Voucher: abuso o successo?

Christian Dalenz

03/03/2017

Un’analisi dei dati disponibili sui buoni lavoro e il parere di sindacati ed esperti, in attesa del referendum proposto dalla CGIL

Voucher: abuso o successo?

Il mercato del lavoro mondiale ha subito negli ultimi 30 anni una forte accelerazione verso la cosiddetta flessibilità. Le forme di contrattualizzazione del lavoro sono aumentate moltissimo, al punto che il vecchio posto fisso è ormai solo una delle tante possibilità, e nemmeno la più frequente. E il cosiddetto lavoro a tempo indeterminato è disciplinato da una varietà molto ampia di contratti.

Negli ultimi anni si è inoltre introdotta, sia in Italia che in Europa, una novità nel campo delle modalità di retribuzione: i buoni lavoro detti anche voucher.
I voucher, nelle intenzioni originarie, dovevano servire come forma di pagamento per lavori accessori e occasionali: lavori di casa, cura dei disabili e anziani, e in generale lavori da svolgere in poche ore.

L’idea originaria era dunque quella di limitarli solo a questo tipo di prestazione, mentre per quelle coordinate e continuate si sarebbe dovuto proseguire con la contrattualizzazione vera e propria, che perciò non è prevista quando il salario è pagato in voucher. In Italia sono stati introdotti nel 2003 con la Legge Biagi, entrando poi in vigore nel 2008. E da quando questo istituto è stato completamente liberalizzato per tutti i settori lavorativi dal Governo Monti nel 2012 si è assistito ad un boom del suo uso.

Voucher lavoro: i dati

Dati INPS

Nella colonna “voucher venduti” possiamo osservare che ne sono stati erogati sempre di più ogni anno: tra il 2008 e il 2015 l’aumento è stato esponenziale (+ 25.000% circa).

Per quanto riguarda dati più dettagliati, sono per ora disponibili solo quelli tra il 2011 e il 2015. Qui vediamo che il numero di voucher effettivamente pagati al lavoratore (colonna “Voucher riscossi”) sono anch’essi aumentati tra i due anni (+604% circa). Nello stesso periodo, il numero di lavoratori coinvolti è salito da 216.214 a 1.380.030 (+538%). Se inizialmente erano più gli uomini ad essere coinvolti nello strumento, nel 2014 e nel 2015 sono state di più le donne ad essere pagate con i voucher, come osservabile nelle colonne “Maschi” e “Femmine”.

Il numero medio di voucher riscossi nel periodo è stato 63,22 , che corrisponde dunque a circa 630 euro che sarebbero stati percepiti mediamente da ciascuno di questi lavoratori all’anno (ciascun voucher vale all’incirca 10 euro): una cifra così bassa farebbe pensare all’irrilevanza, in media, del lavoro pagato in questo modo sulla vita delle persone.

Un tale dato rappresenta però solamente una media, appunto, e non ci dice quanti lavoratori si mantengano con uno stipendio più elevato e pagato solo in questa maniera, senza contratto e garanzie di sorta. Sappiamo che la percentuale di lavoratori pagati con voucher sul totale degli occupati è stata circa del 6% nel 2015 (dati Istat e INPS).

Anche qui però abbiamo un problema: non possiamo dire con certezza quanti lavoratori pagati con voucher facciano anche altri lavori pagati in altro modo, e dunque quanti effettivamente si mantengano solo con voucher. Né sappiamo con sicurezza quanto nero sopravviva nell’ambito del lavoro così retribuito.
Infine, l’età media dei lavoratori coinvolti è in discesa, come si osserva dalla colonna “Età media”: ciò farebbe ritenere che è in aumento il numero dei giovani pagati con i buoni lavoro.

Abbiamo a disposizione anche un quadro generale sui settori in cui i voucher vengono utilizzati.

Dati INPS

Tra il 2008 e il primo semestre del 2016 è soprattutto nel commercio, nel turismo e nei servizi che i buoni lavoro sono stati venduti.

Buoni lavoro: cosa ne pensa il ministero?

A ottobre dell’anno scorso un decreto applicativo del Jobs Act ha imposto la comunicazione da parte del datore di lavoro di quali e quanti impiegati da pagare con voucher utilizzerà e per quanto tempo almeno un’ora prima dell’effettivo inizio della prestazione. Durante la prestazione, può anche comunicare se intende estendere l’orario di lavoro.

