Altro fallimento da $1,1 miliardi nell’industria dell’auto (c’entra Stellantis)

Claudia Cervi

11 Luglio 2025 - 10:59

Stellantis lascia il mercato cinese tra debiti e impianti abbandonati. Tutto quello che c’è da sapere sul fallimento da 1,1 miliardi della joint venture Gac-Fiat Chrysler.

Altro fallimento da $1,1 miliardi nell’industria dell’auto (c’entra Stellantis)

La joint venture Gac-Fiat Chrysler è ufficialmente fallita, lasciando sul campo oltre 1,1 miliardi di dollari di debiti e una pagina amara nella storia di Stellantis.

Era nata nel 2011 come un’alleanza strategica per conquistare il più grande mercato automobilistico del mondo. Oggi si chiude con una sentenza di fallimento e un buco milionario. Gac-Fca, la joint venture voluta da Sergio Marchionne per portare Jeep e Fiat in Cina, è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Changsha per i troppi debiti, nessun acquirente e impianti ormai obsoleti.

Il contrappasso è clamoroso. Proprio mentre la Cina registra numeri record nell’auto elettrica (+40% di vendite NEV nel primo semestre, 6,94 milioni di veicoli a nuova energia già consegnati) crolla definitivamente un progetto che puntava tutto su motori a combustione e modelli non più competitivi. Il mercato cinese corre verso l’elettrico, con esportazioni EV in crescita del 75%. E Stellantis esce di scena nel peggiore dei modi, con un fallimento clamoroso che potrebbe avere riflessi sul gruppo.

Il sogno cinese di Marchionne finisce in tribunale

Quando nel 2011 Sergio Marchionne ha avviato la joint venture con Gac Group, la Cina rappresentava il nuovo Eldorado dell’auto. L’obiettivo era quello di presidiare localmente la produzione e vendere Jeep, Fiat Viaggio, Renegade, Compass e Cherokee adattati ai gusti dei consumatori cinesi. Furono investiti oltre 2,3 miliardi di euro per impianti produttivi a Guangzhou e Changsha, con una capacità dichiarata di 300.000 veicoli l’anno. Ma il sogno ha avuto vita breve e dopo un picco del 2017, con oltre 200.000 unità vendute, è cominciato un declino inarrestabile.

Gac-FCA non è riuscita a tenere il passo con un mercato che virava rapidamente verso l’elettrico. Troppi modelli a combustione, poca innovazione, zero appeal nei confronti di un pubblico sempre più orientato verso marchi come BYD, Nio e Xpeng. La produzione si è fermata, i magazzini si sono riempiti e i conti sono finiti in rosso. Nel 2022 è arrivata l’istanza di ristrutturazione fallimentare. Da allora cinque aste pubbliche per cedere impianti, attrezzature e terreni (tutte andate deserte). Con in bilancio attivi per appena 1,9 miliardi di yuan contro oltre 8,1 miliardi di debiti, la sentenza di fallimento era inevitabile.

Quando l’auto occidentale non parla cinese

Il caso Gac-FCA è la dimostrazione di un problema strutturale. Le case automobilistiche occidentali faticano a leggere il mercato cinese, la cui velocità di trasformazione non ha paragoni. Qui i consumatori chiedono veicoli elettrici, software avanzati, interfacce utente futuristiche. Tuttavia, le condizioni normative e commerciali sono difficili, soprattutto per i marchi stranieri. Nel 2022, Stellantis aveva tentato di rilevare la maggioranza della joint venture, ma Gac ha bloccato l’operazione accusando la controparte europea di inaffidabilità.

Alla fine, le tensioni tra i due soci hanno bloccato tutto. Ogni tentativo di rilancio è naufragato, mentre l’impianto di Changsha, pensato per produrre modelli a benzina, è rimasto fermo. Per riconvertirlo all’elettrico servivano investimenti enormi, ma nessuno si è fatto avanti. Così, quello che doveva essere un progetto di lungo respiro, voluto con forza da Sergio Marchionne per aprire la strada di FCA in Asia, è finito con una dichiarazione di fallimento, evidenziando le difficoltà delle case automobilistiche occidentali nel penetrare il mercato cinese.

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