Il valore della moneta russa continua a diminuire, tra recessione e crisi del petrolio. Ieri è scesa sui minimi più bassi di sempre rispetto al dollaro americano
Una delle principali vittime del mini-barile è senza dubbio il rublo russo, che ha aggiornato i minimi più bassi di sempre nei confronti del dollaro statunitense. Sul forex il tasso di cambio Dollaro/Rublo è salito sopra quota 79, sfondando anche i precedenti record di fine dicembre 2014 quando la quotazione si attestò poco sotto 78. Negli ultimi 6 mesi il valore della moneta russa è diminuito del 50% circa, complice il costante crollo dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali.
La caduta del greggio sotto i 30$ al barile, ai minimi da 13 anni, sembra stia facendo perdere circa 200 milioni al giorno all’industria petrolifera russa. Giganti come Gazprom, poi, soffrono anche il forte indebitamento in valuta straniera (per lo più euro e dollari): il crollo del rublo non può che accentuare le difficoltà di rimborso dei debiti a media-lunga scadenza. La discesa dei prezzi del petrolio sotto i 30$ al barile sta poi avendo un impatto significativo sulle entrate fiscali del paese.
D’altronde Mosca ricava la maggior parte dei proventi dalla vendita di prodotti energetici, in particolare petrolio e gas. Il deficit pubblico dovrebbe comunque attestarsi intorno al 3% del pil, mentre il debito sovrano resta ancora ampiamente sotto controllo e su valori al dir poco confortevoli (è uno dei più bassi al mondo). Il problema maggiore non può che essere la recessione, che continuerà anche quest’anno, complice le sanzioni finanziarie imposte dai paesi occidentali per la crisi in Ucraina.
Poi c’è da monitorare sempre l’andamento dell’inflazione, che da un momento all’altro potrebbe tornare a galoppare pericolosamente con potenziali forti pressioni sui tassi di interesse nazionali. A crollare comunque non è solo il rublo, ma anche i titoli di stato. Tuttavia la Russia finora non ha mai mancato un appuntamento con i creditori internazionali, dimostrando di essere finanziariamente solida e in grado di far fronte alla grave crisi economica in corso. Insomma gli investitori, seppur preoccupati per la situazione attuale, ritengono che un default come quello del 1998 sia al momento un’ipotesi poco plausibile.
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