Siamo un popolo di spendaccioni, si sa. È il più classico dei cliché, ma a volte i cliché non sbagliano, anzi nel nostro caso, ci prendono eccome. Siamo anche il Paese europeo che “vanta” la maggior pressione fiscale pari, nel 2012, al 50,7%.
Nessuno nel vecchio continente ha sperperato tanti soldi quanto noi senza ottenere in cambio qualcosa. Citando qualche cifra, tra il 2001 e il 2012 la spesa pubblica italiana è aumentata del 50,1%, passando da 536 a 805 miliardi di euro. Scendendo ancora più nello specifico, il rialzo ha riguardato solo la spesa corrente, e cioè i soldi versati per finanziare i pubblici servizi (da 485 a 759 miliardi di euro).
In tutto ciò all’interno della spasa pubblica figura un’altra importantissima voce, sarebbe a dire quella che viene definita “spesa in conto capitale” volta a finanziari gli investimenti messi in atto dalla PA. Ebbene quest’ultima è scesa da 51 a 46, un ribasso del 9,8% che però in termini reali si traduce con un bel -30,3%.
Queste cifre, contenute all’interno di uno studio elaborato dall’Associazione dei costruttori del Centro Studi economia reale di Maurizio Baldassarri non lasciano spazio a dubbi.
Se poi volete sapere quali tra i vari Governi che si sono succeduti negli ultimi anni ha contribuito a creare questa situazione, eccovi una piccola lista riguardante proprio l’aumento della spesa corrente e relativa al periodo 2001-2012:
- Governi di centrodestra, 8 anni e mezzo: + 206 miliardi di euro
- Governi di centrosinistra, 2 anni e mezzo: + 60 miliardi di euro
- Governo Monti, 1anno e mezzo: + 8 miliardi di euro.
Tutti questi soldi, in teoria, avrebbero dovuto portare lavoro, benessere e meno tasse, in pratica, inutile dire quale è stato il risultato: nessuno.
La settimana scorsa abbiamo sentito il nostro Premier Enrico Letta gioire per aver ottenuto dall’UE maggior flessibilità per i conti pubblici italiani. Bene, bravo, ma che significa? Significa che l’Italia potrà sforare, almeno temporaneamente, il limite del 3% del deficit, cosa che permetterà al Paese di avere una maggiore liquidità. Qui però torna in gioco il cliché dello spendaccione di cui abbiamo parlato poco prima. Cosa farà l’Italia con questi soldi? Li userà per ridurre la pressione fiscale su lavoro e consumi, cercando di far ripartire l’economia? Ma non sia mai, sarebbe denaro sprecato. Si parla invece di “investimenti pubblici produttivi”, e cioè aumentare la spesa in conto capitale. Tradotto in parole povere, crescerà, come da tradizione, la spesa pubblica.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi perché tutti riescano a mettere in atto programmi di riduzione delle uscite e noi no. Noi, spendiamo e per far quadrare i conti aumentiamo la pressione fiscale.
Pressione fiscale
Una simulazione di Rischiocalcolato appare interessante per capire quale sia, in termini reali, la situazione italiana in tema di pressione fiscale, sia per quanto riguarda i lavoratori autonomia, sia per quelli dipendenti.
Parlando dei lavoratori autonomi, gli analisti del sito utilizzano come base di riferimento 3 casi comuni: un professionista che guadagna 80.000 euro, un commerciate che ne guadagna 40.000 e un artigiano che ne guadagna 40.000. Ecco i risultati riguardanti la pressione fiscale, tributaria e contributiva per ciascun caso:
- Professionista: 72%, ogni 100 euro di Reddito 72 vanno allo Stato, 28 a lui;
- commerciante: 69%, ogni 100 euro di Reddito 69 vanno allo Stato, 31 a lui;
- artigiano: 66%, ogni 100 euro di Reddito 66 vanno allo Stato, 31 a lui.
I lavoratori dipendenti stanno messi meglio? Assolutamente no:
- Dirigente: 77%, ogni 100 euro di Reddito, 77 vanno allo Stato, 23 a lui;
- impiegato: 70%, ogni 100 euro di Reddito 70 vanno allo Stato, 30 a lui;
- operaio; 66%, ogni 100 euro di reddito 66 vanno allo Stato, 34 a lui.
Queste sono le cosiddette tasse sul lavoro di cui tanto si parla e che impediscono alle aziende di assumere e ai lavoratori di vivere in maniera dignitosa.
Occorre fare un’ultima precisazione: la pressione fiscale e contributiva italiana ufficiale è pari al 45%, una cifra decisamente inferiore a questi numeri. Perché? Perché in primis è calcolata in base al PIL e quindi include anche il sommerso; in secondo luogo è calcolata su tutti i cittadini e quindi anche sui Pensionati che, ovviamente i contributi non li pagano.
Ecco qual è l’attuale situazione italiana, a voi i commenti, io sono senza parole.
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