Rispunta la flat tax: ma l’Italia è pronta?

Francesca Caiazzo

27 Settembre 2017 - 16:23

Si torna a parlare di flat tax, cavallo di battaglia del centrodestra, in vista delle prossimeelezioni politiche. Ma l’aliquota unica funzionerebbe in Italia?

Rispunta la flat tax: ma l’Italia è pronta?

La flat tax torna ad animare il dibattito pubblico. Un tema evergreen soprattutto in vista delle prossime elezioni politiche in Italia. L’obiettivo, ambizioso, è sempre lo stesso: ridurre la pressione fiscale salvaguardando i conti dello Stato e garantendo ai cittadini i servizi primari. Come? Attraverso una aliquota unica sui redditi personali.

Cavallo di battaglia del centrodestra, il nuovo sistema fiscale mette d’accordo Lega Nord e Forza Italia. D’altronde fu lo stesso Silvio Berlusconi a farne bandiera del suo partito già verso la metà degli anni ’90 e a riproporla agli inizi del 2000.

“Il nostro programma è sempre quello di meno tasse per famiglie, partite iva e imprese, in modo da dare più lavoro, secondo gli insegnamenti di Reagan e Thatcher. Siamo vicini con la Lega su flat tax, io sono al 25%”,

ha detto l’ex cavaliere pochi giorni fa nel suo intervento alla convention di FI sull’Europa organizzata da Antonio Tajani a Fiuggi. Di aliquota unica, ma al 15%, ha parlato pubblicamente e in più occasioni anche Matteo Salvini.

I nodi da sciogliere

La flat tax pare, dunque, essere candidata a diventare il leit motiv della campagna elettorale del centrodestra, anche se il confine tra le promesse e le proposte resta labile. Innanzitutto perché per applicare il nuovo sistema fiscale basato su una tassazione “piatta” bisognerà capire come e dove trovare le entrate per garantire il funzionamento dei servizi essenziali, sanità e istruzione in primis.
Resta da sciogliere inoltre il nodo dell’incostituzionalità: una politica fiscale basata su una aliquota unica per tutti mal si concilierebbe con l’art. 53 della Costituzione che prevede che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
I fautori della flat tax sostengono, infine, che questo tipo di sistema fiscale sarà un deterrente dall’evasione fiscale. Ma a supporto di questa teoria non sono forniti dati certi.

#25pertutti

Gli esperti dell’Istituto Bruno Leoni, un think tank di ispirazione liberale, hanno teorizzato e messo nero su bianco una proposta dettagliata per riformare il sistema fiscale italiano. Tra i punti cruciali della proposta ci sono una imposta sul reddito personale al 25% per tutti – da cui l’hashtag #25pertutti - l’abolizione dell’Imu e dell’Irap, sostegno alle famiglie. Con questo nuovo sistema, dunque, chi ha redditi alti pagherà sì meno tasse ma dovrà pagare per i servizi, che saranno invece garantiti alle fasce più deboli con scarsi mezzi economici. Inoltre, secondo i teorici dell’Istituto, la riforma è assolutamente compatibile la Costituzione che “non impone un’aliquota progressiva, ma un sistema fiscale che sia progressivo nel suo complesso, un obiettivo perseguibile anche attraverso una radicale semplificazione fiscale ed una articolazione di aliquote che sia meno penalizzante della creatività imprenditoriale”.

L’esperienza in Europa e nel mondo

Quella prevista dalla flat tax sarebbe dunque una svolta epocale. Ma perché non è mai stata applicata in Italia e quali sono gli esempi degli altri Paesi? Partiamo dall’Europa. A sperimentare la flat tax nel Vecchio Continente sono stati a partire dagli anni ‘90 i Paesi dell’Est – il primo fu l’Estonia nel 1994 – con l’intento di rilanciare l’economia a seguito della caduta del regime sovietico. La flat tax, ad oggi, resiste in una decina di quei Paesi mentre è stata abbandonata dalla Slovacchia.
Oltreoceano, i tentativi di applicare la flat tax hanno sempre trovato resistenze e gli specialisti che l’hanno suggerita al presidente di turno - ci provarono nell’ordine Milton Freidman con Reagan, Alvin Rubashka e Steve Forbes con George W. Bush - sono riusciti a ottenere al massimo una riduzione di pochi punti dell’aliquota più alta, che negli Stati Uniti d’America è al 39,6% dal 2013. Ci sta provando ora Donald Trump, che proprio oggi, dopo il fallimento dell’abolizione dell’Obamacare, presenterà l’attesa riforma fiscale per rendere il sistema “più semplice e giusto”.

Una tassa uguale per tutti ma con differenze nell’accesso ai servizi essenziali, lotta all’evasione fiscale ma con il rischio di incostituzionalità. E, fanno notare da più parti, di un’eventuale crescita delle disuguaglianze sociali. L’Italia è davvero pronta alla flat tax?

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