Unicredit - Commerzbank, matrimonio (im)possibile? Cosa dicono gli esperti

Alessio Trappolini

4 Aprile 2019 - 17:03

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Come sempre in questi casi, all’interno della comunità finanziaria ci sono voci favorevoli e voci contrarie riguardo all’operazione di unione fra Unicredit e Commerzbank. Analizziamo entrambi i punti di vista

Unicredit - Commerzbank, matrimonio (im)possibile? Cosa dicono gli esperti

Si alimentano le voci su una possibile unione tra Unicredit e Commerzbank, dopo che l’articolo del Financial Times ha acceso le speculazioni che vogliono la banca italiana interessata a una possibile offerta per una “considerevole” quota dell’istituto tedesco, visto l’apparente stallo delle trattative di fusione con Deutsche Bank (per approfondire rileggi l’articolo su Money.it).

Come sempre in questi casi, anche all’interno della comunità finanziaria ci sono voci favorevoli e voci contrarie riguardo all’operazione. Analizziamo entrambi i punti di vista.

Kames Capital: troppi nodi da sciogliere

Mark Peden, Investment Manager di Kames Capital, ha espresso i suoi dubbi sull’effettiva probabilità che un simile accordo possa verificarsi. Secondo il gestore ci sono almeno quattro ostacoli che ne impedirebbero la finalizzazione, dall’ondata di polemiche che pioverebbe sul governo tedesco da parte di esponenti populisti ai problemi finanziari legati alla capitalizzazione di mercato dei due istituti.

«È evidente il motivo per cui queste indiscrezioni prendono forma: la banca italiana ha acquisito il quarto istituto di credito tedesco nel 2005 e ci sarebbero tante possibili sinergie da creare in un’offerta che porterebbe all’unione di questa con la seconda banca teutonica», ha spiegato Peden.

L’idea era emersa anche nel 2017, complice il favore del regolatore bancario europeo a attività transfrontaliere che aiutino a risolvere la situazione dei player più deboli in termini di capitali e attivi deteriorati.

Peden dice che un accordo di questo genere lo sorprenderebbe. «Il governo tedesco diventerebbe il bersaglio di una pioggia di critiche dai populisti nel caso autorizzasse il take over di un campione nazionale per mano di un big player italiano, senza contare che Deutsche Bank sarebbe lasciata in una situazione ancor più precaria di quella attuale», spiega l’esperto di Kames Capital, che chiosa:

«Una simile operazione non rientrerebbe poi nel piano triennale presentato dall’attuale amministratore delegato di Unicredit che non prevedeva alcuna variazione di perimetro di larga scala o transnazionale. Infine, a seconda della grandezza della quota in interesse, l’aspetto finanziario potrebbe essere proibitivo dato che la capitalizzazione di mercato di Commerzbank è circa un terzo di quella di Unicredit».

AllianceBernstein: sinergie in investimenti, soprattutto IT

La posizione di Steve Hussey, Senior Vice President e Head of Financial Institutions Credit Research di AllianceBernstein, è diametralmente opposta. Per il gestore il maggior problema che si pone all’unione tra Deutsche Bank e CommerzBank è la loro capacità di imporsi sulle unioni sindacali e ridurre personale e filiali, cosa necessaria dato l’accavallamento delle due banche nel territorio domestico.

«In uno scenario contraddistinto da bassi tassi di interesse e bassa crescita, dove i ricavi sono sotto pressione e gli investimenti (costi) specialmente nell’IT sono elevati, la redditività delle banche è destinata a rimanere limitata», spiega Hussey.

«Una possibile soluzione per gli istituti di credito è di aumentare le proprie dimensioni, tramite operazioni M&A, e quindi, teoricamente, spalmare i costi. Tuttavia, l’essere in grado di sfruttare queste sinergie è cosa rara se si guarda all’esperienza M&A del settore bancario, su cui gravano debolezze strutturali (come il sistema a tre pilastri tedesco), pressioni politiche e sindacali che si oppongono al taglio di personale, il veloce sviluppo tecnologico e l’ascesa di player più agili attivi nel fintech».

Per il gestore di AllianceBernstein la ragione d’essere di un possibile accordo fra Unicredit e Commerzbank sono proprio queste potenziali sinergie di costo (anche al netto dei costi di ristrutturazione) e non il sogno di creare un ’campione nazionale’ come suggerirebbe l’ipotesi di aggregazione con Deutsche Bank. «Una combinazione tra la controllata tedesca di Unicredit, HvB, e CommerzBank non verterebbe su un taglio dei costi (data la minore sovrapposizione geografica), ma su un aumento delle dimensioni, che permetterebbe di spalmare le spese degli investimenti nell’IT».

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