Il check in da remoto per gli affitti brevi è legale oppure no? Arrivano i chiarimenti dei giudici.
La possibilità di fare il check in da remoto per gli affitti brevi era stata spazzata via dalla circolare del 18 novembre 2004 del ministero dell’Interno (n. protocollo 0038138). I gestori sono stati così obbligati a identificare di persona gli ospiti per l’affitto di strutture ricettive inferiore a 30 giorni, con disagi da entrambe le parti. Le associazioni hanno avviato un dialogo serrato con il Viminale, che sembrava intenzionato a tornare sui suoi passi, anche se ora non è più necessario.
È infatti arrivata la sentenza n. 10210/2025 del Tar del Lazio a chiarire definitivamente la questione, ripristinando il check in da remoto per gli affitti brevi.
Il divieto ministeriale sui check in online
La circolare ministeriale del 2024 obbligava i gestori delle strutture ricettive a identificare de visu gli ospiti, nonostante la riforma del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps) avesse snellito la procedura. L’articolo 19 del Tulps, come modificato nel 2011, prevede in particolare che l’ospite compili una scheda con i propri dati, che l’esercente deve comunicare attraverso il portale “Alloggiati web” delle questure. Il ministero dell’Interno ha tuttavia deciso di introdurre nuovamente l’obbligo di identificare personalmente gli ospiti, motivato da ragioni di sicurezza. È stato infatti considerato che conoscendo personalmente gli ospiti, con la tradizionale consegna delle chiavi, potessero esserci maggiori garanzie sulla loro identità e sul loro numero.
In realtà, questo presupposto è stato considerato fallace dal Tar capitolino, oltre a creare complicazioni per le strutture. I gestori hanno infatti lamentato grossi disagi a cause della reintroduzione di quest’obbligo, dalla discriminazione rispetto ad altri operatori esenti da questo dovere (per esempio chi noleggia veicoli) alle difficoltà nella gestione e nell’organizzazione degli affitti brevi. Oggi è molto comune che l’affitto delle strutture extra alberghiere venga monitorato a distanza, lasciando anche maggiore elasticità agli ospiti in arrivo, soprattutto riguardo agli orari del check in. Le keybox, da cui gli ospiti possono ritirare le chiavi per accedere autonomamente alla struttura, sono uno strumento molto importante a tal proposito.
La sentenza del Tar del Lazio sugli affitti brevi
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso della Federazione associazioni ricettività alberghiera (Fare), annullando il provvedimento ministeriale. Ovviamente il tribunale non ha agito esclusivamente sulla base degli interessi dei gestori, ma ha ritenuto che la circolare gravata da vari vizi. Il provvedimento del ministero dell’Interno, infatti, introduceva questo pesante onere in contrasto con la semplificazione degli adempimenti amministrativi voluta dal decreto legge n. 201/2011 (da cui origina la modifica dell’articolo 109 del Tulps). Il nuovo dovere a carico delle strutture ricettive non derivava affatto dall’interpretazione della norma, ma da una vera e propria iniziativa ministeriale.
Oltretutto, l’obbligo per i gestori non appare giustificato dalle esigenze di sicurezza, perché non garantisce alcun controllo maggiore rispetto a quello che può essere effettuato a distanza. Una persona può ben affittare una struttura a proprio nome, ritirare personalmente le chiavi e poi consegnare a qualcun altro, per esempio. Ecco che il Tar del Lazio ha dichiarato nulla la circolare per “violazione del principio di proporzionalità” oltre che per “eccesso di potere collegato ad una carenza istruttoria”.
Torna il check in online per gli affitti brevi
Essendo stata riconosciuta nulla la circolare con il divieto, torna la possibilità di effettuare il check in online per gli affitti di durata inferiore a 30 giorni.
L’identificazione degli ospiti resta un adempimento doveroso, ma può essere svolta a distanza, tramite le numerose tecnologie oggi a disposizione.
Video, foto e videochiamate non producono un risultato diverso dall’identificazione di persona, sempre con il riscontro dei documenti di riconoscimento. Entrambi i metodi producono lo stesso effetto sulla sicurezza pubblica, nel limite di quanto rientri nella capacità di controllo degli esercenti. Le associazioni rappresentative delle strutture ricettive auspicano comunque un intervento del ministero, che difficilmente impugnerà il provvedimento, per regolamentare in maniera chiara e precisa l’identificazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA