Aumento rendita catastale con superbonus, come calcolare se è obbligatorio l’aggiornamento

Patrizia Del Pidio

12/12/2024

Per chi ha ristrutturato con il superbonus c’è l’obbligo di aggiornare le rendite catastali. Pochi lo hanno fatto, ma in ogni caso i rincari sono molto bassi.

Aumento rendita catastale con superbonus, come calcolare se è obbligatorio l’aggiornamento

Aumento delle rendite catastali dopo le ristrutturazioni con il superbonus, ma l’obbligo di aggiornamento è stato recepito da pochi, ma in ogni caso laddove il valore dell’immobile è stato aumentato i rincari sono stati più bassi del previsto.

Fra qualche settimana chi era nell’obbligo di rivalutare le rendite catastali e non lo ha fatto, riceverà l’invito, da parte dell’Agenzia delle Entrate, a provvedere.

La Legge di Bilancio 2024, infatti, ai commi 86 e 87, prevede che chi ha usufruito del superbonus 110 è obbligato all’aggiornamento dei dati catastali. Qualche tempo fa, poi, il ministro Giancarlo Giorgetti ha annunciato l’invio delle lettere di compliance per chi non ha provveduto all’adeguamento.

Va sottolineato che, in ogni caso, il Testo unico dell’Edilizia richiede che al termine di qualsiasi ristrutturazione è necessario depositare in Comune una prova che sia stata presentata la variazione catastale o una dichiarazione che i lavori non hanno portato a una modifica del classamento dell’immobile. L’operazione va effettuata entro 30 giorni dalla fine dei lavori.

Aumento rendita catastale obbligatorio, per chi?

L’adeguamento in questione non viene sempre effettuato, anche perché va chiarito che l’obbligo di aggiornare la rendita catastale sussiste solo in determinati casi, e nello specifico:

  • quando viene aumentato il numero dei vani della casa;
  • quando con i lavori si aumenta la volumetria;
  • quando gli interventi incrementano il valore dell’immobile di almeno il 15% (una condizione che, però, con il superbonus si verifica anche solo realizzando il cappotto termico).

L’adeguamento, però, non è sempre effettuato e la Legge di Bilancio 2024 ha previsto una norma in base alla quale l’Agenzia delle Entrate possa, per gli edifici che hanno ottenuto l’agevolazione prevista dal superbonus, verificare se sia stata presentata la dichiarazione di variazione catastale per l’adeguamento della rendita. Se l’obbligo non è stato rispettato è possibile che si riceva una lettera di compliance in cui è comunicata la presunta anomalia.

La Legge di Bilancio 2024 parte dal presupposto che per interventi effettuati con il Superbonus si verifichi sempre un aumento del valore dell’immobile di almeno il 15%, proprio per questo ha previsto l’obbligo di presentazione della dichiarazione per la revisione delle rendite catastali per tutti coloro che hanno effettuato lavori agevolati con questa misura.

Come si calcola l’aumento?

L’aumento va calcolato attraverso il rapporto tra spesa e valore catastale originario. La spesa sostenuta deve essere distinta tra opere nuove, come ad esempio il cappotto termico o l’installazione del fotovoltaico, e le opere di ammodernamento (sostituzione di infissi, ad esempio).

I nuovi interventi vanno considerati per intero, quelli di ammodernamento per la metà del costo (indicativamente). Ottenuto il totale si calcola a quanto corrisponde, la cifra ottenuta si dovrà confrontare con i valori del 1988/89 (ovvero rapportando l’euro del 2024 alla Lira del 1988 e del 1989). Questo risultato deve essere rapportato alla rendita catastale originaria rivalutata moltiplicando per 100.

Se il costo dei lavori supera del 15% il valore originario dell’immobile, si deve procedere alla rivalutazione, altrimenti no. Il meccanismo è abbastanza contorto e richiede un chiarimento da parte dell’amministrazione tributaria.

