La crisi del debito dell’Eurozona si è trasformata nella recessione più lunga dell’epoca post-bellica, e per l’economia del vecchio continente non c’è alcun segno di miglioramento in vista.
La situazione economica nell’Eurozona
I governi dell’austerity vanno avanti, le banche non vogliono o non possono fare prestiti; i debiti stanno schiacciando aziende e famiglie. Anche se le previsioni, compresa quella della BCE, ritengono che già da quest’anno si torni a crescere, è difficile crederlo stando a quello che riportano i dati.
La produzione di beni e servizi, quale rappresentata dal PIL, nei primi tre mesi del 2013 è scesa ad un tasso che su scala annuale è una contrazione dello 0.9%.
Sei trimestri consecutivi di contrazione, di una recessione economica iniziata nel 2011 e che contrasta non poco con lo stato attuale delle altre potenze economiche mondiali. Nello stesso periodo, infatti, gli Stati Uniti sono cresciuti del 2.5%, mentre secondo le previsioni la crescita del Giappone per questo trimestre sarà del 3.5%.
Il punto è che la crescita è evidentemente moderata in tutto il mondo, ma le condizioni di vera e propria depressione che caratterizzano il Sud europeo, stanno trascinando al ribasso anche le economie considerate al cuore dell’Eurozona: la Germania che cresce a malapena, e la Francia, tecnicamente in recessione.
L’attività economica del blocco dell’Eurozona rappresenta il 17% del PIL mondiale e continua ad essere sensibilmente inferiore ai livelli del 2008, prima della crisi. Inoltre, le tensioni sociali, la paralisi politica e l’avanzamento del debito stanno riaccendendo il dibattito attorno al futuro economico della zona euro.
Recessione: gutta cavat lapidem
Sebbene ci siano state recessioni ben più profonde, la contrazione che caratterizza l’Europa in questi anni sta durando molto di più, erodendo il favore ed il sostegno sociale dei cittadini verso l’Europa. Proprio come la goccia che scava la pietra.
La recessione è la dimostrazione pratica che la medicina dell’Eurozona, l’austerity e le balbuzienti riforme strutturali, non abbia funzionato nel ridare fiducia a consumatori e aziende.
Il panico del debito che ha caratterizzato gli anni tra il 2010 e il 2012 è stato per larga parte ammansito dall’intervento della Banca Centrale Europea che ha abbassato i tassi di interesse, promettendo di prevenire in ogni modo il collasso dell’Eurozona.
Nell’insieme, queste misure hanno ridotto i timori che l’Eurozona potesse implodere ed hanno favorito la forte ripresa dei mercati finanziari. Ma la ripresa dei mercati azionari e obbligazionari non sta portando ad un rimbalzo anche di investimenti di imprese e alla creazione di posti di lavoro.
Gli oneri fiscali per le imprese in paesi come Spagna, Italia e Portogallo continuano ad essere significativamente superiori a quelli dei paesi del Nord Europa e sono un vero e proprio ostacolo per gli investimenti e per l’avvio di nuove imprese.
La BCE potrebbe intervenire ancora?
Dato l’andamento delle economie dell’Eurozona è possibile che nel breve termine, la Banca Centrale Europea decida di intervenire per stimolare l’attività economica, specialmente l’erogazione di prestiti alle piccole e medie imprese che sono il pilastro portante delle economie del Sud.
Per questo, spiegano gli esperti di settore, potrebbe decidere di tagliare i tassi sui depositi, portandoli in zona negativa. In altre parole, così facendo le banche sarebbero costrette a pagare per depositare i soldi presso la BCE e, di conseguenza, sarebbero incoraggiate ad erogare prestiti ai cittadini.
Per contribuire a far ripartire l’economia, le altre grandi banche centrali del mondo hanno dato il via ad una serie di programmi di acquisto titoli mediante i quali mettono in circolazione denaro nell’economia. In questa direzione la BCE ha le mani legate su almeno due fronti: il primo è l’inflazione in calo. Il secondo è la Germania che non approva una simile esposizione al rischio da parte della banca centrale.
Futuro dell’Euro: quali sono le prospettive?
Anche se l’economia dell’Eurozona riuscisse a conquistare un periodo di crescita entro quest’anno, le prospettive per il medio termine continueranno ad essere poco entusiasmanti.
I paesi del Sud Europa stanno ancora abbassando o tagliando su costi, spese e stipendi così da ritrovare, secondo la Germania, la competitività necessaria a ripartire. Questo processo che gli economisti chiamano "svalutazione interna" è lento e agonizzante, specie se paragonato ad un altro percorso che tuttavia i membri dell’Euro non possono percorrere: svalutare la valuta nazionale.
Crescita più veloce o inflazione più alta in Germania permetterebbe a Spagna, Italia e Francia di recuperare più velocemente la competitività con i paesi del Nord.
Tuttavia, il tasso di disoccupazione in Germania è basso e a breve ci saranno le elezioni; c’è poca pressione sulla politica tedesca perché si mettano in atto cambiamenti che possano far aumentare l’inflazione.
Numeri: i grafici del Wall Street Journal
Fonte: Wall Street Journal
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