Assumere giovani conviene. Ma le aziende italiane non lo hanno ancora capito

Giorgia Paccione

9 Ottobre 2025 - 14:27

L’Istat lancia l’allarme: nelle aziende italiane ci sono pochi giovani, gli over 50 aumentano e i salari restano fermi. Eppure i dati dimostrano che assumere under 35 aumenta la produttività.

Assumere giovani conviene. Ma le aziende italiane non lo hanno ancora capito

Le aziende italiane stanno invecchiando. Letteralmente. Durante l’audizione sul Documento programmatico di finanza pubblica 2025, l’Istat lo ha detto chiaramente: “Nelle aziende c’è una piramide demografica spostata verso i 50enni”.

Questo significa che la forza lavoro del Paese si sta restringendo, lasciando le nuove generazioni ai margini del mercato.

Eppure, assumere giovani conviene. Non solo per garantire un ricambio generazionale, ma perché l’inserimento di giovani con skill digitali determina un incremento della produttività, come sottolineano i rappresentati dell’Istituto.

Secondo i dati, infatti, le aziende che scommettono su under 35 con competenze nell’utilizzo di nuove tecnologie ottengono risultati migliori, crescono di più e si adattano meglio ai cambiamenti. Ma l’Italia, ancora una volta, sembra non voler leggere i numeri fino in fondo.

Una forza lavoro che invecchia e un Paese che non si rinnova

Negli ultimi anni gli over 50 sono quasi raddoppiati rispetto ai giovani sotto i 35 anni. E il rapporto tra i lavoratori con più di 55 anni e quelli sotto i 35 supera addirittura l’1,5 in quasi il 30% delle imprese. Tradotto, significa che in moltissime aziende italiane ci sono più anziani prossimi alla pensione che giovani pronti a sostituirli.

Questo squilibrio non è solo un dato anagrafico, ma un vero e proprio problema strutturale. Con una base di forza lavoro sempre più anziana, il rischio è infatti quello di un rallentamento dell’innovazione, una minore capacità di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e una produttività stagnante. Lo stesso Istat lo ha sottolineato: “Non siamo più un Paese che può spingere su un contributo massivo della forza lavoro, ma dobbiamo puntare su un contributo qualitativo”.

In altre parole, non basta avere tanti lavoratori, serve che siano formati, aggiornati e capaci di gestire i processi digitali che stanno trasformando l’economia globale. E chi meglio dei giovani, cresciuti nell’era della tecnologia e dell’innovazione, può portare questa spinta dentro le imprese?

L’Istat ha infatti sottolineato che l’assunzione di giovani con competenze digitali aumenta la produttività delle aziende. I giovani, spiegano i tecnici dell’Istituto, rappresentano un capitale umano “formato e pronto a innovare”. Ma per attrarli serve cambiare approccio, non più con contratti precari e salari bassi, ma con investimenti concreti sul loro talento.

Eppure, in Italia proprio i giovani continuano a essere la fascia più penalizzata, con stipendi medi più bassi e carriere più frammentate rispetto ai coetanei europei.

Aumentare i salari e trattare i giovani “con i guanti bianchi”

Sul fronte retributivo, qualche segnale positivo c’è, ma il recupero è ancora lento. L’Istat ha evidenziato che permane un gap del 9% rispetto ai livelli pre-pandemici di gennaio 2021. Le buste paga hanno iniziato a crescere nominalmente, ma il potere d’acquisto perso negli anni dell’inflazione non è ancora stato recuperato.

E per i giovani questa situazione risulta ancora più critica. Nonostante la maggiore formazione e le competenze digitali, le retribuzioni di ingresso restano tra le più basse d’Europa. L’Istat invita infatti ad aumentare i salari, sottolineando che solo così sarà possibile attirare talenti e sostenere la produttività del Paese:

Siamo un Paese che deve far conto che i giovani sono risorse scarse e il capitale umano deve essere trattato con i guanti bianchi”, hanno ricordato i tecnici. Un messaggio che va ben oltre la retorica se si considera che la popolazione è in calo e l’età media è in costante crescita.

Assumere giovani, dunque, non è solo un gesto etico o sociale, ma una scelta economica intelligente e lungimirante. E finché le aziende continueranno a ignorare questa evidenza, resteranno indietro.

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