In base a quanto abbiamo scritto facciamo un esempio che possa chiarire le idee.
Supponiamo che una casa con rendita catastale di 600 euro sia stata oggetto di ristrutturazione con il superbonus 110. Per i lavori sono stari spesi 35.000 euro per il cappotto termico e 15.000 euro per il cambio degli infissi e della caldaia. A 35.000 si deve sommare, quindi, 7.500 (la metà degli ammodernamenti) per un totale di spesa di 42.500.

A quanto equivale un euro di oggi rispetto al 1988 e nel 1989? Si può utilizzare il sistema messo a disposizione dall’Istat che effettua in automatico la conversione che è di 2,527 nel 1988 e di 2,370 nel 1989. La media tra i due valori è di 2,448: se si divide la spesa sostenute per questo valore si ottiene il valore della rivalutazione dell’immobile che è pari a 17.361 euro. Questo valore supera il 15% del valore originario dell’immobile, che era 60.000 euro in base alla rendita catastale rivalutata, ( si avvicina, infatti al 30%) e quindi la rendita catastale va aggiornata.

Aumento rendita catastale prima casa, quanto costerà?

L’aumento delle rendite catastali per gli immobili ristrutturati con il Superbonus avrà un impatto diverso per l’abitazione principale e per le seconde case.

Sull’abitazione principale, infatti, non si paga l’Imu (a meno che non rientri in una categoria di lusso), ma l’impatto lo si avrà sull’Isee e sull’Irpef.

Ai fini Irpef la prima casa va dichiarata moltiplicando per 105 la rendita catastale concorrendo alla determinazione del reddito complessivo il cui valore, però, è neutralizzato da una deduzione di un importo pari alla rendita catastale della prima casa e delle sue pertinenze. Se la prima casa è di lusso, invece, essendo assoggettata a Imu, non concorrerà alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef.

Sull’Isee la prima casa non incide solo se ha un valore entro la soglia di 52.500 euro (valore incrementato di 2.500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo). Per importi superiori a tale soglia, l’immobile impatta sull’Isee in misura pari a due terzi della parte eccedente. Facciamo un esempio per capire: se l’abitazione principale ha un valore di 200.000 euro a incidere sull’Isee sarà un valore pari a 98.333 euro circa (i due terzi del valore che eccede i 52.500 euro); da considerare, poi, che patrimonio mobiliare e immobiliare sono considerati nell’Isee al 20% del valore reale. In questo caso specifico entrerebbe nel calcolo dell’Isee un valore pari a 19.666 (il 20% dei due terzi che eccedono i 52.500 euro).

Per chi, infine, dovesse voler vendere la prima casa con la rendita catastale aumentata, c’è da considerare che la novità impatta anche sulle compravendite poiché l’imposta di registro è calcolata in percentuale (2% o 9%) sul valore catastale (in questo caso, però, a pagare è l’acquirente).

La rendita catastale e il suo aumento pesano anche sulle imposte di donazioni e di successioni (queste imposte sono determinate dalla moltiplicazione di un coefficiente variabile, in base alla tipologia di immobile, per la rendita catastale)

Aumento rendita catastale seconda casa, quanto incide?

Sulle seconde case l’aumento della rendita catastale ha un impatto più importante visto che sono soggette al pagamento dell’Imu che è calcolato, appunto, sulla rendita catastale. Non ha rilevanza ai fini Irpef, nella maggior parte dei casi.

Va sottolineato, però, che se la seconda casa non è locata e si trova nello stesso Comune in cui il proprietario è residente, l’immobile è assoggettato oltre che all’Imu anche all’Irpef. L’imposta che si paga sull’immobile in questo caso è pari al 50% della rendita catastale aumentata di un terzo. Appare comprensibile che l’aumento della rendita catastale per chi ha usato il superbonus in questo caso ha un impatto abbastanza importante.

Facciamo un esempio di una seconda casa non locata nello stesso Comune di residenza con rendita catastale pari a 800 euro. Senza l’aumento su quest’immobile, oltre all’Imu, si pagherebbe un’Irpef pari a 533 euro. Con una rendita catastale aumentata del 18% o del 36% l’Irpef ammonterebbe a 629,33 euro nel primo caso e a 725 nel secondo.

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