Giovanni Siciliano, responsabile della divisione studi di Consob, in un recente articolo sostiene che “Una eventuale uscita dell’Italia dall’euro avrebbe gravi conseguenze... (omissis) si avrebbe una forte riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, con effetti su consumi e attività produttiva. Scenari peggiori con la dissoluzione della moneta unica”.
Capiamo insieme se le cose stanno veramente così.
Una delle principali paure che vengono instillate nei cittadini italiani è che, a seguito di un’uscita dell’unione monetaria europea, si avrebbero:
- la conversione forzosa, nella nuova valuta, dei nostri risparmi giacenti in banca; tutto ciò avverrebbe con un rapporto 1/ 1;
- la nuova moneta subirebbe una consistente svalutazione (non viene tuttavia mai precisato nei confronti di quale divisa), anche del 50 %;
- questa ipotetica svalutazione si tradurrebbe in una perdita del potere d’acquisto dei cittadini italiani. Ed è su questo ultimo punto che mi voglio soffermare.
Il denaro che guadagniamo ed i risparmi giacenti nei nostri conti bancari hanno un valore che possiamo misurare in termini di beni e servizi che possiamo acquistare.
Periodicamente l’Istat e l’Eurostat misurano il tasso d’inflazione e ciò diventa un modo per comprendere se, data la variazione dei prezzi intervenuta nel periodo analizzato, possiamo acquistare meno beni (inflazione) o più beni (deflazione) rispetto a prima.
Se effettivamente vi fosse un’importante svalutazione della nostra nuova moneta (ad esempio del 50%) e questa, a parità di altre condizioni, portasse, con lo stesso ordine di grandezza, ad un aumento dei prezzi dei beni / servizi che quotidianamente usufruiamo, ciò costituirebbe un serio problema in quanto diventeremmo più poveri di prima.
Ma siamo sicuri che questo scenario si verificherebbe con certezza matematica?
La svalutazione comporta sempre inflazione?
Per cercare di dare una risposta a questo interessante quesito, andremo ad analizzare due Paesi, il Regno Unito e la Turchia.
La scelta deriva dal fatto che:
- il Regno Unito appartiene all’Unione europea (ancora per poco visto il referendum ma questo non incide sui ragionamenti effettuati); la Turchia no, però rappresenta un importante partner commerciale dell’Ue;
- hanno la loro divisa, rispettivamente la sterlina e la lira turca;
- sono importatrici nette di beni e servizi (vedi grafico); per cui, almeno sulla carta, dovrebbero essere maggiormente penalizzate dalla svalutazione della loro valuta.
Fonte: elaborazioni personali su dati database Ameco
- hanno vissuto dei momenti in cui la loro divisa si è molto deprezzata sia rispetto al dollaro che all’euro, due importanti valute utilizzate negli scambi internazionali;
- sono due Nazioni per il resto molto diverse tra di loro, e ciò ovviamente rende il tutto ancora più significativo.
Il risultato è chiaro e fa capire che stabilire il legame automatico “Svalutazione” = “Inflazione” non è corretto in quanto tale correlazione, nella casistica analizzata, non si è verifica.
Così come, una rivalutazione non necessariamente ha comportato un abbassamento del tasso d’inflazione.
Fonte: elaborazione personale con dati presi da Fxtop.com e database Eurostat
Fonte: elaborazione personale con dati presi da Fxtop.com e database Eurostat
Termino con una statistica, a mio avviso molto interessante, che ci mette a disposizione l’Eurostat, secondo cui è possibile confrontare il “tenore di vita” tra Stati diversi, considerando sia il loro reddito medio che un paniere di beni e servizi con esso acquistabile.
A questo scopo si utilizza una valuta nozionale comune, chiamata standard di potere d’acquisto (SPA); questo per eliminare le differenze nei livelli di prezzo tra i Paesi e poter raffrontare i loro redditi (PIL).
L’indice di volume del PIL pro capite in potere d’acquisto (SPA) è espresso in relazione all’Unione Europea (EU28 = 100); se l’indice di un Paese è superiore a 100, il suo livello del PIL pro capite è superiore alla media UE e viceversa.
Con queste doverose premesse tecniche, verifichiamo quindi come la “qualità della vita”, misurata come ci suggerisce l’Eurostat, è variata nel Regno Unito ed in Turchia, cercando di focalizzare l’attenzione soprattutto sui periodi in cui le rispettive divise si sono svalutate nei confronti di dollaro ed euro.
Fonte: elaborazione personale con dati presi da Fxtop.com e database Eurostat
Fonte: elaborazione personale con dati presi da Fxtop.com e database Eurostat
Anche in questo caso è facile notare che non appare nessuna sistematica correlazione tra la svalutazione della valuta nazionale ed il peggioramento della “qualità di vita”. Così come non vale il contrario.
Inviterei pertanto il Dott. Siciliano, ad osservare un atteggiamento più cauto e soprattutto più rigoroso la prossima volta che decidesse di pubblicare un suo pezzo su Lavoce.info. Altrimenti il rischio è di cadere in semplificazioni fuori luogo; che, tra l’altro, sono state realizzate senza citare a supporto esempi di casi realmente accaduti; con l’effetto, purtroppo, di spaventare coloro che, sfortunatamente, non hanno i mezzi per approfondire la materia.
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