Cambiano le regole sugli affitti brevi dopo la sentenza del Consiglio di Stato. Ecco tutte le novità.
Molti Comuni italiani sono recentemente intervenuti sulla regolamentazione degli affitti brevi, limitando o vietando del tutto la locazione turistica ad alcune condizioni. Lo scopo delle ordinanze e dei regolamenti locali è evidente: tutelare la cittadinanza e il diritto alla casa. La sentenza n. 2928/2025 del Consiglio di Stato, tuttavia, stravolge questa prassi, ricordando che questo tipo di decisioni non spetta al Comune e difendendo l’autonomia dei proprietari immobiliari. Ciò non significa che le finalità degli enti locali siano poco meritevoli, ma semplicemente che i Comuni non sono legittimati a definire le regole sugli affitti brevi in forma non imprenditoriale. Con queste nuove regole ci si deve preparare a grosse complicazioni nelle maggiori località turistiche italiane, almeno finché non ci sarà un intervento normativo adeguato. Ecco cosa cambia.
Perché i Comuni bocciano gli affitti brevi
Gli affitti brevi sono particolarmente convenienti per i proprietari perché hanno maggiore libertà nella gestione dell’immobile e soprattutto limitano i rischi dovuti ai mancati pagamenti. In proposito si parla anche di affitti turistici, proprio perché sono i turisti quelli maggiormente interessati ad appartamenti per periodi di tempo limitati e di conseguenza disposti a pagare molto di più rispetto all’abitazione. Non c’è nulla di illegale in questo, tutti i cittadini sanno benissimo che non c’è confronto che tenga tra l’affitto di una casa per le vacanze e quello per l’immobile in cui si vive stabilmente. Il turismo, inoltre, può rivelarsi il motore principale dell’economia delle località più richieste, con giovamento per tutti.
Il problema è che in questo periodo storico si alimenta un meccanismo deleterio, in cui è sempre più difficile trovare una casa in affitto in cui vivere ed è ancora più difficile raggiungere questo obiettivo a costi sostenibili. Il turismo e gli affitti brevi diffusi in alcune città, infatti, portano inevitabilmente a un aumento dei costi che la maggior parte della cittadinanza non può permettersi. Così, sempre più spesso sono i Comuni a intervenire sulla materia, difendendo gli alloggi residenziali e il diritto alla casa con misure fondamentali di tutela sociale.
Gli enti locali, poi, hanno altri validi motivi per regolare gli affitti brevi: contrastare l’evasione fiscale e la concorrenza sleale a danno delle strutture ricettive, che ovviamente non possono mantenere un livello dei prezzi competitivo come i privati. Diverse città italiane devono inoltre fare i conti con fenomeni di overtourism, dannoso per i residenti e le destinazioni, ma anche causa di esperienze qualitativamente scadenti per i viaggiatori stessi.
Nuove regole dopo la sentenza del Consiglio di Stato
È difficile non trovare comprensibili le ragioni che spingono i Comuni italiani a disciplinare severamente gli affitti brevi, per quanto sia doveroso considerare anche i diritti dei proprietari immobiliari. Il problema è che i Comuni non possono affatto intervenire sugli affitti brevi in assenza di specifiche leggi regionali o statali che attribuiscano loro la competenza. Ciò riguarda la locazione turistica non imprenditoriale, esercitata cioè da privati cittadini che affittano un massimo di 3 immobili per periodi non superiori a 30 giorni (e senza servizi aggiuntivi). Questa libertà derivante dal diritto di proprietà non può essere deliberatamente compressa dai Comuni, che possono intervenire esclusivamente sulla sicurezza edilizia e urbanistica degli immobili.
Cosa cambia adesso
La nuova sentenza del Consiglio di Stato porterà senza dubbio a modifiche nei vari regolamenti comunali, considerando che i Comuni possono aspettarsi esiti analoghi in caso di contenzioso. Così, non ci saranno più limiti agli affitti brevi e i proprietari non saranno nemmeno soggetti a obblighi o prescrizioni particolari. Si tutela così la libertà dei proprietari e la discrezionalità della gestione patrimoniale. Eventuali interventi necessari per misure di natura sociale potranno essere accordati soltanto da leggi regionali o nazionali, per quanto non si tratti della strada preferibile in questi casi .
Non è certo la prima volta in cui la giustizia amministrativa sembra ostacolare i diritti dei cittadini più fragili, soprattutto in tema di locazioni, ma non sono i privati cittadini coloro che sono chiamati a risolvere la carenza di alloggi o le difficoltà economiche. In linea generale, il proprietario affitta come, quando e a chi vuole, è lo Stato a dover intervenire per tutelare i cittadini in difficoltà senza sacrificare in maniera ingiustificata i privati cittadini.
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