“La nostra vigilanza è un po’ più efficace grazie all’obbligo comunicazionale.
Le violazioni riguardante il lavoro in nero inoltre sono crollate”,

ci spiega Danilo Papa, direttore centrale della vigilanza sul lavoro presso il Ministero di Giuliano Poletti.

Papa crede che tale norma possa essere migliorata nelle modalità di comunicazione.

“Oggi si fa solo attraverso mail, se si introducesse una applicazione per smartphone che catalogasse i lavoratori utilizzati di solito sarebbe più facile il controllo”.

Aggiunge che anche altre modifiche potrebbero essere fatte: “Si potrebbero introdurre limiti quantitativi nell’utilizzo di voucher per azienda”.

Le opinioni dei sindacati

I sindacati principali hanno opinioni variegate sul tema.

Sul piede di guerra è in particolare la CGIL, che si è vista approvare dalla Corte Costituzionale tre referendum abrogativi, di cui uno proprio sui voucher: il primo sindacato d’Italia intende dunque eliminarli del tutto.

“Il lavoro occasionale deve essere disciplinato attraverso contratto subordinato, come abbiamo spiegato nella nostra Carta dei Valori”,

dice Corrado Barachetti, responsabile CGIL per la contrattazione sul mercato del lavoro. In merito alle polemiche sull’utilizzo di voucher da parte della CGIL, Barachetti spiega che sono utilizzati solamente per pensionati che si dedicano a piccoli lavoratori per le sedi sindacali e per i quali il sindacato sarebbe pronto a fare dei contratti appositi da regolamentare insieme al governo.

“Facendo questa richiesta, noi vogliamo tutelare anche le stesse imprese, perché un contratto garantisce condizioni chiare anche per loro. Oggi in particolare nei settori del commercio e del turismo si sta coprendo del lavoro coordinato e continuativo attraverso i voucher. Il basso numero di ore lavorate con voucher certificate, inoltre, non racconta il lavoro in nero prestato nelle stesse occasioni: alle volte con un solo voucher vengono pagate più ore di lavoro”.

La CGIL rifiuta dunque qualunque proposta di modifica della regolamentazione sui voucher, visto che li ripudia.

Gianluigi Petteni, responsabile per il mercato del lavoro della CISL, spiega che il suo sindacato è contrario alla cancellazione totale dei voucher.

“Vanno riportati al sistema originale, ovvero al lavoro esclusivamente occasionale. Lo strumento va corretto ma non cancellato”,

dice.

“Ma in settori quali quelli dell’edilizia e dei trasporti, ambiti delicati sul piano della sicurezza, i voucher non vanno utilizzati. La buona flessibilità va bene finché non si cade nel pessimo sfruttamento”.

Petteni non si sbilancia sulla posizione che la CISL assumerà in occasione del referendum:

“Quando sapremo la data, daremo le indicazioni di voto ai nostri iscritti”.

Guglielmo Loy, responsabile per le politiche del lavoro nella UIL, ritiene anch’egli che lo strumento abbia “debordato dalle intenzioni originali. Alcune imprese hanno sostituito con i voucher il lavoro regolato: le tutele e i diritti quali ferie e ammortizzatori sociali vengono ridotte in maniera legale. Ci preoccupano in tal senso gli abusi avvenuti nei settori del turismo, dell’edilizia e dell’agricoltura”.

Il governo, a detta di Loy “non ha ancora del tutto idee chiare” su come modificare l’istituto, ma gli pare che si interverrà “sul ripristino pieno dei criteri dell’accessorietà e dell’occasionalità” per l’utilizzo dei buoni. A suo avviso occorre inoltre “il limite di voucher utilizzabili per azienda ed escludere alcuni settori”, l’edilizia in particolare.

“Siamo contrari alla cancellazione totale dell’istituto e per modifiche immediate: se avverranno, indicheremo di non andare a votare al referendum”,

chiude.

Ricapitolando, mentre la CGIL vuole la cancellazione totale dei voucher, CISL e UIL sono ancora disponibili a mantenerli con la condizione che se ne limiti l’uso e li si proibisca in alcuni settori.

Il parere degli esperti

Si è già costituito un comitato per il NO al referendum che propone l’abrogazione dei voucher. Si chiama “NoiNo, è stato promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi ed è presieduto dal giornalista Davide Giacalone.

