Dopo l’incontro con il suo collega americano Mattis, il ministro Pinotti ha dichiarato che, a certe condizioni, i militari italiani potranno essere mandati in Siria..
L’Italia potrebbe mandare reparti dell’Esercito o dei Carabinieri in Siria. Questa è la grande novità scaturita dall’incontro tra il nostro ministro della Difesa Roberta Pinotti e il suo collega americano James Mattis.
Oltre a confermare l’impegno dei nostri Carabinieri in Iraq anche per quanto riguarda la città di Mosul, appena liberata dopo anni di controllo da parte dell’Isis, ora l’Italia potrebbe replicare il proprio impegno anche in Siria.
Visto che Raqqa, la capitale del sedicente Stato Islamico, è ormai sul punto di cadere, la Pinotti non ha escluso il possibile impiego di nostri uomini per operazioni di addestramento anche in Siria.
Condizione necessaria però per un impegno dell’Italia anche a Raqqa sarà la situazione politica che si andrà a creare una volta sconfitti i guerriglieri dell’Isis: se non ci sarà una risoluzione dell’Onu, i nostri militari non si muoveranno.
Militari italiani in Siria?
Si dice soddisfatta il ministro Roberta Pinotti al termine dell’incontro bilaterale, che si è tenuto al Pentagono, con il segretario della Difesa americano James Mattis. Un incontro dove sono stati diversi gli argomenti discussi.
Per prima cosa c’è l’apprezzamento da parte degli Stati Uniti per quanto l’Italia sta facendo in Iraq, dove i nostri uomini stanno svolgendo un lavoro egregio nel formare esercito e polizia locale.
Ora che è stata liberata Mosul, grande centro iracheno sottratto dal gioco dell’Isis, la Pinotti si dice disponibile ad allargare l’azione di addestramento dei nostri Carabinieri anche nella città appena strappata al califfato.
In questo ambito, senza modificare i numeri, possiamo immaginare rimodulazioni. Prima l’obiettivo principale era addestrare l’esercito; ora potremmo intensificare la missione dei Carabinieri per produrre numeri maggiori di polizia locale.
Come si può evincere quindi dalle parole rilasciate dal ministro in un’intervista su La Stampa, l’Italia è pronta a fare la sua parte a Mosul, con il discorso che si potrebbe allargare anche alla Siria se dovessero esserci determinate condizioni.
Noi finora abbiamo scelto di essere in Iraq perché c’è una risoluzione Onu e una richiesta del governo legittimo. In Siria il mandato Onu di sconfiggere il terrorismo esiste, ma la situazione politica è confusa, non tutti considerano il governo legittimo, e l’autorità locale non è riconosciuta. Questi paletti noi li manterremo. Per allargare la nostra azione bisognerà vedere se si chiarisce la questione politica in Siria, quali truppe addestrare, e su che base. Nell’ambito di una possibile chiarificazione delle condizioni, le forze in campo, e il percorso politico, potremmo valutare un contributo.
Il discorso quindi è molto chiaro: soltanto quando la situazione in Siria si sarà definita e stabilizzata, l’Italia è pronta a mandare uomini per addestrare le forze locali ma solo se ci sarà un governo legittimo nel paese e sempre dietro una risoluzione da parte dell’Onu.
Il problema però è che al momento il futuro della Siria non è solo un interrogativo, ma rappresenta anche quello che potrebbe essere il più grande problema in campo internazionale nei prossimi anni una volta che l’Isis sarà sconfitto in maniera definitiva.
Che futuro per la Siria?
La Siria con ogni probabilità sarà lo scacchiere dove si giocherà la partita più importante a carattere internazionale. Adesso il nemico da sconfiggere è l’Isis, ma il futuro è ancora più incerto.
Dopo Mosul anche Raqqa è sul punto di cadere. Attenti però a dare per sconfitto lo Stato Islamico, visto le migliaia di combattenti ancora presenti e disposti a tutto per difendere il califfato.
Senza dubbio però la morte del loro capo al-Baghdadi, ucciso da un raid aereo russo, oltre che le ultime sconfitte militari, ormai hanno indebolito quello che una volta era il vasto territorio controllato dall’Isis, che ormai si va sempre più assottigliando.
Perse tutte le maggiori città, gli estremisti continueranno nei loro tragici attacchi terroristici, ma il pensiero dei vari eserciti è più rivolto a cosa succederà quando Raqqa verrà liberata.
Al momento sono i ribelli al regime di Assad assieme ai curdi, truppe queste supportate economicamente e militarmente dagli Stati Uniti, a essere i più attivi nella battaglia che si sta svolgendo a Raqqa.
Quando Mosul è stata liberata, il controllo è stato ripreso dall’Iraq che ha un governo che è riconosciuto da tutti a livello internazionale. Che succederebbe invece se fossero i ribelli a conquistare Raqqa? Lascerebbero il controllo all’esercito di Assad? Molto difficile.
Quello che si potrebbe verificare quindi è una nuova sorta di guerra civile, con i ribelli assieme ai curdi sostenuti dagli Usa da una parte e l’esercito regolare di Damasco supportato invece dalla Russia dall’altra. In mezzo poi ci sono Turchia e Iran, anche loro impegnate militarmente contro l’Isis al momento.
Ecco perché la Pinotti prima di mandare uomini ha chiesto che ci sia la stabilità. Difficile però che la cosa si possa risolvere subito in maniera diplomatica, con i nostri ragazzi che con ogni probabilità dovranno aspettare molto tempo prima di poter portare il loro supporto anche in Siria.
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