Turchia: l’inflazione sale ancora, cosa aspettarsi?

Violetta Silvestri

4 Ottobre 2021 - 15:37

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I prezzi turchi sono saliti al loro tasso più veloce in oltre due anni a settembre, raggiungendo quasi il 20%. L’inflazione è un tema economico caldo, mentre Erdogan pressa la banca centrale.

Turchia: l’inflazione sale ancora, cosa aspettarsi?

Inflazione in Turchia ancora in rialzo: i dati pubblicati lunedì 4 ottobre hanno mostrato che l’indice dei prezzi al consumo è aumentato a un tasso annuo del 19,58% il mese scorso, rispetto al 19,25% di agosto.

Il risultato supera di ben quattro volte l’obiettivo di inflazione ufficiale della banca centrale e rappresenta il maggior aumento annuale da marzo 2019.

Erdogan ha dovuto affrontare un crescente malcontento della popolazione per l’impennata del costo della vita. Ma il presidente, noto oppositore degli alti tassi di interesse, ha anche fatto pressioni sulla banca centrale del Paese per abbassare i costi di finanziamento. L’istituto ha tagliato il suo tasso di prestito di riferimento il mese scorso, sorprendendo gli analisti.

Cosa aspettarsi in Turchia con l’inflazione ancora in rialzo?

I prezzi continuano a salire in Turchia: i dati

I prezzi al consumo in Turchia sono balzati ancora a settembre, trainati da un’impennata del costo dell’energia.

L’aumento annuale dei prezzi dei prodotti alimentari, che costituisce circa un quarto del paniere di riferimento dei consumi, è stato poco variato (al rialzo) e si è attestato al 28,79%. Lira debole, clima arido che ha colpito i raccolti e le strozzature dell’offerta hanno influenzato il risultato.

Il tasso di inflazione nel settore energetico è salito al 22,77% dal 20,72% di agosto. Il principale indice core monitorato dalla banca centrale è aumentato di 22 punti base al 16,98%.

Il mese scorso il governatore Sahap Kavcioglu ha tagliato a sorpresa i tassi di interesse, poco dopo aver sottolineato il ruolo dei prezzi core nella sua previsione, citando fattori transitori che influenzano l’inflazione primaria.

Il presidente Erdogan non ha mai nascosto la sua avversione alla politica dell’aumento dei tassi per frenare l’inflazione, cambiando più volte la guida della banca centrale. L’ultima mossa dell’istituto di abbassare i tassi è sembrata proprio una risposta ai desideri del leader turco. In vista delle elezioni del prossimo anno, Erdogan vuole a tutti i costi risollevare le sorti economiche in un periodo in cui i sondaggi lo danno in calo.

Il suo Governo ha accusato i supermercati di portare avanti pratiche sleali sui prezzi e domenica 3 ottobre Erdogan ha promesso di aprire 1.000 nuovi punti vendita a livello nazionale per fornire merci a prezzi “appropriati”.

Cosa aspettarsi su inflazione, tassi, crescita in Turchia?

Secondo Bloomberg, diversi economisti turchi hanno affermato che il taglio dei tassi è stato un grave errore, che probabilmente metterà la nazione in difficoltà economiche in vista delle elezioni previste per la metà del 2023.

Per Reuters, altri esperti si aspettano che la banca abbassi ulteriormente il tasso di riferimento entro la fine dell’anno e diverse istituzioni prevedono un taglio al 15% entro la metà del 2022.

Ibrahim Aksoy, capo economista presso HSBC Asset Management Turkey ha dichiarato: “Penso che la banca centrale potrebbe continuare a tagliare i tassi alla riunione del 21 ottobre a causa dell’enfasi posta sugli effetti di restrizione dei prestiti commerciali.”

Stando ad altre analisi, le riserve estere relativamente basse della Turchia, le pesanti importazioni e un tasso di interesse «reale» aggiustato per l’inflazione che diventa più negativo sono tutti allarmi per la valuta. In aggiunta, il deprezzamento della lira spinge l’inflazione a un livello più alto.

Gurkayanak, un ex economista del Federal Reserve Board degli Stati Uniti, ha affermato che tutto ciò, combinato con l’elevato debito estero delle aziende, significa che le esportazioni beneficiano leggermente dei tagli dei tassi, mentre le banche private ridurranno piuttosto che aumentare nuovamente il credito.

Per la Turchia si prevedono mesi di decisioni economiche cruciali.

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