No Salvini, citofonare ad un presunto spacciatore in diretta non è consentito dalla legge

Isabella Policarpio

22 Gennaio 2020 - 12:24

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Il video di Matteo Salvini che citofona ad un presunto spacciatore tunisino ormai è virale. Molte le polemiche poiché si tratta di un’azione illegittima sotto diversi profili: inviolabilità del domicilio, disturbo della quiete e diffamazione. Cosa potrebbe succedere adesso?

  No Salvini, citofonare ad un presunto spacciatore in diretta non è consentito dalla legge

Matteo Salvini ne ha fatta un’altra delle sue. Questa volta non ci sono confini nazionali o prodotti locali da difendere, ma si tratta di un gesto che oltre ad essere sconveniente e poco educato ha indiscussi profili di illegittimità.

Parliamo del video, ormai virale su ogni piattaforma, in cui il leader della Lega citofona a casa di un presunto spacciatore di origine tunisina che vive a Bologna. Mentre è in diretta Facebook, Salvini non esita a fare nome e cognome dell’uomo, anche se al citofono risponde il figlio - un minore di 17 anni - che attacca prontamente. Ma Salvini non si arrendere e citofona di nuovo, stavolta chiedendo addirittura di salire in casa per verificare che non ci sia della droga e “riabilitare il nome della famiglia”; anche stavolta però il ragazzo - che non sa di essere in diretta - attacca senza rispondere.

Ma è davvero consentito dalla legge un simile comportamento? Si può citofonare a qualcuno con la presunta convinzione che sia uno spacciatore per incastrarlo in maniera plateale?

Naturalmente la risposta è no e il motivo, anzi i motivi, sono tre e si chiamano inviolabilità del domicilio, disturbo della quiete e diffamazione. Ma vediamo nel dettaglio quali sono i profili legali di questa vicenda.

Salvini citofona ad un presunto spacciatore: perché è una condotta illegittima

Impossibile frenare la diffusione virale del video in cui Salvini citofona al domicilio di un presunto spacciatore in un complesso condominiale di Bologna. Su Facebook, Instagram e Twitter impazzano i meme, eppure dietro questa vicenda si nascondono degli aspetti tutt’altro che divertenti.

Ancora una volta, quella dell’ex vicepremier è una condotta ai limiti della legittimità. Stavolta le norme violate spaziano dalla diffamazione tramite social network, alla molestia/disturbo delle persone, alla più generica violazione della privacy.

È la stessa Costituzione inoltre a sancire l’inviolabilità del domicilio all’articolo 14, che recita: “il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale”. Quindi no Salvini, anche se siamo certi delle tue buone intenzioni, non puoi entrare in casa di un estraneo per verificare se possiede della droga, e nemmeno suonare ripetutamente al citofono senza alcun ragionevole motivo.

La cosa più grave, sia dal punto di vista giuridico che etico, è la spettacolarizzazione del tutto: così l’ex Ministro dell’Interno pensa che sia legittimo dare dello “spacciatore” ad un cittadino tunisino senza avere nemmeno un briciolo di prova. Questa si chiama diffamazione, ed è un reato contenuto nel Codice penale, precisamente all’articolo 595, per il quale è prevista la reclusione fino a un anno. Ma non solo, in questo caso troverebbe addirittura applicazione l’aggravante della diffamazione tramite un mezzo di pubblicità con l’attribuzione di un fatto determinato.

Caro Salvini, era davvero necessario? Anche in questo caso dobbiamo rispondere con un secco no.

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