout e alla Brown and Blonde, non erano birre comuni. Hanno conquistato riconoscimenti prestigiosi agli US Open Beer Championships, alla California State Fair e persino alla World Beer Cup, confermando la qualità del birrificio nonostante le difficoltà attuali.
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