Il 2018 dei Paesi emergenti tra prospettive e rischi secondo Schroders

Lorenzo Baldassarre

18/01/2018

18/01/2018 - 16:36

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L’outlook 2018 per i mercati emergenti a cura di Tom Wilson, responsabile delle azioni dei mercati emergenti di Schroders. Focus su rallentamento Cina, contrazione liquidità a livello globale e politica commerciale degli Stati Uniti.

Il 2018 dei Paesi emergenti tra prospettive e rischi secondo Schroders

Schroders prevede nel 2018 una crescita mondiale del 3,3%, superiore di 10 punti percentuali rispetto all’anno appena trascorso. I mercati emergenti, invece, dovrebbero crescere nel corso dell’anno del 4,9%, come previsto nel 2017.

L’economia cinese dovrebbe crescere in modo rilevante nel 2018, ma in misura minore rispetto allo scorso anno a causa dell’inasprimento delle condizioni monetarie. La previsione per il 2018 vede il PIL salire al 6,4% contro il 6,8%registrato nel 2017.

Tom Wilson, Head of Emerging Market Equities di Schroders ha apprezzato l’attenzione alla qualità della crescita emersa durante l’ultima riunione del Congresso del Partito comunista cinese, anche quando si è parlato dei rischi strutturali. Il rallentamento della Cina, però, potrebbe frenare l’intera crescita globale.

Schroders sostiene inoltre che sia Russia che Brasile continueranno a crescere economicamente. L’inflazione russa è ai minimi e potrebbe permettere alla banca centrale di proseguire la politica monetaria accomodante volta allo stimolo dei consumi e degli investimenti. In Brasile il calo dei tassi di interesse ha incrementato la fiducia di imprese e consumatori. Il focus sarà sulle elezioni presidenziali, che si svolgeranno a ottobre 2018.

Relativamente ai Paesi emergenti del Centro Europa come Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria, Tom Wilson prospetta una crescita robusta. La visione al rialzo della ripresa economica dell’eurozona dovrebbe favorire anche questi mercati.
Secondo Schroders ci si sta avviando verso un periodo di iniziale inasprimento monetario che dovrebbe sostenere la redditività delle banche.

L’economia indiana dovrebbe giovare della ricapitalizzazione delle banche, mentre possibili stimoli fiscali a sostegno della crescita potrebbero arrivare prima delle elezioni del 2019.

Valutazioni non più convenienti, ma rendimenti in costante ripresa

Il ciclo dei rendimenti ha toccato il minimo e ora si attende una ripresa del ROE (return on common equity). Ciò è dipeso dalle migliori condizioni economiche, coadiuvate da precedenti interventi su capex (spese per capitale) ed efficienza operativa.

Secondo Tom Wilson le previsioni di espansione dei multipli nei prossimi 12 mesi sono limitate. Infatti le metriche prezzo/utili e prezzo/valore contabile sono maggiori alle medie sul lungo termine, perciò il mercato prospetta una continua ripresa dei rendimenti e una crescita dell’EPS (utile per azione).

Sempre secondo Schroders le stime sugli utili per azioni dovrebbero aumentare del 10-15% nei prossimi 12 mesi, dunque le valutazioni restano interessanti su base relativa. L’indice MSCI Emerging Markets scambia a un rapporto fra prezzo e utili prospettici (PER) di 12,8x, con uno sconto del 24% rispetto all’indice MSCI World.

Wilson è convinto che il dollaro resterà debole nel medio termine dal momento che la sua svalutazione è correlata con l’alta performance dei mercati azionari emergenti, mentre le valute di queste aree, ad eccezione del renminbi cinese, sono ancora sottovalutate. Attenzione, però, al possibile rialzo del dollaro nel primo semestre del 2018 a causa dell’inasprimento monetario e dalle possibile conseguenze della riforma fiscale americana.

I rischi per le economie emergenti

I maggiori rischi per le economie emergenti sono rappresentati dal rallentamento della Cina, dalla contrazione della liquidità a livello globale e dalla politica commerciale degli Stati Uniti.

Il rallentamento della Cina - Il debito cinese negli ultimi dieci anni è cresciuto notevolmente e ha di conseguenza esposto il Paese a rischi economici e finanziari più elevati. Il governo vorrebbe contenere tali rischi e al tempo stesso raggiungere i target di crescita. Tom Wilson non crede che l’economia cinese possa rallentare improvvisamente.

Il debito corporate si attesta al 170% del Pil, ma ben il 110% di questo è ascrivibile alle aziende statali. Il debito è infatti finanziato largamente da investitori locali sfruttando l’alto tasso di risparmio interno. Inoltre il controllo del sistema bancario e l’enorme influenza delle autorità sull’economia reale consentono una più ampia gestione della crescita.

Nel medio periodo si dovrà accettare un’espansione economica meno elevata dal momento che il governo dovrà affrontare i rischi relativi al sistema finanziario, coordinando in modo più efficace la regolamentazione in materia.

Wilson sottolinea che non è ancora chiaro fino a che punto il rallentamento sarà senza conseguenze per l’economia cinese. Sebbene l’attuale flessibilità della politica cinese dovrebbe evitare una crisi, non si può escludere un impatto sulla crescita mondiale e sui prezzi delle materie prime.

La contrazione della liquidità a livello globale - Le banche centrali più influenti guarderanno ancora con attenzione all’economia globale. Secondo Schroders se questi istituti normalizzano la loro politica monetaria è perché sono in grado di farlo.

La politica commerciale USA -Il timore che la politica commerciale degli Stati Uniti possa essere protezionistica è ancora alto, dal momento che il NAFTA potrebbe essere rinegoziato. Le posizioni americane sul trattato sono molto distanti da quelle di Canada e Messico. L’incertezza per quest’ultimo potrebbe compromettere la fiducia del mercato e gli investimenti delle imprese a medio termine. Infine anche il sentiment per l’azionariato dei Paesi emergenti potrebbe risentirne.

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