Agevolazioni acquisto prima casa, ecco quando si perdono

Nadia Pascale

6 Febbraio 2024 - 11:52

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Sentenza shock della Corte di Cassazione, applica diritto non più vigente da oltre 10 anni a causa delle lungaggini dei tribunali. Perse le agevolazioni prima casa in assenza di contraddittorio.

Agevolazioni acquisto prima casa, ecco quando si perdono

Cosa succede se la lentezza della giustizia porta all’applicazione di regole ormai desuete? Si possono perdere le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa applicando norme non più in vigore dal 1° gennaio 2014? La risposta è «sì».

La Corte di Cassazione con la sentenza 33699 del 4 dicembre 2023 ha ribadito importanti concetti inerenti le agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa e la successione delle leggi nel tempo. Questa sentenza risulta importante perché di fatto applica un diritto che oggi non esiste più, applicato però perché al momento del fatto le norme vigenti erano diverse, ne deriva che, anche se sono passati molti anni, si applicano vecchie norme. Vedremo da questa sentenza come il problema della giustizia lenta in Italia abbia una rilevanza, anche economica, non da poco.

Attualmente vige il nuovo Statuto del contribuente che prevede sempre il contraddittorio preventivo con il contribuente, l’obiettivo è ridurre il ricorso a procedure giurisdizionali e quindi avere anche una giustizia più celere e funzionale. Torniamo però al caso in oggetto.

Ecco la sentenza shock della Corte di Cassazione sulle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa perse con applicazione di norme desuete.

Il caso: le dimensioni della casa contano per considerare l’immobile di lusso? Agevolazioni fiscali perse.

Il contribuente stipula un atto di compravendita di un immobile applicando le agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa, in particolare l’imposta di registro prevede un’aliquota del 2% e non del 9% (aliquota ordinaria).

Sappiamo che le agevolazioni per l’acquisto della prima casa non si applicano nel caso in cui oggetto di compravendita sia un immobile di lusso. Qui arriva la prima brutta sorpresa, infatti dal 1° gennaio 2014 (10 anni fa) sono assoggettate alla disciplina degli immobili di lusso le unità immobiliari al catasto risultanti in categoria A1, A8 e A9.
In precedenza trovava applicazione il decreto ministeriale 2 agosto 1969. Il decreto prevedeva che erano considerate di lusso (indipendentemente dalla categoria catastale, dalle tecnologie adottate, dai materiali usati) le unità immobiliari:

  • con superficie superiore a 240 mq;
  • di superficie superiore a 200 mq a condizione che vi fosse una pertinenza scoperta superficie di oltre sei volte l’area coperta.

Poteva trattarsi anche di un rudere, ma superando le dimensioni, era consideto immobile di lusso.
Nel caso in oggetto la compravendita è antecedente a tale data, viene considerato di lusso l’immobile applicando il criterio dell’estensione della superficie. Viene quindi inoltrato dall’Agenzia delle Entrate un avviso di liquidazione senza alcun contraddittorio endoprocedimentale.

Legittimo l’avviso di liquidazione dell’AdE con disconoscimento delle agevolazioni fiscali prima casa

La Corte di Cassazione ribadisce che, in base al diritto vigente al momento dell’emanazione dell’atto, non vi era obbligo da parte dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale prima della notifica dell’avviso di liquidazione vero e proprio.

Il contribuente richiama i principi contenuti nella legge 212 del 2000 (Statuto del contribuente), ma ribadisce la Corte di Cassazione che, come già previsto dalla sentenza a sezioni unite civili n. 24823/2015 “in assenza di specifica prescrizione" non vi è un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, che comporti, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Esclude, pertanto, che possa attribuirsi valenza generale alla previsione dell’articolo 12, comma 7, dello statuto del contribuente, in quanto tale disposizione va delimitata ai soli accertamenti conseguenziali ad accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi di riferimento del contribuente, senza che possa estendersi anche alle verifiche «a tavolino».

Questa disposizione deve ritenersi superata con il nuovo Statuto del contribuente, adottato con il decreto legislativo 219 del 2023. La nuova disciplina prevede il contraddittorio preventivo obbligatorio.

Cosa sarebbe cambiato? Nel caso pratico che qui ci interessa se vi fosse stato un contraddittorio preventivo, magari il contribuente avrebbe capito il perché dell’avviso di liquidazione e pagato il dovuto. Oppure, avrebbe potuto presentare elementi a sostegno della sua tesi in via “bonaria”, l’amministrazione finanziaria avrebbe potuto accogliere o rigettare le tesi del contribuente, tutto nell’arco di 60 giorni. Senza arrivare, quindi, a una lunga lite tributaria durata oltre 10 anni con costi non da poco e con norme nel frattempo cambiate in modo anche radicale.

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