Secondo il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, il piano europeo per vietare la vendita delle auto inquinanti a partire dal 2035 fa passare l’Ue dalla dipendenza russa a quella cinese.
Il piano europeo per vietare la vendita delle auto e moto inquinanti (a benzina e diesel) a partire dal 2035 rischia di far passare l’Unione europea dalla dipendenza dall’energia russa a quella dalla tecnologia cinese. A lanciare l’allarme è il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in un’intervista a La Stampa.
Con questa posizione, così, il governo Meloni torna ad attaccare la decisione del Parlamento Ue (che va confermata dal Consiglio Ue), che fa parte del pacchetto Fit for 55, per abbattere le emissioni inquinanti nel Vecchio Continente. Urso definisce il piano europeo “frutto di una visione miope, ancora ideologica, che prescinde dalla realtà” e si unisce così al coro di polemiche dei suoi colleghi, a partire dal ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini.
I rischi, insomma, per l’esecutivo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia sarebbero superiori alle opportunità e la svolta green, seppur indispensabile per ridurre le emissioni inquinanti e salvare il pianeta, potrebbe essere troppo rapida per le aziende italiane.
Perché per Meloni l’Ue passa dalla dipendenza russa a quella cinese
Secondo Urso “la guerra della Russia dovrebbe averci insegnato qualcosa. Non si può dipendere da altri: ieri dalle fonti fossili russe, oggi dalla tecnologia green cinese. Per non citare la dipendenza dalle terre rare. Dobbiamo avere una visione più adeguata alla realtà, per cambiarla davvero, innovando senza distruggere”.
Il timore del governo Meloni, infatti, è che una transizione così immaginata non sia fattibile per l’industria dell’auto europea, che ancora fatica a passare all’elettrico, con problemi logistici e costi elevati dopo il duro periodo del Covid, a cui si somma l’attuale crisi energetica. In questo scenario il rischio sarebbe una perdita importante di competitività a favore della Cina su auto e moto e la possibile dipendenza da quel mercato per acquistare veicoli a prezzi convenienti.
Energia e auto inquinanti, il piano del governo Meloni
L’esecutivo italiano è convinto che gli obiettivi del pacchetto Fit for 55 siano corretti: ridurre le emissioni a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e arrivare a zero emissioni inquinanti entro il 2050. Per Urso, tuttavia, occorre “graduare meglio le tappe ed essere più flessibili nelle modalità: per esempio per quanto riguarda l’uso del biocombustibile, poi del biometano, quindi dell’idrogeno”.
L’idea è di mantenere “un approccio neutrale alla tecnologia”, con una transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili più lenta, seppur mantenendo gli obiettivi finali e usando nei prossimi anni un mix di energie: da eolico, solare e biocombustibili fino al gas, passando per il nucleare. Per questo Urso si dice convinto che sia sbagliato da qui al 2035 il passaggio totale ai motori Euro7.
Stop alle auto inquinanti, cosa rischia l’Italia
Ad oggi l’automotive rappresenta circa il 20% del Pil italiano, oltre 260mila lavoratori e secondo le associazioni che rappresentano i produttori d’auto la decisione del Parlamento Ue può mettere a rischio 70 mila posti di lavoro. Nel 2022 sono stati prodotti in Italia 476mila autoveicoli. Per Urso sono troppo pochi “per rispondere alla domanda e sostenere la filiera”.
Peraltro, aggiunge, “allo stato vi sono appena 37mila colonnine da ricarica nella nostra Penisola, stiamo recuperando ma siamo ancora molto indietro”.
La strategia dell’Italia per rivedere il divieto
Il governo punta ora alla finestra di revisione del piano che si apre nel 2026. “La clausola di revisione del 2026 - spiega sibillino il ministro - sarà una tappa decisiva, per noi dovrà essere di svolta. Peraltro in quella data avremo una nuova Commissione e un nuovo Parlamento europeo che saranno decisi anche dai lavoratori italiani. Ci prepariamo sin d’ora con le giuste alleanze”.
Nel frattempo l’esecutivo si impegna nell’accelerare la riconversione produttiva e chiede maggiore flessibilità in Europa sull’uso delle risorse comuni per concentrare gli investimenti sulle tecnologie green e digitali: batterie, accumulatori, semiconduttori, carbone di silicio, intelligenza artificiale e ovviamente rete elettrica e colonnine da ricarica.
Da non perdere su Money.it
- 💬 Hai apprezzato questo articolo? Lascia il tuo commento!
- 🌟 Hai già dato un'occhiata a Money.it Premium? Scoprilo adesso
- 📈 Prova Gratis il Trading Online con un conto demo
- 🪙 Scopri tutto su Bitcoin e ChatGPT nella sezione Corsi di Money Premium
- 🇺🇸 Elezioni USA 2024: tutte le analisi nella sezione dedicata
- 📖 Il Libro Bianco sull'educazione digitale di Money.it, scaricalo gratis
- 🎁 Vuoi regalare un abbonamento a Money.it Premium? Puoi farlo qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA