Voluntary disclosure, il rientro dei capitali dall’estero continua a seminare numerosi dubbi, fortemente incentrati su possibili rischi e inevitabili costi. Ben lungi dall’essere un condono fiscale, infatti, l’adesione può costare anche più del 90 per cento del capitale, e il nuovo reato di autoriciclaggio continua a fare paura.
Voluntary disclosure, il rientro dei capitali è al centro dei pensieri di molti contribuenti dalla posizione non esattamente regolare nei confronti del Fisco italiano. Tra costi, rischi e dubbi (soprattutto sul nuovo reato di autoriciclaggio) è ormai evidente che non si possa parlare di un condono fiscale, ma i vantaggi di natura penale sono evidenti, e spingeranno molti verso l’adesione.
Paradisi fiscali in via d’estinzione?
Tra i fattori che costituiranno un forte incentivo per intraprendere la strada della voluntary, spicca senz’altro l’attesissima ratifica dell’accordo bilaterale con la Svizzera, che dimezza i termini di accertamento e le sanzioni sulle imposte evase per i Paesi della Black List. Se a ciò si aggiunge una recente legge elvetica, la quale rende punibili gli intermediari per concorso di reato in caso di evasione superiore ai 300 mila franchi, è evidente che la stretta sia in arrivo. Sebbene sia possibile rivolgersi verso altre zone a fiscalità avvantaggiata, tra il 2017 e il 2018 quasi 100 Paesi aderiranno al protocollo Ocse sullo scambio di informazioni. E nemmeno servirebbe a granché trasferire la propria residenza: una mossa del genere, verso un Paese Black List, rischierebbe di attirare l’indesiderata attenzione dell’anagrafe tributaria.
Costi e vantaggi
Come già detto, la Voluntary disclosure non è sicuramente un’operazione a costo zero: si varia da circa il 10 per cento del capitale per chi vuole regolarizzare un’eredità frutto di redditi evasi, ma si arriva a superare anche il 90 per cento dell’intera somma. Un fattore che può essere disincentivante, ma che non deve far dimenticare gli indiscutibili vantaggi di natura penale.
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