Allarme lavoro nel turismo. Sta aumentando il numero di contratti pirata

Andrea Fabbri

11 Ottobre 2025 - 13:55

Uno studio di Confcommercio lancia l’allarme sui contratti pirata nel turismo. I lavoratori perdono fino a 12.000 euro per colpa del dumping contrattuale

Allarme lavoro nel turismo. Sta aumentando il numero di contratti pirata

L’estate del 2025 è ormai alle spalle ed è arrivato il momento di riflettere sull’andamento della stagione turistica. Dal punto di vista numerico è stata una grande stagione: i record di visitatori superati, l’aumento del traffico negli aeroporti e i bilanci delle strutture ricettive lo dimostrano.

Dal punto di vista lavorativo, invece, è stata un’estate da dimenticare. L’Italia è infatti alle prese con l’esplosione del problema dei contratti pirata nel settore turistico. Un problema che, secondo un recente studio di Confcommercio, fa perdere tra gli 8.000 e i 12.000 euro l’anno a circa 150.000 lavoratori.

I numeri del dumping contrattuale

Lo studio pubblicato pochi giorni fa da Confcommercio e intitolato “Dumping contrattuale nei settori del terziario e del turismo” ha fatto molto discutere.

Il numero di contratti pirata nel nostro Paese è aumentato del 141,7% nell’ultimo decennio. Questo significa che migliaia e migliaia di impiegati nel terziario e nel turismo rinunciano ogni anno a una buona fetta di salario, ad alcuni giorni di ferie e permessi e alle maggiorazioni per gli straordinari.

Ma non solo. Hanno anche indennità di malattia ridotte e pochissime tutele in caso di infortuni.

Cosa sono i contratti pirata

Per contratto pirata si intendono gli accordi collettivi firmati da sindacati e associazioni datoriali che hanno l’obiettivo di creare un sistema di concorrenza sleale ai CCNL.

Accordi che vengono definiti pirata poiché prevedono stipendi più bassi, permessi ridotti (quando non addirittura azzerati), nessun tipo di welfare e pochi giorni di ferie.

Il boom di questa tipologia di contratti è un danno sia per i lavoratori che per le aziende. I primi sono costretti a rinunciare a soldi e diritti per lavorare. Le seconde, invece, se li adottano, rischiano l’esclusione dalle gare di appalto e dalla contrattazione di prossimità e potenziali richieste di risarcimento da parte dei competitors.

Il confronto con gli altri Paesi

Nello studio di Confcommercio c’è anche un interessante confronto con altri Paesi che si impegnano da anni a contrastare la diffusione dei contratti pirata.

In Germania questa opera di contrasto si è tradotta nella definizione di criteri estremamente rigorosi per identificare i sindacati che possono negoziare la contrattazione collettiva. In Francia la legislazione è ancora più severa e sono validi soltanto i contratti collettivi firmati da organizzazioni che hanno ottenuto la maggioranza di voti nelle elezioni aziendali.

Nel nostro Paese, purtroppo, non esistono questi meccanismi e non c’è nessun parametro per la misurazione della rappresentatività di un’associazione sindacale.

Come arginare il fenomeno

La situazione italiana è estremamente difficile ma secondo Confcommercio esistono alcuni correttivi da poter mettere in campo.

Il primo è quello di inserire un sistema di misurazione della rappresentatività sindacale certificato da enti terzi come, ad esempio, INPS e CNEL. Il secondo è quello di creare un indice di qualità contrattuale dotato di strumenti comparativi in grado di facilitare l’opera degli ispettori del lavoro.

L’ultimo è quello di delimitare meglio i parametri contrattuali e di premiare le aziende che applicano i CCNL con i loro dipendenti.

Iscriviti a Money.it