“I voucher rappresentano un’esperienza positiva, purtroppo molto limitata”,

è ciò che ritiene.

“Il grande incremento degli ultimi anni rappresenta in realtà una piccola incidenza complessiva sul mercato del lavoro, visto che secondo calcoli che mi sono stati forniti le retribuzioni attraverso voucher rappresentano lo 0,23% del totale del monte salari del settore privato italiano”.

Questa considerazione però non tiene conto di quanti effettivamente si mantengano attraverso voucher: questione non facile da misurare come avevamo segnalato in apertura.

Per modificare la situazione, Giacalone propone “le riforme Hartz praticate in Germania che hanno introdotto i mini-jobs, così da mettere sotto contratto queste forme di lavoro, ma piuttosto che niente meglio i voucher. L’alternativa è il nero o la disoccupazione”.
Si dice anche favorevole a svolgere il referendum:

“si vada a votare e si veda se in Italia c’è una maggioranza che ritiene che piuttosto che i voucher sia meglio lo sfruttamento”.

Nero e sfruttamento, come spiegavano i sindacati, purtroppo sopravvivono anche con i voucher.

L’economista post-keynesiana Antonella Stirati, dell’università Roma Tre, è invece orientata a votare per l’abrogazione dell’istituto.

“Ho scritto un articolo sulla rivista online Economiaepolitica.it insieme a Lorenzo Testa dove spiego che il problema italiano non è nella maggiore flessibilità della contrattualizzazione delle condizioni di lavoro ma nell’andamento della domanda dei consumatori”,

ci segnala.

“I voucher potrebbero essere ricondotti allo spirito originario della legge Biagi, dove si prevedeva l’uso per piccoli lavoretti, ma voterei comunque per l’abolizione perché bisogna dare un segnale perché i problemi del lavoro siano affrontati in modo diverso”.

La professoressa Stirati ci fa inoltre notare che “con i dati attualmente disponibili risulta ancora non chiaro quanta parte dell’incremento di occupazione registrato dall’Istat negli ultimi due anni sia attribuibile a questa forma di occupazione fortemente precaria ed occasionale”. Come del resto emergeva dall’illustrazione dei dati INPS.

Che fare, dunque?

Tirando le somme, potremmo dire che probabilmente (uso questa parola perché i dati disponibili peccano di imprecisione, come spiegato in precedenza) i voucher contino ancora poco nel complesso del mondo del lavoro; e d’altro canto, l’evidente aumento esponenziale del loro uso negli ultimi anni fa pensare che se non viene posto un limite molto netto al loro utilizzo, questa forma di retribuzione potrebbe pian piano travolgere il mercato del lavoro fino a distruggerne le regole, già ampliamente ammorbidite negli ultimi decenni.

Il governo Renzi è in effetti da una parte intervenuto con l’obbligo comunicazionale, come ci spiegava Papa, ma dall’altra li ha liberalizzati ancor più aumentando la soglia massima di salario pagabile con voucher (da 5.000 a 7.000 €). Per quanto l’INPS ci segnali nel suo ultimo rapporto che la crescita del numero di voucher erogati è in diminuzione, il numero rimane molto alto (e comunque crescente). Tra l’altro questo ultimo rapporto viene criticato nella metodologia da Barachetti (“Non era mai successo che a gennaio avessimo già a disposizione tutti i dati relativi all’ultimo mese dell’anno precedente”) e da Loy (“L’Inps ha fatto una rivisitazione dei criteri di ricerca dati in corso d’opera piuttosto discutibile, dove anche i dati del 2015 risultano più bassi che in precedenza”).
Dunque l’intervento dell’esecutivo Renzi sui voucher è stato insufficiente, quando non potenzialmente dannoso.

La situazione dei voucher è paragonabile ad un tumore benigno inserito nel mercato del lavoro, non ancora letale, ma da rimuovere o contenere quanto prima per evitare che il male dilaghi, come purtroppo sta avvenendo, e la contrattazione venga sempre più sostituita da questa forma di retribuzione manchevole di vere garanzie.

A dirla tutta i buoni lavoro potrebbero anche essere mantenuti, ma con la condizione che si torni allo spirito della Legge Biagi. Altrimenti meglio votare SI al referendum prossimo venturo.

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