Miur e sindacati hanno raggiunto un accordo sul futuro della scuola: annullato lo sciopero del 17 maggio grazie alla promessa di un aumento di stipendio adeguato e all’assunzione di precari.
Aumento di stipendio con il rinnovo del contratto, lotta al precariato e addio al progetto di regionalizzazione della scuola: in sintesi sono questi i punti centrali dell’accordo politico raggiunto nella notte tra Governo e sindacati i quali hanno così deciso di revocare lo sciopero della scuola in programma per il 17 maggio 2019.
Un accordo che soddisfa tutte le parti in causa, con il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che ha ringraziato sia il Presidente del Consiglio - “per il supporto dato alla trattativa” - che i sindacati con i quali il Miur sta lavorando “per il bene della scuola”.
L’accordo - siglato da FLC Cgil, Cisl, e Uil Scuola, Snals e Gilda - affronta diverse emergenze del sistema scolastico italiano, con il Governo che ad esempio si impegna nell’individuare ulteriori risorse da destinare al rinnovo del contratto, così da riconoscere un aumento di stipendio maggiore rispetto a quanto previsto dall’ultima Legge di Bilancio.
“Gli stipendi vanno adeguati alle responsabilità dei docenti”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, promettendo un impegno da parte del Governo per individuare le risorse necessarie per un rinnovo del contratto con il quale sarà assicurato un “congruo incremento degli stipendi”.
L’aspetto economico, seppur argomento di maggiore interesse tra i docenti, non è il solo ad essere stato oggetto di discussione: nell’accordo, infatti, si parla anche di assunzioni, in particolare di docenti precari, così come di unicità nazionale del sistema scolastico italiano. Vediamo nel dettaglio quali sono i punti dell’accordo Governo-sindacati e cosa ci attende nei prossimi mesi.
Niente regionalizzazione del sistema scolastico
Una delle vittorie più importanti rivendicate dai sindacati è quella per cui sembra sia stato scongiurato il progetto dell’autonomia differenziata della scuola.
Ricordiamo, infatti, che alcune Regioni del Nord Italia - tra cui Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna - hanno proposto un progetto politico di autonomia del sistema scolastico. Nel dettaglio, questo stabilisce che spetta ad ogni singola Regione la gestione del personale della scuola, compreso l’aspetto legato alla retribuzione degli stessi.
Il progetto riguardante la regionalizzazione della scuola fin da subito ha trovato il contrasto dei sindacati, i quali con l’accordo raggiunto nella tarda notte tra il 23 e il 24 aprile sono riusciti a far valere il principio per cui la Scuola - denominata “del Paese” - “è e resta unitaria” su tutto il territorio nazionale.
Nel rispetto di questo principio il Governo si impegna a garantire e a salvaguardare l’unità e l’identità culturale del sistema nazionale di istruzione, prevedendo nel contempo un sistema di reclutamento - valido sia per i docenti che per il personale ATA - uguale su tutto il territorio nazionale.
Aumento di stipendio con il rinnovo del contratto
Come si legge nel DEF 2019, il 2020 sarà l’anno in cui verrà firmato l’accordo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Ad oggi, però, le risorse stanziate con l’ultima Legge di Bilancio non sono sufficienti per garantire un aumento di stipendio adeguato, visto che si parla di un incremento del +1,95% una volta che il rinnovo sarà a regime.
Si tratta quindi di incrementi netti da 30,00€ ad 80,00€ lordi, una cifra che non soddisfa il personale della scuola da anni in attesa di un aumento di stipendio che possa rendere la loro retribuzione più vicina agli standard europei.
Nell’accordo si legge che l’intenzione comune è di arrivare il prima possibile al rinnovo del contratto; per questo motivo il Governo si è impegnato per reperire al più presto maggiori finanziamenti così da recuperare alla perdita del potere di acquisto delle retribuzioni degli insegnanti e del personale impiegato nella Scuola.
Assunzione precari storici
Sembra essere arrivata ad una soluzione condivisa anche la questione relativa ai precari storici, per i quali inizialmente il Governo in carica aveva escluso la possibilità di bandire un concorso ad hoc a loro riservato.
Nell’accordo appena raggiunto, però, Miur e Governo si impegnano a risolvere al più presto un problema che si fa sempre più insostenibile (basti pensare che dal 1° settembre prossimo si prevedono circa 150mila precari in cattedra).
A tal proposito dell’accordo si legge di una doppia strada per la stabilizzazione in ruolo degli insegnanti precari che hanno maturato almeno 36 mesi di servizio:
- concorso semplificato per chi ha conseguito l’abilitazione dopo il quale si ha immediato accesso al ruolo;
- concorso abilitante e selettivo per chi pur non avendo conseguito l’abilitazione può comunque vantare tre anni di servizio.
Ci saranno quindi dei percorsi riservati ai soli precari storici con l’obiettivo di svuotare definitivamente le sacche di precariato che in questi anni si sono create nella scuola, rendendo sempre più lungo e difficile il passaggio al ruolo.
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